Giovanni: allora avevamo detto che oggi avremmo parlato della giustezza e di una espressione italiana.
Iniziamo dalla giustezza che è la caratteristica delle cose giuste. Semplicemente. Ma l’importante è non confonderla con la giustizia.
La giustezza è la qualità di ciò che è giusto, conveniente o appropriato:
Es:
La giustezza di un provvedimento legislativo si valuta dagli effetti che produce. Altrimenti possiamo dire che è una legge sbagliata. Poi magari è anche giusta o ingiusta. Ma è un altro discorso.
Quindi parliamo della sua adeguatezza, appropriatezza, se vogliamo, la sua bontà.
Allora anziché dire che secondo me Giovanni ha detto una cosa giusta, posso dire:
Devo riconoscere la giustezza delle parole di Giovanni
Attenzione quindi, non possiamo usare la parola giustizia in questo caso.
Un altro esempio:
Devo ammettere che la sua osservazione è giusta.
Esattamente come dire:
Devo ammettere la giustezza della tua osservazione, o del tuo ragionamento.
Probabilmente hai fatto un ragionamento corretto, logico, esatto, quindi giusto. Potrebbe anche darsi che ciò che hai detto risponde al vero.
Se io rivendico la giustezza delle mie azioni, sto dicendo che ciò che ho fatto era giusto che io lo facessi. Non ho sbagliato a comportarmi così.
Se un sindaco di una città decide di mettere le telecamere in una via pericolosa, può dire che questa decisione la ritiene giusta perché ci sono stati dei furti e altri delitti in quella via. Il sindaco pertanto è convinto della giustezza della sua decisione. Era una decisione da prendere.
La giustizia è altra cosa perché c’è di mezzo il diritto di ognuno mediante l’attribuzione di quanto gli è dovuto secondo la ragione o la legge.
Posso dire:
Questa è una legge giusta oppure ingiusta perché alcuni cittadini hanno più diritti di altri. La giustizia è uguale per tutti.
La giustizia infatti è anche un potere pubblico. Quel potere di realizzare il diritto con delle leggi. Per questo esiste il ministero della giustizia.
L’espressione di cui vi parlavo j invece è “non raccontarla giusta“, che è un modo per dubitare delle parole di una persona.
È come dire, usando un linguaggio colloquiale, che una persona o le sue parole non ci convincono,
Quando abbiamo dei sospetti che una persona nasconda qualcosa, tipo un segreto, questa espressione rende benissimo l’idea, soprattutto se questa persona, nei suoi comportamenti o nelle sue parole, non è molto convincente. Potrebbe anche darsi che la sua voce non ci convince oppure c’è qualcosa che non ci torna, forse c’è qualche contraddizione più o meno evidente; evidente quanto basta per farci esclamare:
Giovanni non (me) la racconta giusta! Ha una faccia che non mi piace.
Maria non (me) la racconta giusta. Non si è mai comportata così.
Mi sa che stamani non (ce) l’hai raccontata giusta a me e mamma: dove hai dormito stanotte? Di’ la verità!
Nostro figlio potrebbe non raccontarla/raccontarcela giusta. Dobbiamo verificare!
Perché usiamo “giusta“? Perché le sue parole, o, se vogliamo, la storia che racconta una persona, non sembra giusta, nel senso di logica o sincera, veritiera o poco verosimile.
Non è obbligatorio riferirsi a qualcuno dicendo “non me/ce/ve/te la racconta giusta”. Si può anche dire “non la racconta giusta”.
Si usa al femminile: “giusta“, come si fa in molte altre espressioni tipo:
Farla franca
Dirla tutta
Saperla lunga
Farla finita
Darla a bere
Eccetera. Adesso è il momento giusto direi per un bel ripasso.
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Ulrike: Quindi non ti ha preso mIcain contropiede con questa richiesta? Però, a dire la verità, con il broncio che tenevi oggi sembrava che non ne dovessi avere per nessuno.
Anthony: Questo tuo commento è fuori luogo. Non aveva nessun broncio. Vai a capire perché ti metti ogni tanto a raccontare cose così privedi fondamento.
Mary: Sarà perché Irina si annoia in agosto. Non è mica portata per stare in vacanza. Deve lavorare per ovviare alla sua tendenza di dire stupidaggini. Non me ne volere Irina! Si scherza.
Giuseppina: quando bisogna fare delle distinzioni, c’è una locuzione interessante che potete usare. Abbiamo già visto fare un distinguo, che in particolari frangenti conviene usare in luogo di “fare una distinzione“, specie quando c’è un solo elemento (di solito si parla di persone) diverso dagli altri. Ciò non toglie che si possano fare anche più distinguo. A proposito, conoscete un’altra parola che anche al plurale finisce per “o” come distinguo?
