C’è una parola che non si usa tutti i giorni, ma che descrive alla perfezione certe situazioni pesanti, opprimenti, spesso insopportabili.
Questa parola è: fardello
Il termine viene dal francese antico fardel, che significa “carico“, e ancor prima dal germanico fard – viaggio, come a dire che è qualcosa che ci si porta dietro, sulle spalle, durante il cammino della vita.
Ma non è un semplice bagaglio: il fardello pesa, ci affatica, ci rallenta. È fisico, ma spesso anche psicologico, morale, emotivo.
Arriviamo alla notte del 24 luglio 1943.
In quella notte drammatica, al termine della famosa riunione del Gran Consiglio, Mussolini fu messo in minoranza dai suoi stessi gerarchi. L’Ordine del Giorno Grandi, approvato con 19 voti favorevoli, chiedeva il ritorno dei poteri al Re, segnando la fine del regime fascista.
Il fardello di vent’anni di dittatura, di una guerra disastrosa, di alleanze sbagliate e del malcontento crescente del popolo italiano, era diventato insostenibile anche per chi fino a poco prima aveva sostenuto il Duce. Era un peso troppo gravoso da sopportare ulteriormente.
Come chi si toglie uno zaino pesante dopo una lunga marcia.
Come chi si sente più leggero dopo un lungo inverno.
Il fardello della guerra era diventato insostenibile.
Dopo anni di paura, finalmente l’Italia si è liberata di quel fardello.
Si potrebbe dire questo, ad esempio, per la data del 25 aprile, festa della liberazione.
Il fardello, insomma, è qualcosa che ci portiamo dentro o addosso, che non si vede ma si sente. E liberarsene significa iniziare a respirare di nuovo, tornare a guardare avanti.
Una parola che per essere usata ha bisogno del giusto contesto, altrimenti sembrerà sempre esagerata. Ecco alcuni esempi appropriati:
Vivere con quel senso di colpa era un fardello troppo pesante da portare.
La solitudine può diventare un fardello, soprattutto con il passare degli anni.
Quel segreto, tenuto nascosto per anni, era un fardello che non riusciva più a sostenere.
Crescere cinque figli da sola non è stato facile: un fardello quotidiano, ma pieno d’amore.
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Giovanni
che voglio spiegarvi oggi è rimanere sul groppone.
Il groppone è, letteralmente, una grande Groppa. Lo so, groppa è femminile e groppone è maschile. Pazienza. Basta saperlo.
Sapete cos’è la groppa?
La groppa è la parte superiore della schiena degli animali da soma, la parte compresa tra la base del collo e la radice della coda.
Le bestie da soma sono gli animali che si utilizzano per caricare un peso.
La soma è un peso, un carico da trasportare che si pone sul dorso (sulla groppa) di asini, muli e talvolta cavalli.
Si tratta quindi del dorso delle bestie da sella, da soma o anche da tiro.
Ci interessa soprattutto la groppa del cavallo o dell’asino, perché salire in groppa al cavallo sta per salire sopra, sul dorso, sulla groppa del cavallo, mettendo una gamba a destra e una a sinistra, con l’intenzione di cavalcarlo.
Sono salito in groppa al cavallo
Il ragazzo balzò in groppa al cavallo
Si può quindi salire in groppa a un animale ma si può anche caricare un peso sulla sua groppa.
Siamo interessati soprattutto all’uso della groppa per caricare un peso, perché quando qualcosa “rimane/resta sul groppone”, in senso figurato sta ad indicare che si resta in una situazione difficile o sfortunata per un lungo periodo di tempo, senza essere in grado di uscirne o di risolverla.
C’è un “peso” di cui non riusciamo a liberarci e quindi siamo in difficoltà.
Ciò può accadere in diversi contesti, come ad esempio in ambito lavorativo, familiare o finanziario. Ad esempio, si potrebbe dire:
Giovanni voleva vendere la sua vecchia casa perché ne aveva acquistata un’altra, ma nessuno l’ha acquistata e così gli è rimasta/restata sul groppone e ha dovuto continuare a pagare la tassa di proprietà.
Quindi è la casa che è rimasta sul groppone a Giovanni. Si rappresenta in questo modo un peso, qualcosa che dà fastidio, qualcosa di cui ci si vorrebbe liberare, ma di cui non ci si riesce a liberare.
