I massimi sistemi

I massimi sistemi (ep. 1193) – scarica audio

Trascrizione

Oggi per la rubrica denominata due minuti con Italiano Semplicemente, vi parlerò dei massimi sistemi. È chiaramente una espressione idiomatica.

L’espressione spesso si presenta in questa forma: “Parlare dei massimi sistemi“, o “discutere dei massimi sistemi“.

Un’espressione solitamente usata in modo ironico, ma abbastanza misteriosa per degli studenti non madrelingua: “i massimi sistemi”.
Cosa sono? A cosa servono? E perché tutti, prima o poi, ci caschiamo, e ne parliamo? Oddio, magari non proprio tutti..

L’espressione “parlare dei massimi sistemi” viene dalla filosofia antica, in particolare da Aristotele e poi da Galileo Galilei, che in un’opera del 1632 intitolata “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” parlava dei due principali modelli cosmologici: quello tolemaico e quello copernicano. Questo però è difficile che gli italiani lo sappiano! Resta il fatto che l’espressione è molto utilizzata. Però le stelle e il cosmo non c’entrano nulla con l’uso dell’espressione oggi.

Oggi, nel linguaggio comune, “i massimi sistemi” non sono più i modelli dell’universo. Sono invece i grandi temi, le questioni fondamentali dell’esistenza, della politica, della morale, della scienza, della religione… insomma, tutto ciò che è molto teorico, profondo, spesso anche un po’ inutile da discutere quando…. quando magari si ha fame o si è in ritardo per il lavoro.

Parlare dei massimi sistemi significa quindi filosofare, astrarre, divagare su temi troppo alti per la situazione concreta in cui ci si trova. C’è sempre un po’ di fastidio quando qualcuno parla dei massimi sistemi. Magari perché si crede chissà chi, oppure perché la situazione non richiede discussioni di alto livello teorico o tecnico.

Chi parla dei massimi sistemi non è certamente consapevole di farlo. L’espressione infatti si usa per fare ironia o per polemizzare contro qualcuno.

L’espressione è quindi usata perlopiù in tono ironico, o comunque distaccato, come per dire: “Ok, stai parlando di cose importanti, ma forse stai un po’ esagerando…”

Es:
“Dai, non metterti a parlare dei massimi sistemi adesso, dobbiamo solo decidere dove andare a cena!”

Oppure:
“Ieri sera con Marco abbiamo parlato dei massimi sistemi fino alle tre del mattino: politica, giustizia, il senso della vita…”

Ultimo esempio:
“A volte mi piace fermarmi e riflettere sui massimi sistemi… poi mi ricordo che ho la lavatrice da stendere.”

Chi parla dei massimi sistemi spesso filosofeggia – come si suol dire – fa della retorica, si perde in voli pindarici, si arrovella su problemi irrisolvibili. In alcuni casi si dice anche che sta menando il can per l’aia, cioè che parla tanto per parlare.

Potete usare questa espressione per descrivere chi si prende troppo sul serio o per ironizzare su te stesso quando vuoi sembrare profondo ma stai solo cercando di evitare di lavare i piatti.

Insomma, i massimi sistemi sono lì, in alto, a fluttuare sopra le nostre teste, sempre pronti a scendere sulla tavola quando siamo a cena con amici un po’ troppo intellettuali… o un po’ troppo ubriachi.

Adesso ripassiamo con un ripasso preparato da Marcelo, direttamente dall’Uruguay.

Hartmut. Ciao raga! …sapete che con la nuova rubrica denominata “Accadde il siamo arrivati a più di 160 episodi pieni di espressioni, modi di dire, verbi e vocabolario che hanno arricchito la nostra conoscenza della lingua del Sì?

Ulrike. Si certo, e ho dovuto arrovellarmi il cervello per stare al passo con questa valanga di roba nuova!

Anne Marie: era ora di smettere di girarsi i pollici, e iniziare a fare pratica!

Rauno: Altrimenti si rischia di vincere il premio come lavativo indefesso!

Kerin: Lasciamo gli scherzi da parte, e ricordate quel proverbio che dice: guardare il fuscello del prossimo e non la trave nel proprio!

Christophe: Hai ragione, ma non dimentichiamo le altre rubriche: quella dei 2 Minuti, il linguaggio del calcio, i verbi professionali eccetera, che continuano senza fermarsi.

Edita: Certo, tra diversi siti per imparare italiano, IS è molto divertente. Te lo dico con cognizione di causa e posso dire che IS si distingue perché si fonda sulle sette regole d’oro, vere colonne portanti del metodo.

