Andare in bambola (ep. 950)

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andare in bambola

Giovanni: “Andare in bambola” è un’espressione informale che indica una perdita di lucidità mentale o una situazione in cui una persona si trova in uno stato di confusione o smarrimento.

Si usa solitamente quando qualcuno diventa confuso o non riesce a ragionare chiaramente. Si tenga sempre presente la logica legata all’uso di “andare in” che abbiamo spiegato due episodi fa, parlando dell’espressione andare in pezzi, andare in malora e in frantumi.

Anche questa rappresenta una condizione in cui ci si può trovare.

Un’alternativa formale a questa espressione potrebbe essere “perdere la capacità di ragionare” o “essere preso da uno stato di confusione mentale“.

Un’ espressione informale simile è “andare in tilt“, di cui ci siamo già occupati, e anche “perdere le staffe” che abbiamo incontrato nell’episodio legato alle arrabbiature, anzi, alle incazzature! Ci sono mille modi per descrivere una condizione simile, ma in questo caso non stiamo parlando di arrabbiarsi, ma di lucidità mentale:

Vediamo qualche esempio:

    • Durante l’esame, sono andato completamente in bambola e non riuscivo a ricordare nulla;
    • Dopo l’incidente, l’autista è rimasto in bambola (o imbambolato) e non riusciva a parlare;
    • Durante la presentazione, il mio collega è andato in bambola e ha dimenticato tutte le sue parole;
    • Il progetto era così complesso che molti membri del team sono andati in bambola, non riuscendo a trovare una soluzione;
    • Il portiere dopo quell’errore è andato in bambola per il resto della partita e l’allenatore ha dovuto sostituirlo col portiere di riserva;
    • Dopo aver subito una serie di sconfitte, la squadra sembra essere andata in bambola e non riesce più a trovare la motivazione;

Andare il tilt direi che è più appropriata in situazioni di stress.

Andare in tilt“, nell’uso figurativo, si riferisce a una persona che perde il controllo emotivo o che smette di funzionare correttamente a causa di un eccesso di stress, pressione o frustrazione.

Invece “andare in bambola” si concentra sulla confusione o sulla perdita di lucidità mentale. Ad ogni modo sono espressioni abbastanza simili.

Ma perché si usa il termine bambola?

Tutti voi sapete che la bambola è un oggetto di solito realizzato in plastica, porcellana, stoffa o altri materiali, che rappresenta una figura umana, spesso simile a un bambino o a una bambina.

Le bambole sono giocattoli tradizionali per i bambini, soprattutto di sesso femminile.

Il termine “bambola” potrebbe essere usato per riferirsi a una persona che perde il controllo del proprio corpo, come una bambola che viene maneggiata senza coordinazione. Questa associazione potrebbe riflettere la perdita di capacità di coordinazione o di movimento di una persona in uno stato di confusione o smarrimento.

Si potrebbe pensare anche all’assenza di reazione o espressione: Una bambola di pezza o un pupazzo possono avere un aspetto immobile e privo di emozioni. Quindi, “andare in bambola” potrebbe indicare una persona che sembra senza reazione o priva di espressione emotiva, come se fosse diventata una bambola.

Ulrike: Da illo tempore ho voglia di visitare la Sicilia. A detta di tanti, che sono stati lì, varrebbe nettamente la pena, anzi, sarebbe persino un dovere. Allora, un giorno, con ogni probabilità, sarò in grado di partire alla volta della Sicilia. Magari alla prossima riunione dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

André: Si dà il caso che, così come Urike, uno dei miei sogni sia fare un giro per la Sicilia e per la Sardegna! Casomai ci dovessi pensare spero non sia una ipotesi peregrina.
Allora! Ditemi voi, ragazzi se siete d’accordo con me!

Carmen: Eh André‚ aggiudicato! Posso immaginare che anche gli altri la pensano come noi. Mi sa che la tua proposta sarà benaccetta da parte di tutti. Se Gianni ci proporrà la Sicilia presumibilmente saranno in tanti a dare il loro beneplacito. Nulla quaestio da parte mia! Quest’incontro (sempre che il sogno si avvererà) sarà senz’altro coi fiocchi, ragion per cui sarà annoverato tra le più straordinarie riunioni di sempre. Mica pizza e ficchi. Insistiamo affinché questa proposta non passi in cavalleria!

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854 Il polverone

Il polverone

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Trascrizione

Agli amanti della pulizia e ai maniaci dell’ordine non piacerà l’episodio di oggi perché è dedicato alla polvere, anzi al polverone!!