Un secondo esempio:
Ho ancora poco lavoro da sbrigare in ufficio ma c’è una pratica da finire entro fine anno che probabilmente però mi resterà sul groppone ancora per parecchio tempo.
Anche qui, vorremo liberarci di questa pratica ma non ci riusciamo, almeno per un po’ di tempo.
È chiaramente una modalità informale difficilmente sostituibile senza usare un numero maggiore di parole ed esprimere allo stesso tempo lo stesso concetto in modo così diretto ed esplicito.
A volte si utilizza anche al posto di “rimanere sullo stomaco”, quando si mangia qualcosa che non si riesce a digerire. Non è questo però il modo migliore di usarla.
Il termine groppone in senso figurato si trova anche senza utilizzare i verbi restare e rimanere, ma il senso è sempre quello del “peso”.
Es:
L’attaccante del barcellona porta il peso della squadra sul groppone
Come a dire che le sorti della squadra dipendono soprattutto dalle sue prestazioni.
“Portare sul groppone il peso di una sconfitta” può invece indicare il peso della responsabilità, cioè delle colpe della sconfitta.
Dopo che i suoceri hanno perso la loro casa, mio fratello rischia di ritrovarseli sul groppone.
In questo caso mio fratello probabilmente dovrà ospitare a casa sua i suoceri, non avendo più una casa propria in cui abitare. Questo può essere percepito come un “peso” di cui si farebbe volentieri a meno.
Un ultimo esempio:
Fallisce la ditta di pulizia del condominio e adesso il servizio di pulizia va a finire sul groppone degli inquilini.
Se proprio vogliamo trovare un sotituto di “groppone” potremmo parlare di onere: avere l’onere di far qualcosa, ma anche avere il peso o restare col peso può spesso andar bene.
Oppure al posto di restare sul groppone di una persona si potrebbe dire restare sulle spalle di una persona.
Per quanto possa sforzarmi però resta sempre qualcosa di non espresso.
Infatti rimanere sul groppone riassume più concetti: è solitamente qualcosa che arriva inaspettatamente sulle nostre spalle e ci resterà per un certo tempo, questo ci impedisce di fare delle cose e quindi vorremmo alleggerirci di questo peso il prima possibile.
Adesso un breve ripasso degli episodi precedenti. Il tema è quello della Pasquetta, cioè il giorno successivo al giorno di Pasqua.
Marcelo: stavo lì lì per uscire per fare la mia passeggiata, ma quando michiama in causa il capo, non posso fare a meno di dare il mio apporto! Facciamo squadra amici. Questo la dice tutta sulla nostra amicizia!
Ulrike: ah Marcelo, ce ne fossero di membri come te. Stai sempre sulchi vive con i ripassi, perfino a Pasquetta. Io invece vengo meno oggi, non me ne vogliate per questo.
Lejla: di solito cerco di eludere gli argomenti religiosi, ma a proposito della Pasquetta, non ho la piú pallida idea di cosa sia. In Brasile non se ne parla! Chi potrebbe esser deputato a una spiegazione in merito?
André: ciao Lejla, ci stavo pensando anch’io e mi sono scervellato per trovare una spiegazione!
Non ci condannate però per la nostra ignoranza!
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Giovanni: Se cerchiamo sul dizionario il termine leggerezza, troviamo che questa è la caratteristica delle cose leggere (che pesano poco) così come, ad esempio, la stanchezza è propria di chi è stanco.
Possiamo usare questo termine però anche in modo diverso. Si usa ad esempio per descrivere le movenze di una ballerina o di un ballerino o anche di un calciatore, che quando si muove lo fa con leggerezza, nel senso che sembra quasi che la forza di gravità non sia un problema. Leggerezza allora sta per agilità o scioltezza nei movimenti, una dote innata di delicatezza o anche un grado notevole di abilità.
Al contrario, se una ballerina mostra pesantezza nei movimenti, è come se dicessimo che non sembra molto allenata, sembra mostrare fatica nei movimenti.