Carmen. Io direi che è un connubio perfetto tra apprendimento e divertimento. Detto ciò, i responsabili di tutto questo sono Gianni e la rosa di associati che appartengono a molti paesi diversi e che si impegnano a dare il meglio di sé. Io mi annovero tra di essi.

Julien: Amici, adesso metterei la parola fine a questo il dialogo, altrimenti contravveniamo alle regole poc’anzi citate.

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La retorica – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 53)

La retorica (scarica audio)


Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

Trascrizione

Giovanni: Cari membri e cari ascoltatori di Italiano Semplicemente, ben trovati a questo nuovo episodio dedicato al linguaggio della politica, un linguaggio spesso affascinante, altre volte complicato, qualche volta persino fastidioso.

Oggi parliamo di una parola che sicuramente avete già sentito, specialmente nei dibattiti politici, nei talk show, ma anche a scuola, durante lezioni di storia o filosofia. La parola di oggi è: retorica. Per realizzare questo episodio mi sono avvalso (verbo avvalersi) anche dell’intelligenza artificiale che mi ha aiutato a spiegare bene qualche esempio che segue nella spiegazione.

La retorica è dunque la parola del giorno. È detta anche l’arte del parlare bene, e affonda le sue radici nell’antica Grecia, dove era considerata una disciplina fondamentale per chi voleva partecipare alla vita pubblica. Platone, Aristotele, Cicerone… tutti filosofi che hanno riflettuto a lungo sul potere della parola, sulla capacità di convincere, di emozionare, di commuovere o, perché no, di ingannare.

Già, perché la retorica ha un doppio volto: da una parte è l’arte del discorso efficace, dall’altra rischia di diventare l’arte del dire tutto e niente, del girare intorno ai problemi senza affrontarli davvero. Una volta vi ho spiegato la parola fuffa. Non siamo molto lontani.

In politica la parola “retorica” si usa spesso, infatti, in senso negativo. Sentiamo frasi come:

Basta con la solita retorica!

Quella del ministro è solo retorica!

Dietro la retorica dei buoni propositi non c’è nulla di concreto.

In questi casi la retorica è vista come parole vuote, discorsi fatti solo per apparire, per colpire l’ascoltatore, ma senza contenuto reale, senza proposte, senza fatti.

Una sorta di fumo negli occhi.

Ecco, potremmo dire che in politica, la retorica è come il trucco sul volto: può rendere tutto più bello, più credibile, più elegante, ma può anche nascondere difetti, bugie, manipolazioni.

Attenzione però: non tutta la retorica è negativa. Quando un politico riesce a parlare in modo chiaro, coinvolgente, appassionato, e magari riesce anche a spiegare bene un problema complesso, sta usando bene la retorica.

Il problema nasce quando si parla tanto per parlare, quando si usano frasi fatte, parole ad effetto, promesse esagerate, senza dire davvero nulla.

Un altro esempio?

Dobbiamo costruire un futuro migliore, un’Italia più giusta, più verde, più libera!

Risposta:

Bellissimo, certo. Ma come lo facciamo? Quando? Con quali soldi?
Se mancano queste risposte, siamo nel campo della retorica fine a sé stessa.

Vi faccio notare che quando assume una connotazione negativa, accade spesso di usare la preposizione articolata del o della, dello, degli, dei e delle.

Questa costruzione serve a specificare e sottolineare il tipo di discorso vuoto o pomposo a cui ci si riferisce. È un modo per incasellare e criticare un certo stile comunicativo, associandolo subito a un tema.

Es:

La retorica del cambiamento

Il reddito di cittadinanza ha fallito. Con noi, parte una nuova stagione di politiche attive per il lavoro: meno assistenzialismo, più opportunità concrete!

Questo è tipico di governi che annunciano riforme strutturali, anche se i cambiamenti poi si rivelano minimi o confusi.

La retorica dei valori non negoziabili

Difenderemo l’identità culturale dell’Italia e i nostri confini. L’immigrazione si affronta con regole chiare: sicurezza, famiglia, sovranità nazionale. Su questo non si tratta.

Una frase di questo tipo viene spesso usata in chiave identità ria.

La retorica della legalità

Lo Stato deve tornare nei quartieri abbandonati alle mafie. Più forze dell’ordine, più videosorveglianza, più giustizia. Non ci piegheremo mai alla criminalità organizzata.