Comunque oggi vediamo un altro modo per fare una distinzione o un distinguo.
Per esempio se qualcuno vi dice che gli italiani sono tutti seduttori, voi potreste rispondere:
Non è proprio così, c’è italiano e italiano.
Vale a dire che non tutti gli italiani sono uguali. C’è quello seduttore e quello timido. Non bisogna generalizzare. Questo è il messaggio di fondo che si vuole trasmettere.
Molto semplice da usare vero? È abbastanza colloquiale come modalità espressiva ma molto efficace, specie come risposta a chi invece vuole fare di tutta l’erba un fascio, altra espressione anche questa molto usata per esprimere una generalizzazione.
Vediamo altri esempi:
Ci sono molti siti web per imparare l’italiano, ma c’è sito e sito, perché non sono mica tutti uguali.
Si può usare con qualsiasi sostantivo. Un uso diverso, tipo con i verbi, non è consigliato.
Io studiavo 5 ore al giorno quando facevo l’università. Ma c’è chi studia persino 9 ore al giorno.
C’è studio e studio però. C’è chi ama studiare in mezzo alla confusione o con la TV accesa ma non credo sia molto produttivo in questo modo.
L’espressione in sé non entra nel merito, non ci spiega il motivo per cui due cose che hanno lo stesso nome sono diverse, quindi bisogna spiegarlo successivamente, a meno che non sia ritenuto necessario.
Si può usare anche al plurale: tutte le regole grammaticali sono importanti?
Direi di no, ci sono regole e regole.
Direi di no, c’è regola e regola.
Potete scegliere la forma che preferite. Anche il tono che usate è importante.
Credo che questa espressione sarà molto usata nei ripassi finali di questa rubrica.
D’altronde non tutte le espressioni sono uguali. C’è espressione e espressione: ci sonoquelle che piacciono di più e quelle di meno, quelle più semplici da usare e quelle più ostiche.
A proposito di ripassi, mi raccomando con tutti gli ascoltatori di italiano semplicemente di non saltare i ripassi, perché vale più la pratica che la grammatica. Quello che segue ad esempio contiene 25 espressioni, locuzioni e termini particolari a cui abbiamo già dedicato un episodio.
Ripasso degli episodi precedenti a cura del membri dell’associazione Italiano Semplicemente
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Bogusia: Vale più la pratica che la grammatica . Su questo non ci piove. Grazie per per avercelo ricordato, Gianni. Io mi arrogo il diritto di dire la mia, di nuovo. Forse non mi compete ma lo faccio lo stesso e credo di averne ben dondetrattandosi di un ripasso. Io da insegnante dovrei insistere sullo studio della grammatica, e dire cose tipo “fate le cose per bene“ . Però non sono nata ieri e so che non è sempre possibile con tutti gli impegni e doveri da svolgere. Neanche ai tempi della scuola lo studio della grammatica andava per la maggiore tra gli studenti. Sfondo per caso una porta apertacon voi? Quale insegnante, riguardo alla grammatica, potrei anche aggiungere: imparatela, sempre che possiate e tempo permettendo ovviamente. Si dà il caso però che la gente oggigiorno disponga solamente di tempo risicato, e bisogna pertanto darsi una regolatacon lo studio della grammatica. Tra l’altro con l’età tanti non se la sentono neanche. Allora perché non provare con le alternative? Non sia mai detto che dobbiate abbandonare la lingua di Dante!
Vale più la pratica che la grammatica (scarica audio)
Video YouTube
Trascrizione
“Vale più la pratica che la grammatica” è un famoso proverbio italiano.
Il significato è molto semplice: l’esperienza vale molto di più della teoria (cioè è molto più importante della teoria, quindi vale di più, ha più valore) e questo non vale (cioè questo non è vero, non è valido) solamente quando si vuole imparare l’italiano.
Sembrerebbe il motto di Italiano Semplicemente. Vero?
Naturalmente ciò non significa che la teoria non sia importante, ma mentre si studia sui libri, cioè mentre si fanno esercizi e si imparano le regole, è necessario mettersi subito alla prova.
Solo così si impara veramente, magari anche facendo brutte figure. In questo modo potremo capire dove sbagliamo, correggerci o semplicemente fare aggiustamenti continui fino alla perfezione.
In ogni campo è sempre così: vale più la pratica che la grammatica.
E oggi avete anche imparato due modi diversi di usare “vale“. Valeva la pena continuare a fare solo esercizi?
“Con troppi galli a cantare non si fa mai giorno” è un famoso proverbio italiano.