Ma la leggerezza è anche un’altra cosa che non ha a che fare col peso espresso in grammi, ma col peso nel senso di importanza. Torniamo allora alla leggerezza di “prendere alla leggera” inteso come sottovalutare, come abbiamo già visto. Come abbiamo detto si tratta di non dare il giusto peso alle cose.
Vi ricordo che spessissimo si usa il termine peso per indicare la rilevanza, l’importanza di qualcosa o di qualcuno. Es:
Una persona di peso nel mondo politico è una persona le cui opinioni contano molto, una persona importante, che ha influenza.
Una decisione di peso è una decisione importante, che porta conseguenze importanti.
Una questione di enorme peso è una questione rilevante, importante.
Ecc.
Allo stesso modo, anche la leggerezza, oltre al peso, può usarsi in modo figurato, ma non per indicare una cosa poco importante, quanto per indicare un errore commesso per superficialità, per distrazione, per non aver considerato importante a qualcosa che invece era molto importante.
Approfondiamo ancora l’utilizzo del termine “leggerezza“. La leggerezza innanzitutto si compie.
Questo è il verbo da usare (anche commettere va bene). Si può usare anche il verbo fare, ma compiere è molto più adatto.
Ho compiuto una leggerezza.
Significa che ho fatto una cazzata(permettetemi il termine). Non ho capito che una cosa era importante e mi sono comportato senza pensarci, con superficialità, dunque con leggerezza. Mi sono comportato con leggerezza, ho compiuto una leggerezza. Si usa anche dire “agire con leggerezza” o “parlare con leggerezza“.
Lo so, è molto più divertente usare “fare una cazzata“, perché in genere nel linguaggio colloquiale è questa l’espressione che si usa quando si fa qualcosa di sbagliato dalle conseguenze molto negative. In alternativa si usa il termine stupidaggine, o sbadataggine, se le conseguenze sono poco rilevanti e voglio imputare l’errore al fatto che sono stato sbadato, distratto:
Oddio, che sbadataggine, ti ho rovesciato l’acqua addosso! scusami! Mi sono distratto!
Se uso “stupidaggine” la conseguenza è più grave sicuramente, ma questo termine possiamo usarlo anche e soprattutto per sottolineare la colpa di chi la compie, o la scarsa intelligenza o la scarsa competenza di chi dice qualcosa di sbagliato. L’episodio in cui abbiamo parlato delle sciocchezze e delle stupidaggini sicuramente vi aiuterà a capire meglio questo utilizzo.
“Compiere una leggerezza” è certamente meno colloquiale, e ammettere di aver compiuto una leggerezza è un’ammissione di colpa e una modo per scusarsi.
Se dico di aver compiuto una leggerezza sto ammettendo di aver avuto una mancanza di serietà e di riflessione, una faciloneria:
Meno colloquiale, quindi più adatta, come modalità, per essere usata al lavoro o comunque se vogliamo esprimerci in modo più elegante. Non è niente di particolarmente formale comunque, quindi si può usare in ogni contesto senza suscitare alcuna reazione di chi ci ascolta. Non abbiate paura di usare la “leggerezza” in questo modo.
Negli stessi contesti posso usare il termine “faciloneria“, che deriva da “facile”.
Vediamo qualche esempio:
Ho compiuto una leggerezza ieri durante la partita di calcio. Non dovevo passare la palla al portiere perché l’attaccante avversario era troppo vicino e così ha potuto fare gol.
Una leggerezza difensiva compromette la vittoria della Juventus
Nello sport si usa spessissimo questo termine per indicare degli errori che fanno i giocatori quando non ragionano abbastanza, quando non sono abbastanza concentrati e questo li porta a fare grossi errori. Non solo nello sport però:
Non ti fidare di Giovanni, sarebbe una gravissima leggerezza!
Mi raccomando, non agite con leggerezza quindi non accettate pagamenti in contanti.
Ho provveduto a cancellare quel commento su Facebook che aveva offeso Flora. Una leggerezza di cui mi scuso.
Il termine “faciloneria” è più offensivo. Si preferisce usare quando si vuole accusare qualcuno, che non pensa abbastanza a ciò che dice e ciò che fa e che si comporta come se le cose fossero “facili”, quando invece non lo sono per niente. Dunque la faciloneria è la qualità (si fa per dire) e il modo d’agire di chi è “facilone“:
Non fare il facilone, non puoi dire che ci vogliono 5 minuti a risolvere questo problema!
