Accadde l’8 luglio: l’ammanco

8 luglio 1989 (scarica audio)

Trascrizione

ammanco

Per spiegare il significato della parola “ammanco“, la parola del giorno, possiamo prendere spunto da un evento accaduto in Italia l’8 luglio 1988: la conclusione della prima fase del processo per la Strage di Stava (avvenuta il 19 luglio 1985).

Partiamo dall’ammanco.
Il termine ammanco si usa per indicare una mancanza di denaro o di beni che avrebbero dovuto esserci, ma che risultano spariti, spesso a causa di un errore, di una cattiva gestione o, peggio, di un furto o una frode.

È una parola molto usata in ambito contabile o bancario, ma anche nei processi giudiziari quando si indagano responsabilità amministrative o finanziarie. Per chi lavora in Italia è importante conoscere questa parola, perché in caso di ammanchi di denaro, potreste essere accusati di furto. Vediamo il collegamento con la Strage di Stava.

La Strage di Stava fu una tragedia ambientale e umana causata dal crollo di due bacini di decantazione usati per raccogliere fanghi residui dell’estrazione mineraria.
Quel crollo provocò un’ondata di fango che distrusse tutto ciò che incontrava, causando ben 268 morti.
Durante il processo, vennero alla luce numerose negligenze e gravi mancanze nei controlli.

Notate che la parola mancanza è molto simile e molto più presente rispetto ad ammanco nel linguaggio comune. Se sbagliate a scrivere “ammanco”, notate infatti che neanche il correttore automatico vi aiuta…
Comunque, tra queste mancanze che ci sono state, sono presenti anche veri e propri ammanchi: soldi destinati alla manutenzione e messa in sicurezza dei bacini che non erano mai stati spesi, fondi pubblici scomparsi nel nulla, materiali di scarsa qualità utilizzati per risparmiare. Questo è un male abbastanza diffuso in Italia purtroppo.

Insomma, si parlò anche di ammanchi nei bilanci, di fondi mai arrivati a destinazione, che avrebbero potuto forse prevenire la tragedia.
Vediamo altri esempi:

> «Durante le indagini emerse un ammanco di oltre 100 milioni di euro, sottratti al fondo destinato alla messa in sicurezza dell’impianto.»

Risulta un ammanco di €50 euro incassa. Bisogna rifare i conti e se l’ammanco persiste, ti licenzio in tronco!

Insomma, un ammanco non è semplicemente una mancanza: è una mancanza sospetta (sempre di denaro o al massimo di beni), che lascia intendere un errore o una colpa. A volte si scopre troppo tardi, come accadde a Stava. Per la cronaca, Stava si trova in Trentino alto Adige.

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Poco ci manca o ci manca poco? (ep. 1063)

audio mp3

 

Trascrizione
Qual è la differenza tra “ci manca poco” e “poco ci manca”? Potete provare a fare la domanda a qualunque intelligenza artificiale ma, almeno ad oggi, risponde che non c’è alcuna differenza.

Infatti ecco cosa risponde ChatGPT: “Ci manca poco” e “poco ci manca” sono due espressioni italiane simili che significano praticamente la stessa cosa: che si è vicini al raggiungimento di qualcosa o a una certa situazione. La differenza principale è nell’ordine delle parole, ma il significato è sostanzialmente lo stesso.

Ecco. Come volevasi dimostrare. In realtà però una differenza c’è.

La definizione di ChatGPT sarebbe anche giusta, ma il fatto è che “poco ci manca” raramente si utilizza quando ci parla di tempo o di spazio.

Si preferisce invece usare “poco ci manca” soprattutto quando parliamo in termini negativi di qualcosa o qualcuno, per sottolineare un difetto o una mancanza o per commentare un evento, sempre in termini negativi.

Questa connotazione negativa è un elemento importante da considerare nella scelta tra le due espressioni. Sembrerà un dettaglio, una sottigliezza di poco conto, ma la conoscenza di una lingua passa anche attraverso questi dettagli che però sono importanti.

Vediamo qualche esempio sia con “ci manca poco” che con “poco ci manca”.

Ci manca poco alla fine del film.

Mi riferisco al tempo in questo caso. Si può usare solamente “ci manca poco” = manca poco tempo.

Ci manca poco per arrivare a casa.

Qui potrei parlare di una distanza espressa in km, quindi in termini di spazio, ma anche in minuti e quindi in termini di tempo.

Non abbiamo ancora finito questo lavoro. Però ci manca poco.

