Vediamo un altro verbo agricolo, cioè che deriva dall’agricoltura, e che si usa anche in modo alternativo.
Abbiamo già visto rivangare. Oggi è il turno di mietere.
Normalmente mietere riguarda il grano. Mietere il grano significa tagliare il grano. Si può fare a mano questa mietitura (cioè usando una falce, per tagliare il grano), ma oggi si fa soprattutto usando una mietitrice meccanica, cioè una macchina agricola.
Ovviamente tutti i cereali, non solo il grano vengono mietuti, e questo avviene quando sono maturi, cioè pronti per essere raccolti.
È tempo di mietere!
Passiamo all’uso figurato. L’Ucraina come sapete è ricca di grano. È da questo paese che proviene una gran quantità di grano che usiamo anche in Italia.
Con la Guerra in Ucraina però adesso ad essere mietute sono soprattutto tantissime vittime.
La guerra in Ucraina ha mietuto e continua a mietere tante vittime, sia ucraine che russe.
In questo caso mietere è un verbo che viene associato ai morti, cioè alle vittime. Tutti i morti? Qualunque tipo di persona viene mietuta quando muore?
Assolutamente no.
La mietitura riguarda solamente le uccisioni, i crimini di guerra, i morti ad opera delle armi o al limite ad opera di terremoti o altre calamità naturali.
Mietere vittime significa uccidere indiscriminatamente, sterminare.
La guerra ha mietuto milioni di vittime
Anche la pandemia ha mietuto tantissime vittime.
Si può dire anche di un assassino che uccide un sacco di persone:
Quel criminale continua a mietere vittime innocenti senza che nessuno intervenga!
A volte si usa anche nello sport, quando una squadra continua a mietere avversari uno dietro l’altro. Evidentemente si tratta di una squadra molto forte che non trova un avversario all’altezza.
L’ho sentito usare anche parlando di esami universitari. Es:
Adesso devi mietere esami a ripetizione per laurearti in tempo.
Si usa anche nel senso di ottenere soddisfazioni:
Mietere ricchezze: accumulare ricchezze, denaro
Mietere onori: ottenere molti riconoscimenti, molti premi
E anche qui c’è il riferimento fugurato ai cereali che vengono raccolti, ai frutti che si ottengono con la mietitura.
Giovanni: di cosa ci occupiamo oggi? Oggi vediamo il termine diktat.
Cos’è un diktat? Vi faccio lo spelling: D come Domodossola, I come Imola, K come Kebab, T come Torino, A come Ancora e ancora T come Torino. Questo mi ricorda un episodio di qualche tempo fa dedicato a come ricordare l’alfabeto italiano e come fare lo spelling.
Diktat: finalmente anche un termine tedesco che si usa nella lingua italiana!
Dunque un diktat è una imposizione unilaterale di volontà che esclude la possibilità di negoziati.
Cioè? Ho usato un linguaggio troppo formale?
Beh non dovete stupirvi perché questo termine viene dalla politica. DIKTAT si traduce come “dettato”. Avete presente il dettato di pace? E avete presente il verbo DETTARE? Ce ne siamo occupati tra i verbi professionali. Vi metto un collegamento per approfondire se volete.
In particolare mi riferisco a dettare delle condizioni – delle condizioni di pace in questo caso.
Il diktat quindi è un trattato di pace imposto dai vincitori ai vinti di una guerra.
Quando si esce da una guerra, ci sono dei vincitori e dei vinti. C’è chi vince e c’è chi perde.
Chi vince detta le condizioni di pace a chi perde la guerra. Ebbene, il complesso delle condizioni, cioè l’insieme di queste condizioni, imposto (cioè non negoziato, non concordato, non deciso insieme) dai vincitori o più in generale da una delle parti, in una guerra o in un trattato internazionale, ebbene questo si chiama proprio diktat. E’ un insieme di condizioni imposto.
Notate che nella pronuncia l’accento spesso cade sulla lettera i. Sarebbe corretto se cadesse però sulla a, come nella lingua tedesca, ma in questo modo si rischia di pronunciare una parola che somiglia ad una barretta per fare uno spuntino (kit kat) o a delle caramelle (tic tac).
Cioè in pratica dunque il diktat è una specie di ordine. Un ordine indiscutibile, perentorio, cioè che non ammette replica o discussione, né prevede una trattativa.