Si sta accusando qualcuno di “gratuita stupidità”, di sciatteria, semplicismo, di approssimazione.
Non voglio però esaurire oggi tutto il vocabolario, dunque passiamo al ripasso del giorno.
Marcelo: “Se l’uomo può vivere una sola vita, è come se non vivesse affatto“. Questo lo diceva Milan Kundera nel suo romanzo “l’insostenibile leggerezza dell’essere”. Ha un suo perché secondo voi oppure, ovenon siate d’accordo, potete dire perché?
Peggy: d’emblée mi viene da dire che ci potrebbe essere un rovescio alla medaglia nel vivere più volte. A che pro voler vivere tante vite se non si è in grado di farlo pienamente?
Ulrike: Boh…mi sono scervellataun po’ per afferrare ben bene il senso di questa affermazione. Niente da fare, mi sento ancora sguarnita da ogni idea. Vabbè, può darsi che io sia dura di comprendonio. Comunque sia, non voglio perdermi nei meandri della mente di questo scrittore, non me la sento proprio.
Monica: La fa facile l’autore a dirlo, lui che ha vissuto una vita proprio sui generis. Ma per noi comuni mortali, basta accontentarci di una vita piacevole tout court, Sarà grasso che cola se non sarò già stanca dopo una ottantina d’anni.
Giovanni: oggi parliamo della pesantezza. L’avrete capito dal titolo immagino 🙂
La pesantezza è interessante perché è la caratteristica delle cose pesanti.
Già. Ma che significa che una cosa è pesante?
Voi mi direte: una cosa è pesante quando pesa molto, cioè quando il suo peso è notevolmente alto.
Certo, vi rispondo io, ma il peso è un concetto semplice. È la pesantezza ad essere invece complessa perché non dipende dal numero di chilogrammi che risultano dalla bilancia.
Io ad esempio peso 82 kg, e questo significa che sono pesante 82 kg. Il mio peso è 82 kg. Posso dire di essere più pesante di una persona che ha un peso minore del mio.
Non c’è dubbio su questo. Ma sto parlando del mio peso e non della mia pesantezza. Ma allora cos’è la pesantezza?
Purtroppo, come avrete sicuramente immaginato, ci sono oltretutto diversi tipi di pesantezza.
Esiste ad esempio la pesantezza di stomaco.
Es:
Oggi avverto una forte pesantezza di/allo stomaco.
Allora anche degli alimenti possono dirsi “pesanti” quando sono difficili da digerire, quando danno pesantezza allo stomaco, quando cioè sono indigesti.
Non si parla del peso dell’alimento che mangiamo, ma della sua pesantezza.
Oppure potrei avvertire una pesantezza alle gambe.
Nel primo caso ho lo stomaco pesante, nel secondo caso ho le gambe pesanti. La pesantezza dunque è una sensazione e come tutte le sensazioni si avverte.
Se avverto una pesantezza alle gambe o allo stomaco allora non significa che sono ingrassato alle gambe o allo stomaco, ma che avverto un disturbo alle gambe o allo stomaco e più in generale un disturbo delle funzioni fisiologiche, non grave ma fastidioso, da attribuirsi a fattori contingenti, come ad esempio un abuso, un’esagerazione.
Quindi è facile avvertire una pesantezza allo stomaco dopo una abbuffata, cioè dopo aver mangiato molto.
Se invece faccio una lunghissima passeggiata è facile che la sera io possa avvertire una certa pesantezza alle gambe.
Analogamente, dopo una lunga giornata di lavoro potrei tranquillamente avere la testa pesante.
E cosa dire dell’alito pesante?
L’alito pesante è ugualmente un disturbo fisiologico, tant’è che ha anche un nome: alitosi.
Chi soffre di alitosi ha spesso l’alito pesante e questo significa che l’alito ha un cattivo odore. Si parla anche di alito cattivo. Non è piacevole vero?
Ma torniamo alla pesantezza.
Anche una lezione universitaria o una trasmissione televisiva, o un’intervista possono risultare pesanti da ascoltare. In questo caso la pesantezza è assimilabile alla noia, ma non è detto.