In questo caso parlo di poco lavoro mancante, ma potremmo anche parlare di tempo rimanente.

Giovanni mi sta proprio antipatico. Non voglio dire che ogni volta che parla mi contraddice, ma poco ci manca.

Ecco. Stavolta sto parlando di una caratteristica negativa, riferita al carattere di Giovanni.

Notate che c’è una negazione all’inizio della frase, c’è un “non”, e questo è già un indizio importante. Non è detto sia sufficiente per poter usare “poco ci manca” ma quasi.

A proposito di “quasi“. Entrambe le forme posso sostituirle proprio con questa parola: quasi. Quasi è molto generica però.

Prima ho parlato anche di un giudizio negativo, ma in realtà non è neanche questo qualcosa di obbligatorio per usare “poco ci manca”.

Si parla in generale di un limite, un limite indicativo che, qualora raggiunto, dimostrerebbe pienamente una mia idea, una mia teoria su una persona o su qualcosa. Questo limite però non è stato raggiunto, ma quasi. Mi verrebbe da dire “poco ci manca”.

Esempi:

Filippo è un fenomeno. Quando si è laureato ha preparato tutti gli esami in pochissimo tempo. Non voglio dire che ha impiegato al massimo due settimane per ogni esame, ma poco ci manca.

Stavolta non sto parlando male di Filippo. Tutt’altro direi. Però ho voluto indicare qualcosa di estremo, un traguardo, un’impresa: al massimo ha impiegato due settimane per preparare un esame. No, non è stato così. Non sempre due settimane, ma poco ci manca.

Poi avrete notato che “poco ci manca” è praticamente sempre preceduto da “ma“.

Certo, potrei dire anche “ma ci manca poco”, o “ma quasi” o “ma c’è mancato poco”. Questo posso farlo, ma c’è meno enfasi in questi casi.

Un’altra cosa interessante è che “poco ci manca” si usa solo al presente.

Nessuno vieterebbe di dire “poco c’è mancato” o “poco ci mancava”, quando parlo di qualcosa accaduto in passato, ma questo non si fa mai. La forma passata si usa infatti nella prima parte della frase è questo è sufficiente.

Es:

Non dico che Giovanni è stato sempre il più bravo di tutti ma poco ci manca.

Oppure:

Ciò che ha scritto Matteo in questo libro e bellissimo. Se non è poesia, poco ci manca.

Sempre al presente quindi. Non voglio dire che è vietato, che non si possa dire “poco c’è mancato” ma in genere non si fa. Invece “c’è mancato poco” (una forma passata di “ci manca poco”) è utilizzatissima.

Provate a fare delle ricerche su Google e vedrete quanti esempi troverete con “c’è mancato poco”. Credo invece che sarà complicato trovare utilizzi di “poco c’è mancato”. La stessa considerazione vale per il futuro.

Un’ultima caratteristica di “poco ci manca” è che la particella “ci” non si riferisce a “noi” e questo anche quando sto parlando di noi.

Es:

Non voglio dire che (noi) non abbiamo ascoltato neanche una episodio di italiano semplicemente, ma poco ci manca!

Quel “ci” si riferisce sempre a quel limite, quel punto estremo quasi raggiunto. Questo è chiaramente più evidente quando non si parla di “noi” nella frase, ma il “ci” resta.

Adesso che l’episodio è finito vorrei che qualcuno di voi usasse qualche espressione già spiegata parlando di record mondiali.

Mi raccomando, mi piacerebbe che a fare questo tentativo partecipasse anche qualcuno poco avvezzo a costruire ripassi. Non voglio dire infatti che siano sempre gli stessi membri a formularli e registrarli, ma poco ci manca.

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Ripass a cura dei membri dell’associazione. A seguire la canzone dal titolo “poco ci manca

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Dorota: Ragazzi, ovviamente tutti conoscete il Guiness dei primati ossia il libro dei record, vero? Si dà il caso che vi siano pubblicati i più diversi e strani record! Allora io mi domando e dico: possibile mai che Gianni non abbia ancora registrato il record mondiale di episodi creati per insegnare una lingua straniera?

