Andare in bianco (ep. 949)

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Giovanni:
Andare in bianco. Questa espressione piacerà a molti perché entriamo in un campo più attraente degli altri: la sessualità. Nello scorso episodio vi ho fatto una panoramica sulle espressioni di questo tipo, in cui c’è “andare in“. Oggi però con questa espressione parliamo di sesso! Siete contenti?

Infatti nel contesto dei rapporti sessuali (ma non solo, come vedremo), l’espressione “andare in bianco” può significare non riuscire a avere un rapporto sessuale nonostante l’intenzione o l’opportunità. Può ad esempio indicare una mancata erezione maschile o una difficoltà nell’avere un rapporto sessuale completo e soddisfacente. Questa è sicuramente una delle cose che vengono in mente a proposito di “andare in bianco”.

Non riguarda solo gli uomini però. Questa espressione può essere utilizzata per descrivere una situazione in cui uno o entrambi i partner non riescono a raggiungere l’atto sessuale desiderato o a ottenere soddisfazione sessuale. Può verificarsi per una varietà di motivi, come ansia, stress, problemi fisici, mancanza di desiderio o una qualche disfunzione sessuale. Qualcosa non è andato nel verso giusto!

Si usa anche per descrivere situazioni in cui due persone hanno un appuntamento e il finale non è quello atteso da una delle due persone, che, erroneamente, si aspettava una conclusione che invece non c’è stata. E’ andata male!

In questi casi chi va in bianco non rimane chiaramente soddisfatto.

L’altra persona invece è quella che “manda in bianco” la prima.

Si potrebbe pensare che la persona che manda in bianco l’altra persona dica: Non c’è trippa per gatti!

Vediamo qualche esempio:

Maria mi ha mandato in bianco stasera.

È la prima volta che vado in bianco. Che delusione. Sarà stata l’emozione!

La prima notte di nozze siamo andati in bianco!

Come si capisce da quest’ultimo esempio, si può andare in bianco anche in due.

Andare in bianco pertanto può significare non ottenere i risultati sperati in un appuntamento oppure non riuscire a avere un rapporto sessuale per motivi legati allo stress, all’emozione eccetera.

La scelta del colore bianco è probabilmente dovuta al fatto che è un colore che più degli altri rappresenta l’assenza di qualcosa, per via dell’assenza di colore, sebbene anche il bianco sia un colore a tutti gli effetti.

In realtà la sessualità e i rapporti di coppia non sono gli unici ambiti in cui si può usare questa espressione, poiché “andare in bianco” può significare in generale non raggiungere un obiettivo o non ottenere alcun risultato nonostante gli sforzi fatti.

Ad esempio, se un venditore non riesce a concludere una vendita nonostante i suoi tentativi, si può dire che è andato “in bianco”. In pratica non ha ottenuto nulla: è tornato a mani vuote.

Anche in ambito sportivo possiamo usarla per indicare una mancata vittoria a una competizione.

Le squadre italiane, nonostante tre finali europee, sono andate in bianco.

Dunque tre finali ma neanche una vittoria: zero risultati.

Se vogliamo poi, “andare in bianco” può indicare vestirsi di bianco in una particolare occasione.

Es:

La presidentessa, all’appuntamento con il Papa, è andata in bianco.

Significa che si è vestita con abiti bianchi.

E voi ragazzi, siete mai andati in bianco?

André: una domanda retorica, direi!

Peggy: Nel caso volessi una risposta di punto in bianco dovrei risponderti picche. Ho sentore che sia un’espressione da prendere con le molle. Ma non ne sono sicuro/a, ragion per cui me ne devo sincerare prima di rispondere.

Andrè: Voci false e tendenziose hanno ventilato che quando sei venuto in brasile sei appunto andato in bianco per tua scelta, perché secondo te non c’erano ragazze all’altezza dei tuoi gusti, ma non te ne preoccupare! Di fronte a una tale menzogna mi vedo costretto a smentire questa bufala assurda! La verità tutti noi la conosciamo! Gianni ha occhi solo per sua moglie!

Giovanni: confermo! Qualcuno insinua anche che avrei fatto cilecca! Pensa un po’! Roba da matti, guarda!

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701 Ridursi all’ultimo, ritardatario e tardivo, per tempo e in tempo

Ridursi all’ultimo, ritardatario e tardivo, per tempo e in tempo

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Trascrizione

Sofie: benvenuti nell’episodio numero 701 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. In quanto membro dell’associazione Italiano semplicemente sono stata deputata a fare l’introduzione del presente episodio.

Giovanni: grazie mille! Parliamo oggi dei ritardatari. Chi sono i ritardatari? Il ritardatario, al singolare, è chi arriva in ritardo o chi fa qualcosa in ritardo.

Si può trattare di un appuntamento o anche della consegna di un documento o di un lavoro o cose simili.

Quando c’è un orario da rispettare o una scadenza di qualunque tipo, ci possono essere i ritardatari, cioè le persone che arrivano dopo quella scadenza, o che non rispettano quella scadenza.

Es:

A scuola si arriva entro le ore 8.10. I ritardatari non saranno ammessi in classe.

Bogusia: I ritardatari nel pagamento delle tasse saranno passibili di multa.