Oggi ho seguito una lezione di Italiano molto pesante. Ho veramente faticato a restare sveglio fino alla fine.
Si tratta di pedanteria, prolissità. Abbiamo assistito ad una lezione pedante, cioè noiosa o lunga, prolissa.
Un discorso può risultare pesante quando è lungo e pieno di cose complicate oppure cose scontate, banali, inutili da dire, che conoscono tutti, oppure quando il tono di voce usato è basso o la voce è particolarmente piatta, senza emozioni, senza variazioni: una noia mostruosa!
Alcuni professori sono veramente pesanti da ascoltare.
Insomma, si tratta in questo caso della difficoltà nel riuscire a restare concentrati tutto il tempo.
La parola difficoltà è probabilmente la più importante per capire il concetto di pesantezza.
La lezione è stata di una pesantezza estenuante
Una cosa è certa: non è stata una lezione piacevole.
Anche una persona però può essere definita pesante.
La pesantezza di una persona dipende da vari fattori, ma in sostanza anche qui possiamo parlare di difficoltà: la difficoltà nel riuscire a sopportare questa persona o a passare del tempo con lei.
Questa difficoltà può dipendere da diverse cose:
Può essere la difficoltà nel riuscire ad ascoltarla perché molto noiosa, oppure perché si lamenta spesso, o perché attira troppo l’attenzione su di sé, oppure perché è troppo timida o suscettibile e allora bisogna stare attentissimi ad usare sempre le parole giuste senza che si offenda.
Quando non si è a proprio agio con una persona, risulta pesante passare del tempo con lei. Non è piacevole. A volte è semplicemente una mancanza di spontaneità di una persona che ce la fa definire una persona pesante.
Anche il proprio fisico si può avvertire come “pesante” senza necessariamente parlare di peso.
Oggi mi sento molto pesante nei movimenti.
Avverto quindi una mancanza di agilità, i movimenti risultano più difficoltosi del solito
Ecco, allora la pesantezza, in tutti i suoi significati, potremmo definirla una sensazione che possiamo collocare dalla parte opposta rispetto al piacere.
Difficoltà e mancanza di piacere ci sono sempre, sia che si tratti di pesantezza allo stomaco, alla testa, alle gambe, di alito pesante e di persone pesanti.
La spiacevolezza e la difficoltà in questi ultimi casi (alito e persone) sono però avvertite dalle altre persone.
Difficile sopportare alito pesante e persone pesanti.
Poi ci sono anche altre forme di pesantezza. Ad esempio quando diciamo che l’aria è pesante perché si respira a fatica, quando ad esempio c’è poco ossigeno o perché le finestre sono sempre chiuse.
Ma l’aria è pesante anche quando l’atmosfera è tesa, quando c’è tensione nell’aria, per via di un litigio, una discussione o di una situazione opprimente. Anche in questo caso possiamo ugualmente parlare di aria pesante.
Es:
A casa mia recentemente tira/c’è un’aria pesante perché ci sono conflitti tra noi genitori e i nostri figli.
Ci sono poi le cosiddette droghepesanti, come la cocaina e l’eroina.
Un lavoro pesante invece è un lavoro che richiede molto sforzo fisico.
Poi ci sono le “battute pesanti” , che sono battute offensive e volgari che hanno invece la pretesa di essere divertenti.
Anche le battute pesanti sono difficili da sopportare. Creano imbarazzo.
Speriamo infine che non sia questo episodio a risultare pesante!
Allora per alleggerire l’episodio ascoltate un bel ripasso delle lezioni precedenti e poi la spiegazione del ripasso con parole più umane.
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Albèric (Francia): l’episodio non è stato pesante secondo me, o quantomeno non mi ha dato molto filo da torcere.
Ulrike (Germania): ha un solo neoper me: il fatto di non approfondire abbastanza il concetto di “peso”. Non è che mi stia lamentando però ok? Spero che Giovanni non se ne abbia a male. Non voglio sembrare ingenerosa.
Rauno (Finlandia): Invece il prossimo episodio, che io sappia, sarà più leggero perché si parlerà di due locuzioni latine molto semplici da usare. Però non c’è più tempo per entrare nel merito.