Sapete che il gallo è il re del pollaio. E’ il maschio della gallina. Il gallo rappresenta quindi chi comanda nel pollaio, il luogo dove vivono galli e galline, cioè i polli.
Sapete anche che il gallo tutte le mattine, quando sorge il sole, canta, dando il benvenuto al nuovo giorno.
Questo proverbio significa quindi che quando ci sono più persone… non a cantare, ma a comandare, troppe persone che impartiscono ordini, non si sa a chi dare ascolto, quindi nessuno porterà a termine i propri compiti e le imprese non si realizzano
Si può usare ogni volta che troppe persone pretendono di comandare, quando sarebbe bene che ce ne fosse una sola.
“Non si fa mai giorno” significa che non arriva mai il nuovo giorno, che non diventa mai giorno. Il giorno è l’immagine quindi dell’obiettivo da raggiungere, del risultato da realizzare.
Oggi trattiamo un tema importantissimo per affrontare una riunione, un incontro, una tavola rotonda o un incontro professionale di qualsiasi tipo: i suggerimenti. Cos’è un suggerimento? Che significa suggerire? Vediamo dunque come dare un suggerimento, come accettarlo e come rifiutarlo. Esercizi di ripetizione ed esempi Durata: 25 minuti
Giovanni: oggi vediamo un modo particolare di usare la preposizione “da” (quindi senza accento e senza apostrofo).
Questa modalità si usa per esprimere una conseguenza, un effetto.
Ho mangiato tantoda scoppiare
Ho studiato tantoda farmi venire il mal di testa
Non ho tanti soldi da poter acquistare una villa
C’è quindi qualcosa (una causa) che, aumentando di intensità o quantità, determina una conseguenza, un effetto.
Di solito questo “da” si usa insieme a “tanto” (l’abbiamo appena accennato in un episodio passato dedicato a “tanto”) ma si può usare anche insieme a “così” (o anche con talmente) proprio come nell’esempio seguente.
Hai fatto un così bel lavoro da meritare i miei complimenti
Sei così sexy da far venire i brividi
Adesso notiamo una cosa. Questo “da” è molto simile a “che“, e molte volte posso usare l’uno o l’altro. Non però “così che“, che come abbiamo visto nell’episodio 438 ha un altro utilizzo. A volte comunque c’è una preferenza tra “da” e “che”. Vediamo perché.
Sei così irritante che mi fai venir voglia di prenderti a schiaffi.
Sei così irritante da farmi venire voglia di prenderti a schiaffi.
In questo caso è abbastanza indifferente. Possiamo decidere in base alla frase che suona meglio.
Vediamo un altro esempio:
Saremo così bravi da meritarci il primo premio?
Saremo così bravi che ci meriteremo il primo premio?
Vedete che in questo caso “che” non ci sta molto bene. Per due motivi. Prima di tutto la frase è più fluida usando “da”. Suona meglio. Il secondo motivo è da ricercare sul cosa voglio sottolineare. La causa o l’effetto? Vogliamo sottolineare che siamo bravi, tanto bravi, oppure il premio?
In questo caso voglio sottolineare la causa, cioè il motivo, ciò la nostra bravura: la nostra bravura sarà così alta? Arriverà al livello necessario? C’è un’intensità che potrebbe raggiungere un livello necessario a ottenere un risultato (il primo premio). Quindi, per questi due motivi preferisco usare “da” in questo caso.
Invece se dicessi:
L’atmosfera era così tesa che ad un certo punto sono scoppiato a piangere.
Adesso è molto più opportuno usare “che” perché si vuole trasmettere la conseguenza e è tanto più adatto usare “che” quanto più questa conseguenza è improvvisa. Si vuole sottolineare la conseguenza e non la causa. Infatti la frase contiene anche “ad un certo punto” che sottolinea anch’essa la conseguenza.
Invece se io domandassi:
Ma era veramente così tesa da mettersi a piangere?
In questo caso si vuole sottolineare il livello di tensione (la causa) che ha determinato la conseguenza: era così alto? era veramente così alta la tensione? Così alta da mettersi a piangere?
Adesso ripassiamo:
Irina: l’estate è ormai alle porte e io di questi tempi dovrei stare alla largadai grassi e dal cibo spazzatura Bogusia: proprio domenica scorsa ho fatto una capatina in spiaggia, ma oltre a un nutritogruppetto di gabbiani non c’era nessuno. Komi: Comunque vedrete che col caldo e superata l’emergenza, giocoforzal’Italia tornerà affollata di turisti Albèric: aspettiamo a cantare vittoriacon la variante indiana! Khaled: Certo, ad ogni modo per scrupolo sempre meglio vaccinarsi!