Tutti voi sapete cos’è la polvere, ma se non lo sapete, sappiate che si tratta di minutissime particelle che sono sollevate e trasportate dal vento, e che si posano sugli oggetti.

C’è da dire però che la polvere è anche usata come simbolo di una sconfitta subita.

Non è un caso che se in una corsa automobilistica, ad esempio, se un pilota fa mangiare la polvere agli avversari, questo vuol dire che li ha battuti tutti, e questa frase è anche umiliante per gli sconfitti.

La polvere viene alzata dalla macchina che sta davanti a tutte (la prima) e dunque gli altri, stando dietro, sono costretti a “mangiare la polvere“.

Questo è il senso, figurato fino ad un certo punto!

Due volte nella polvere, Due volte sull’altar” diceva il poeta Manzoni nella poesia (il 5 maggio) dedicata a Napoleone, alludendo alle due grandi sconfitte subite, quella di Lipsia del 1813 e quella definitiva di Waterloo del 1815.

Se invece usiamo l’espressione “alzare un polverone” o “fare un polverone” ci riferiamo a situazioni diverse. Non parliamo di sconfitte e umiliazioni.

Parliamo invece di confusione. Torniamo in qualche modo al concetto di ordine e pulizia, ma non dal punto di vista materiale. O meglio, non sempre.

Infatti queste sono espressioni che si usano quando una persona crea molta confusione e disorientamento.

Fare, alzare e sollevare un polverone significa pertanto creare confusione e disorientamento, suscitare una gran quantità di polemiche, spesso allo scopo di allontanare la verità.

Ovviamente posso alzare, sollevare un polverone anche materialmente, sollevando una gran quantità di polvere.

Spesso, nel senso figurato, alzare un polverone è un atto volontario, proprio fatto con l’obiettivo di diminuire la “visibilità“, quindi vedete l’immagine della visibilità che rappresenta la verità che si vuole nascondere cercando di sollevare un polverone.

In realtà però si può alzare un polverone anche nel senso di generare proteste, sollevare polemiche, o animare una discussione introducendo un argomento scottante.

Vi dirò che questo modo di usare il polverone è anche più diffuso.

Qualcuno potrebbe stupirsi dell’uso dei verbi alzare e sollevare. In realtà si usano normalmente anche con la polvere vera e propria:

Cerca di non sollevare la polvere con le scarpe.

Con quel ventilatore stai facendo alzare un sacco di polvere!

Infatti la polvere si trova a terra e da lì può sollevarsi, può essere alzata.

Vediamo qualche frase in cui usiamo il polverone in senso figurato:

Le dichiarazioni del ministro sollevano un polverone nello schieramento di sinistra (polemiche, discussioni)

Stai alzando un polverone su questa storia che in realtà a me risulta molto chiara. Come mai? (volontà di nascondere la verità)

Sul nuovo stadio in costruzione qualcuno prova a sollevare un polverone e polemiche per impedire l’inizio dei lavori (qualcuno prova a creare molta confusione con l’obiettivo di creare ostacoli e problemi)

Alla riunione, la protesta di Giovanni ha sollevato un polverone (ha generato accuse, repliche e polemiche)

L’espressione, quando si descrive la volontà di nascondere la verità, è abbastanza simile all’espressione “buttarla in caciara“, più informale e colloquiale, di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa. Date un’occhiata all’episodio che non fa male.

Adesso ripassiamo:

Estelle: non riesco a capacitarmi della vittoria d’Annie Ernaux per il Premo Nobel della letteratura! Avrei preferito Houellebecq, nonostante non ho letto nemmeno una solo riga scritta da quella donna.

Khaled: Madonna! Ma perché giudicare un autore senza conoscerlo! Per prendere una posizione è necessario avere argomenti oggettivi.
Devo ammettere che non sono dello stesso avviso di Albéric. Non mi piace Houellebecq. Non trovo chiaramente un filo conduttore nel suoi romanzi, i discorsi sembrano troppo slegati l’uno dall’altro e spesso usa anche volgarità.

Ulrike: Ciao Khaled. Neanche per sogno giudicherei un autore o un’autrice o le loro opere senza conoscerle, fermo restando però, che un giudizio per un’autrice che dà voce alle donne, mi sconfinfera già di per sé. Ma questo è un ingenuo sentimento di solidarietà femminile e non ha niente a che spartire con una valutazione del suo valore letterario. Questo è quanto per conto mio.

Marcelo: Ho chiesto su questa autricce al mio collega e per tutta risposta mi ha detto che a lui non piace, ma de gustibus... vedi tu!

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