Christophe: I ricordi mondiali, per lo più sportivi, mi hanno sempre stupito. A volte sono stato un po’ invidioso, mettendo le cose in prospettiva e chiedendomi perché ci sono persone “normali” tra virgolette, che, anche allenandosi con serietà non brillano e quindi non sono in grado di competere con le persone più dotate, che invece non fanno nulla per migliorare. Alla lunga con ogni probabilità questo può risultare frustrante. Poi ci sono anche i record senza senso a mio avviso. Che so, a titolo di esempio il maggior numero di cannucce infilate contemporaneamente in bocca. Ma quale record d’Egitto! Comunque, competere penso sia una buona cosa in quanto aiuta a spingersi sempre oltre il limite, per poter raggiungere nuovi traguardi, soprattutto n
In campo scientifico e quello della salute. Questo può stimolare continuamente la ricerca di cure nuove.

382 Avere le carte in regola

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

Trascrizione

Giovanni:

La frase di oggi la trovo difficile da spiegare.

La frase è “avere le carte in regola”.

È difficile da spiegare perché le carte spesso sono legate al gioco delle carte (come il poker) invece in questo caso le carte indicano dei documenti, delle autorizzazioni, come se parlassimo di pernessi, di burocrazia.

Infatti “stare in regola” o “essere in regola” (espressione più semplice) è una espressione che si usa quando siamo autorizzati a fare qualcosa, ad esempio se lavoro in una pizzeria, essere in regola significa che sono regolarmente pagato e registrato, quindi sono in regola con lo stato con la Legge dello stato.

Insomma è tutto ok, tutto regolare, tutto a posto. Questo è “essere in regola” cioè aver rispettato le regole, la Legge in generale.

Ma avere le carte in regola sta ad indicare la stessa cosa, facendo riferimento ai documenti che dimostrano la regolarità.

Avere le carte in regola si usa però anche al di fuori della legge, senza quindi parlare di documenti e di autorizzazioni. Quando c’è di mezzo la legge, non avere le carte in regola significa che non si può ottenere qualcosa perché manca qualche carta importante.

Senza carte in regola non si ottiene la cittadinanza ad esempio: bisogna dimostrare con dei documenti ciò che la legge prevede.

L’espressione si usa anche in senso più ampio, come dicevo, per indicare che si è meritevoli o è possibile ottenere un risultato perché non manca ciò che è necessario. Anche senza parlare di legge quindi.

Spesso si confrontano gli obiettivi con le potenzialita di una persona.

Ce la farò? Posso fare questa cosa? Sarò in grado? Posso ambire a questo?

In questi casi posso usare questa espressione, in modo figurato naturalmente.

Ad esempio:

La città di Roma ha le carte in regola per ospitare le Olimpiadi

Nel senso che a Roma abbiamo tutto ciò che serve, non manca nulla: l’organizzazione, il prestigio, le strutture eccetera.

Sarò capace di piacere a Maria? Lei forse è troppo bella e ambiziosa.

Risposta: Certo che puoi. Hai tutte le carte in regola per piacerle: sei carino, educato, sei anche benestante, quindi non ti manca nulla.

Un terzo esempio:

Un mio amico, pur avendo tutte le carte in regola per laurearsi, non c’è mai riuscito. Eppure non gli mancava nulla.

Questo per dirvi quest’ultima cosa: avere le carte in regola ti permette ma non ti garantisce il risultato.

E adesso, visto che tutti i membri dell’associazione italiano semplicemente hanno le carte in regola, possono tranquillamente aiutare tutti i visitatori a ripassare le espressioni già spiegate.

Doris: Avete presente le sette regole d’oro di Italiano Semplicemente? I consigli dell’associazione rispondono al vero, tuttavia solo, se non rispondiamo picche quando siamo richiamato a redigere qualche riga di ripasso, altrimenti l’apprendimento della lingua italiana prenderà via via una brutta piega. In fin dei conti paghiamo lo scotto se non diamo seguito alle regole. Eccome! Ma quale sono i tuoi ragionamenti in merito?

Ti sai giostrare bene con le frasi di ripasso? Può darsi che tu sia portato per le lingue e ti destreggi bene anche senza troppo dispendio di energie o che sei disposto anche a sforzarti un po’ pur di progredire come si deve. Comunque, l’apporto di tutti i membri del gruppo è indispensabile per fa sì che le espressioni imparate rimangano in giro tra di noi e vengano ripetute assai spesso.

Di buon grado il nostro presidente ci aiuta se incontriamo qualche problema, bontà sua! Mi raccomando, il lavoro paga ed è appagante vedere progressi costanti insieme come team.

Spero che il mio ripasso non sia stata la solita solfa e che abbia fornito un valore aggiunto perlomeno dal punto di vista linguistico. Chi getta un seme l’ha da coltivare se vuol vederlo a tempo vegetare. E presto i ripassi diventano come le ciliegie, uno tira l’altro.