Giovanni: Un modo alternativo di dire “numeroso” è “nutrito“.
Sicuramente molti di voi stanno pensando al verbo nutrire e nutrirsi, che hanno a che fare con l’alimentazione. Nutrirsi significa nutrire sé stessi, cioè alimentarsi, ciò mangiare e bere. Il participio passato di questo verbo è proprio nutrito.
Mio figlio è stato nutrito.
Ho nutrito gli animali della fattoria
Oggi mi sono nutrito abbastanza
C’è da dire che il verbo nutrire si usa anche al di fuori dell’alimentazione. Si possono nutrire dubbi, speranze, amore, odio, rancore, gratitudine. In questo caso è simile a coltivare, come si fa con le piante, quindi ha sempre il senso di far crescere, simile a alimentare ancora una volta.
Ma il termine “nutrito” , nel senso di cui voglio parlare oggi è appunto quello di “numeroso” che poco ha a che fare con il verbo nutrire. Poco ma non niente comunque.
Infatti sicuramente, visto che esistono entrambi gli aggettivi, c’è sicuramente un motivo. Evidentemente qualche volta è opportuno usare l’uno e a volte l’altro.
Allora vediamo meglio.
L’aggettivo nutrito, innanzitutto, si usa praticamente solo al singolare perché qualifica un gruppo.
Invece “numeroso” diventa spesso numerosi o numerose, che è come dire molti e molte, tanti e tante, quando si parla di una quantità.
C’erano molte persone al mare oggi
C’erano numerose persone al mare oggi.
Le persone erano numerose.
Quanta persone c’erano? Numerose? Molte? Tante? Parecchie? Svariate?
Il termine nutrito non si usa in questo modo.
Non posso dire: “le persone erano nutrite” e neanche “c’erano nutrite persone”.
Infatti nutrito, sempre al singolare, precede sempre il termine gruppo o numero (di qualcosa), o un termine simile a gruppo e esiste anche al femminile.
Un nutrito gruppo di persone hanno manifestato davanti al parlamento italiano.
Un nutrito manipolo di rapinatori ha assaltato la banca
Un nutrito numero di genitori ha protestato oggi perché contrari alla didattica a distanza
Una nutrita rappresentanza di lavoratori ha manifestato contro il nuovo contratto di lavoro.
Nutrito e nutrita infatti non hanno solo il senso di numeroso, ma anche di notevole, fitto, intenso. C’è una intensità oltre che una numerosità.
Si usa solitamente parlando di persone.
Si usa in particolare per indicare che un gruppo di persone è abbastanza numeroso, e questa numerosità rappresenta la sua forza.
Ci sono in genere interessi coinvolti, e questo gruppo, considerata la sua numerosità, può diventare anche pericoloso, ma non necessariamente.
La cosa che conta è che il gruppo si riunisce per un motivo, legato all’ottenimento di un risultato.
A volte un nutrito gruppo può essere di 10 persone, altre volte di 1000, dipende dal motivo per cui si raggruppano.
Non si parla sempre di persone. A volte si usa semplicemente al posto di numeroso, sempre davanti a “numero” o “gruppo“, e simili.
Si usa quasi sempre per dire che questa numerosità è abbastanza elevata per rappresentare gli interessi di questo gruppo o per destare preoccupazione.
Un nutrito numero di cinghiali oggi ha invaso la piazza del paese.
Evidentemente erano parecchi cinghiali, che, visto il loro numero, facevano paura, rappresentavano un pericolo. Si poteva anche dire molti cinghiali, parecchi, tanti, svariati, numerosi cinghiali, un numero elevato, ma la numerosità non è l’unica cosa che conta in questa frase.
Più raramente, si usa anche solo per non ricorrere a termini come numeroso, numerosi, molti, tanti, che danno appunto solamente l’idea del numero elevato, senza aggiungere altro.
Se dico ad esempio:
Nel Friuli Venezia Giulia ci sono delle valli ricche di fauna: cervi, camosci, tassi, caprioli, che si sommano a un nutrito numero di uccelli tipici dei boschi.
Nutrito quindi è meno freddo come aggettivo, perché non contiene solo il concetto di numerosità.
Qui possiamo quindi ricollegarci al senso del verbo nutrire. Anche la nutrizione serve a dare forza, a vivere o a sopravvivere.
Ecco allora che un nutrito gruppo di persone, sebbene non indichi delle persone che sono state nutrite, alimentate, ugualmente ci dà l’idea di un gruppo che ha una certa importanza, forza, dati dalla numerosità del gruppo.
D’altronde, cone afferma un famoso proverbio, l’unione fa la forza!