Giovanni: Non solo una persona può essere ritardataria, ma anche una cosa che tarda ad arrivare può chiamarsi ritardataria.

L’importante è che sia superato il limite di tempo prefissato, o anche un limite che si ritiene oggettivamente oltrepassato.

Una lettera ritardataria può arrivare anche con anni di ritardo.

Non c’è in teoria un limite per l’arrivo di una lettera, ma se arriva dopo anche un mese possiamo parlare di una lettera ritardataria.

Attenzione perché esiste anche l’aggettivo “tardivo“.

Non sono le persone ad essere tardive (se non in senso ironico, nel senso di poco intelligente) ma le azioni e le decisioni che arrivano colpevolmente in ritardo.

La decisione di iniziare il lockdown è stata tardiva e il virus si è diffuso.

Si parla di qualcosa di tardivo quando c’è un’azione che doveva avere uno scopo ma arrivando troppo tardi risulta inefficace.

Un uomo si potrebbe pentire del tradimento nei confronti di sua moglie. Ma quando si pente è troppo tardi. Abbiamo un pentimento tardivo.

Tardivo si usa anche in alcune occasioni particolari, parlando di piante o frutti che germogliano o maturano in ritardo. È in pratica il contrario di precoce.

Precoce e tardivo, come opposti, si usano anche con riferimento allo sviluppo intellettuale dei bambini. Quelli più lenti sono tardivi, mentre i bambini che dimostrano di essere in anticipo dal punto di vista dei ragionamenti e dell’intelligenza si dicono precoci.

C’è dunque un anticipo o un ritardo nello sviluppo (a volte anche in senso fisico) rispetto alla norma.

Ritardatario invece in genere si usa nei confronti delle persone, soprattutto quando arrivare tardi a un appuntamento o fare cose in ritardo diventa una cattiva abitudine.

Sei il solito ritardatario!

Ma l’oggetto dell’episodio non era in realtà solo quello di spiegare la differenza tra tardivo e ritardatario, ma anche quello di spiegare l’espressione “ridursi all’ultimo”.

Quando una cosa si riduce diventa più piccola.

Quando si arriva tardi o si fa qualcosa in ritardo, ormai è troppo tardi, ma quando ci si riduce all’ultimo significa che, avendo molto tempo a disposizione per fare qualcosa, si aspetta sempre l’ultimo momento. In questo modo c’è un forte rischio che sia troppo tardi. È il tempo a disposizione a ridursi, ma qui usiamo ridursi con riferimento alla persona, come se fosse proprio lei a ridursi, a diventare più piccola.

Es:

Cosa aspetti a vestirti? Perché ti riduci sempre all’ultimo momento? Così arriveremo tardi!

Questo significa che questa persona aspetta troppo per vestirsi. Aspetta l’ultimo momento utile, perde tempo prezioso.

In poche parole questa persona si riduce all’ultimo momento. Il termine “momento” può essere sostituito da “minuto” o “secondo”, oppure si può semplicemente dire “ridursi all’ultimo”. È sufficiente.

Ridursi è un verbo pronominale, quindi “ci si” riduce all’ultimo.

Es:

Mi riduco sempre all’ultimo.

Lo so, sono imperdonabile.

Se ti riduci all’ultimo è chiaro che poi nella fretta potresti dimenticare qualcosa.

Si dice anche “ridursi alla fine” con lo stesso significato. Sono forme che si usano prevalentemente all’orale.

Dobbiamo fare le cose per tempo, perché se ci riduciamo alla fine divento ansioso.

Attenzione, perché ho detto che bisogna fare le cose “per tempo” e non “in tempo“. Parliamo anche di questo oggi.

La differenza tra “per tempo” e “in tempo” è sottile perché se le cose le facciamo “per tempo” le facciamo ben prima della scadenza, per essere sicuri di fare in tempo a raggiungere l’obiettivo,

Marguerite: è risaputo che facendo le cose per tempo si può ovviare anche ad eventuali inconvenienti.

Giovanni: non ne siamo sicuri ovviamente ma nel dubbio è meglio farle il prima possibile. Questo è il senso di “per tempo”.

Se invece facciamo le cose “in tempo” significa che parliamo di una certezza, ad esempio del passato, o di un obiettivo, quello di terminare prima della scadenza, cioè “in tempo“.

Hai fatto in tempo a prendere il treno?

Fortunatamente si, perché ero uscito di casa per tempo. A me non piace ridurmi all’ultimo nel fare le cose.

Vedete dunque che ridursi all’ultimo è esattamente l’opposto rispetto a fare le cose per tempo.

Abbiamo un certo periodo di tempo per fare qualcosa. Se lo facciamo il prima possibile (cioè per tempo, lasciandoci un margine di tempo in più) abbiamo molte più probabilità di arrivare in tempo.

Khaled: Se invece cincischiamo e ci riduciamo all’ultimo, è molto probabile che arriveremo tardi.

Giovanni: infatti. Un altro esempio:

Abbiamo un esame il 30 aprile. Se ci riduciamo all’ultimo nello studio, forse non faremo in tempo a superarlo e magari a prendere un bel voto.

State attenti perché ridursi viene usato anche in altri modi.

Lo vediamo in un prossimo episodio. Per oggi devo pensare soprattutto a ridurre la durata dell’episodio.