Albèric, membro francese, esordisce dicendo che l’episodio non è stato pesante secondo lui. Quindi albéric non si è stancato o stressato ad ascoltarlo. Poi aggiunge che “quantomeno” questo episodio non gli ha dato molto filo da torcere. Albéric ha aggiunto che un obiettivo minimo raggiunto è che l’episodio non gli ha creato molti problemi, cioè non gli ha dato molto filo da torcere. Un episodio comprensibile quindi secondo Albéric.
Ulrike dalla Germania ha aggiunto che l’episodio ha un solo neo secondo lei. Quindi c’è solo una piccola cosa che non va, solo un piccolo difetto, cioè il fatto di non approfondire abbastanza il concetto di “peso”. Questo è lunico neo. Non è che lei si stia lamentando, aggiunge Ulrike, che pertanto ci tiene ad aggiungere questa informazione: non si sta lamentando. Non è questo l’obiettivo della sua osservazione.
Lei spera che io non me ne abbia a male per aver sottolineato questo piccolo neo. E infatti io non me ne avrò certamente a male per cosi poco. Non voleva sembrare ingenerosa Ulrike. Ma lei non lo è mai. Come potrei accusarla di una cosa simile? È sempre stata la prima a esprimere apprezzamenti per il lavoro quotidiano e lo sforzo che viene fatto per realizzare gli episodi.
Rauno dalla Finlandia afferma di conoscere l’oggetto del prossimo episodio. Che lui sappia, cioè per quanto ne sappia lui, cioè stando alle sue conoscenze, attenendosi alle informazioni in lui possesso, l’episodio venturo sarà ancora più leggero (quindi ancora meno pesante. Anche la leggerezza si usa in modo figurato, proprio come la pesantezza) perché si parlerà di due locuzioni latine molto semplici da usare. Però, conclude Rauno, non c’è più tempo per entrare nel merito, cioè non c’è più tempo per approfondire la questione. Non c’è più tempo per andare maggiormente in profondità spiegando meglio di cosa si tratta.
Edita, dalla Repubblica Ceca dice che a lei sta bene, cioè lei è d’accordo purché l’episodio sia breve però. Quindi Edita è d’accordo con Rauno ma a una condizione: che l’episodio sia breve. Sembra che ad Edita non vadano a genio le pappardelle. Quindi pare che a Edita non piacciano gli episodi lunghi e noiosi. Sembra che lei non gradisca episodi troppo lunghi. Edita conclude che il tempo libero è quello che è. Questo significa che il tempo libero è poco, quindi bisogna usarlo bene, perché è proprio durante il tempo libero che lei ascolta gli episodi di italiano semplicemente.
Infine Camille, dal Libano, non sembra molto d’accordo con Edita, e infatti afferma che secondo lui Edita ha fretta. Questo è ciò che sembra, ciò che si direbbe, quindi ciò che Camille desume dalle sue parole. Si direbbe che Edita abbia fretta secondo Camille.
Meglio, secondo Camille, non mettere dei paletti di questo tipo. Quindi secondo Camille non è conveniente imporre dei limiti temporali alle spiegazioni. Uno o due minuti in più non fa molta differenza: minuto più, minuto meno, non fa differenza secondo Camille.
Mi è stato chiesto di fare un episodio, da parte di Alexandre, che parli del peso e del volume. Ringrazio Alexandre per la richiesta.
Questa però non vuole essere una lezione di fisica, bensì quella di chiarire qualche termine di uso comune nella vita di tutti i giorni.
Parliamo soprattutto di quando andiamo a fare la spesa e dobbiamo acquistare qualcosa nel reparto gastronomia: prosciutto, mortadella, qualche tipo di formaggio, qualunque cosa che il commesso del supermercato debba pesare per darci la quantità di prodotto che ci occorre.
In questi casi parliamo del peso, che come sapete si esprime in grammi. Questa è l’unità di misura del peso.
Quando però si parla con il commesso di solito non ci si esprime in termini di grammi, ma in termini di etti.
Un etto equivale a 100 grammi.
A scuola i professori ci hanno insegnato il termine ettogrammo per indicare 100 grammi, ma quando si fa la spesa si utilizza sempre il termine etto che al plurale diventa etti.
Per favore mi dà due etti di salame piccante?