Vi ricordate dell’aut aut? C’è una assonanza con diktat, non dico una ripetizione come “aut aut” ma quasi. L’aut aut è, come abbiamo visto, qualcosa di simile, perché in quel caso c’è l’imposizione di una scelta. Ma almeno è una scelta, per quanto sia.
Con un aut aut, come visto, si mette una persona davanti a un’alternativa, obbligandola a scegliere. Si deve scegliere per forza. C’è un obbligo di scelta nella consapevolezza delle conseguenze in entrambi i casi.
Il diktat invece è ancora più perentorio dell’aut aut, infatti quando si impone unilateralmente una volontà, si dice: tu adesso fai questo e basta. Non sei nelle condizioni di trattare, perché decido io.
È un po’ come dire “o così o pomì” (anche questo è un episodio passato). Un modo simpatico di dire più o meno la stessa cosa.
Ricorderete che o così o pomì è un’espressione colloquiale e molto leggera, che si usa in contesti familiari e quindi non certamente in politica e in contesti formali. Tantomeno si può usare dopo una guerra.
Naturalmente non sempre c’è una guerra quando usiamo il diktat. In politica si usa spesso anche in altri casi e possiamo usarla in particolari casi anche quando parliamo di imposizioni e condizioni unilaterali di altro tipo, quando vogliamo parlare di una imposizione di qualunque tipo.
Arriva dal ministro dell’istruzione un diktat imperativo: la scuola non chiude col Covid.
Un ordine bell’e buono direi! Il ministro non accetta repliche. Si fa così e basta! Perché io sono il ministro. Questo il messaggio che vuole dare il giornalista: decisione, autorità, e a volte anche autoritarismo. Dipende dall’occasione. Forse non è questo il caso.
Non è questo un termine che si usa tanto per usarlo. Questo casomai si fa con molti anglicismi, che si usano tanto per far vedere che si conosce l’inglese molto spesso. Altre volte si usano al lavoro per darsi un tono, o perché fa figo usare l’inglese. e a volte in realtà si dimostra proprio il contrario, cioè che non si conosce l’inglese (vedi “smart working” o “box” che si usano con significato diverso in italiano rispetto all’inglese) Comunque vediamo altri esempi:
Dopo le recenti sconfitte sportive della sua squadra, l’allenatore lancia un diktat: ripartiamo da zero!
Stavolta l’allenatore vuole spingere i suoi giocatori, li vuole rimotivare e cerca di stimolarli. E’ un esempio di diktat “positivo” diciamo.
Un politico può imporre una condizione ai suoi alleati presentandola come una proposta, come qualcosa su cui si possa discutere e trattare, ma se gli alleati non la vedono come una proposta, per protestare con questa imposizione (perché è così che la vedono loro) possono dire:
Questo è un diktat, non una proposta!
cioè:
Questa è una cosa che tu ci vuoi imporre, non una proposta!
Ecco, questo è un esempio “negativo” di utilizzo di questo termine. Si denuncia una imposizione spacciata per proposta.
Marcelo: Sono d’accordo che è un compito bello difficile ma non mandiamo tutto a monte solo per questo. Dobbiamo inculcarci nella mente che se trascuriamo alcuni episodi finiremo per dimenticarli. Allora possiamo anche provare a stilarne uno rischiando un po’. Al netto di alcuni errori sicuri credo che il tentativo si possa apprezzare.
Marguerite: È vero che questa lista contiene parecchi termini che non si prestano bene alla composizione di un ripasso, ma comunque non mettiamo le mani avanti. Proviamoci dai. Coraggio!
Hartmut: A dire la verità al ripasso non c’ho ancora messo mano perché ho ancora da portare a termine delle altre cose incaricatemi dal mio capo Albéric.
Sofie: capo? Ancora ancora collega, ma capo proprio no! Lui è un membro come noi.
Anthony e Xin: Ma per l’amor del cielo! Ho visto che quel mascalzone di Albéric ti ha strizzato l’occhio. Come mai ha fatto quel gesto?
Ulrike: Vabbè ragazzi, ormai è andata. Abbiamo preso di mira il povero Albéric ma ormai ci hai sgamato. Poi il ripasso è quasi finito, e bisogna scherzare nella misura in cui questo è utile.
Peggy: Infatti. Abbiamo imboccato una via pericolosa. A valle di questa gag che abbiamo improvvisato, Albéric potrebbe arrabbiarsi di brutto.
Albéric: so stare agli scherzi. Tranquilli. Ma ben presto pagherete un prezzo congruo. Potete starne certi.