Se un etto sono 100 grammi, due etti equivalgono a 200 grammi ovviamente.
Se invece ad esempio vogliamo duecentocinquanta grammi dobbiamo chiedere due etti e mezzo.
Quando si arriva a 500 grammi, cioè 5 etti, si preferisce parlare di mezzo chilo, cioè mezzo chilogrammo di prodotto.
Mezzo chilo significa la metà di 1 chilo, che equivale a 1000 grammi.
Se scendiamo sotto i 100 grammi invece, possiamo scegliere se usare i grammi o gli etti.
Se si tratta 50 grammi, possiamo chiamare questa quantità mezz’etto, mentre se scendiamo al di sotto dei 50 grammi dobbiamo esprimerci in termini di grammi.
Vorrei 10 grammi di zafferano per favore
Mi dà per cortesia 25 grammi di lievito di birra?
Mezz’etto di parmigiano grattugiato, grazie.
Se non parliamo del peso ma del volume, al supermercato si parla di litri.
Le bottiglie di latte ad esempio contengono 1 litro di latte. Invece le bottiglie di vino sono solitamente pari a 750 millilitri.
L’acqua minerale invece è normalmente imbottigliata in bottiglie da 1 litro oppure 1 litro e mezzo.
L’olio d’oliva può essere venduto in bottiglie da 750 ml, come il vino, 1 litro (come l’acqua e il latte) oppure in lattine da 5 o 10 litri.
Avrete sicuramente capito che ci vogliono 1000 millilitri, indicati col simbolo ml, per formare 1 litro.
Comunque ci sono anche altri formati, infatti per prodotti come la birra e la coca cola e simili si utilizzano bottiglie di vetro o plastica da mezzo litro, 1 litro, 2 litri o anche lattine da 150 millilitri, 330 millilitri, 500 ml.
In particolare le lattine da 330 e 500 millilitri spesso vengono espresse in centilitri. Quindi si parla di lattine da 33 e 50 centilitri (la cui sigla universale è cl).
Non voglio fare un elenco infinito dei differenti formati delle confezioni dei liquidi che sono in commercio, ma quelli di cui vi ho parlato sono indubbiamente i più diffusi.
Forse è il caso di aggiungere alcuni nomi che si utilizzano per particolari confezioni di liquidi. Quando ad esempio acquistiamo una confezione di acqua normalmente da 6 bottiglie, unite assieme da un involucro di plastica, parliamo di una di una confezione da 6 bottiglie d’acqua. Invece quando le bottiglie sono di vetro generalmente sono inserite all’interno di cassette di plastica, che vengono chiamate anche casse d’acqua. Le casse si usano anche per il vino, ma parliamo del vino sfuso, che viene messo in bottiglie di vetro, destinate ad essere successivamente lavate e utilizzate nuovamente. Il vino sfuso è venduto normalmente in negozi specializzati in vendita di vino e non in normali supermercati. Si porta in negozio un qualunque contenitore e si riempie con il vino che viene estratto dalle botti.
Un liquido, ma in generale una merce qualunque viene venduta sfusa quando si vendono sciolte, quindi non confezionate, non all’interno di una confezione. Quindi ad esempio le caramelle sfuse, i fagioli sfusi, noci, ma soprattutto il vino sfuso, venduto quindi a misura, cioè non imbottigliato.
Un altro nome di un contenitore normalmente usato per il vino in vendita è il fiasco.
Il fiasco
È un recipiente di vetro, come una normale bottiglia, ma ha una forma ovale e di solito è rivestito di erbe essiccate o di materiale plastico. Inoltre il collo della bottiglia è lungo e stretto.
A proposito di casse, c’è anche la cassa di birra, che può contenere sia lattine che bottiglie, di numero variabile.
Ma la birra, se è venduta in grande quantità, spesso è contenuta all’interno di contenitori chiamati fusti.
Un fusto di birra è un unico contenitore, simile ad una grande lattina, che può contenere 5,10, 30 o 50 litri di birra. Ma l’acquisto di fusti di birra normalmente avviene da parte di commercianti di bar, ristoranti o pub che vendono a loro volta il prodotto alla propria clientela.
L’episodio finisce qui, speriamo che Alexandre sia soddisfatto. Un saluto a tutti.