Questa potrebbe essere una frase pronunciata magari da esponenti che, in parallelo, attaccano magistrati o promuovono condoni fiscali e edilizi.

La retorica del merito

Dobbiamo valorizzare i giovani migliori, non chi ha solo conoscenze o appartenenze. L’università deve premiare chi ha talento, non chi ha rendite di posizione.

È Spesso proclamata in contesti in cui i concorsi pubblici o le nomine seguono logiche politiche.

La retorica della solidarietà

È nostro dovere sostenere le famiglie in difficoltà, i lavoratori poveri, i pensionati

E voi, cosa ne pensate? Vi capita spesso di sentire discorsi pieni di retorica? E vi siete mai accorti di usare voi stessi qualche formula un po’… troppo retorica?

Adesso parlando di retorica, facciamo un breve ripasso dei passati episodi della rubrica:

E mentre i pasdaran del cambiamento promettono l’investitura di una nuova classe dirigente, tra i malpancisti e i cerchiobottisti che affollano l’Emiciclo, continua la bagarre delle parole: si invoca la moral suasion, si parla di meritocrazia come se fosse la panacea di tutti i mali, ma intanto nella stanza dei bottoni si continua a intrallazzare come sempre. Insomma, tra condoni mascherati da riforme e armi di distrazione di massa, resta solo da chiedersi: è l’ennesima vittoria di Pirro… o stiamo davvero andando verso la fumata bianca?

Alla prossima puntata del linguaggio della politica. E come sempre, niente retorica, solo italiano semplice, anzi Semplicemente!

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Trascendere (ep. 1061)

audio mp3

Trascrizione

Il verbo trascendere, come vi ho accennato nello scorso episodio, ha un senso simile a “passare il segno” e a “esagerare”.

Infatti uno dei suoi utilizzi è proprio questo: oltrepassare, superare un limite, si intende un limite non materiale, legato a qualche regola di comportamento ad esempio.

Es:

il tuo comportamento trascende la decenza.

Parliamo di un comportamento che va oltre la decenza, è al di là della decenza, al di là di un livello accettabile di decenza. Quindi parliamo di un comportamento indecente: che trascende la decenza.

È sicuramente un modo molto formale di esprimere un’esagerazione. È solitamente associato ai comportamenti, e si tratta quasi sempre di qualcosa di cui vergognarsi. Esprime una critica con tono severo e distaccato, con un senso spesso di condanna morale.

Non sempre però. Potrei anche dire che:

battendo un record del mondo ho compiuto un’impresa che trascende ogni aspettativa.

Si tratta ancora una volta di qualcosa (un’impresa) che va oltre (va oltre ogni aspettativa).

Sempre molto formale direi.

Si può usare anche in modo intransitivo con lo stesso senso: Andare oltre i limiti imposti dalla convenienza, eccedere in qualcosa. Es:

Se ho trasceso vi chiedo scusa

Sei solito trascendere, stai attento se non vuoi essere etichettato.

Il verbo “trascendere” non ha nulla a che fare con “scendere”. Il contrario piuttosto.

Deriva infatti dal latino: “trans” + “ascendere” cioè salire al di là. Ascendere infatti è proprio il contrario di scendere. Significa salire, ma solitamente non un salire normale, ma ad esempio salire in cielo. Al di là, appunto, di qualcosa. L’ascensore in qualche modo fa eccezione 🙂 per questo motivo alla fine di questo episodio dedicheremo una breve canzoncina proprio all’ascensore, ma inteso come metafora della vita.

Torniamo a “trascendere” che quindi si riferisce a superare o andare oltre i limiti o le barriere, mentre “scendere” si riferisce chiaramente al movimento verso il basso.

Se proprio vogliamo trovare un legame tra trascendere e scendere, posso dirvi che il basso, se vogliamo, possiamo interpretarlo come un qualcosa di negativo, un comportamento che abbassa la stima, che fa scendere il valore di una persona “che trascende”. Questo è solo qualcosa che può aiutare a ricordare il verbo. Dimenticatelo se volete.

La cosa interessante del verbo trascendere è che oltre a questo uso formale legato alle esagerazioni e al superamento di un limite, ha a che fare con la filosofia.

Trascendere” in filosofia si riferisce al concetto di andare oltre l’esperienza ordinaria o il mondo materiale per raggiungere una realtà più profonda o spirituale. In termini filosofici, può indicare il superamento dei confini della conoscenza empirica, materiale, per raggiungere una comprensione più elevata della realtà o dell’essenza delle cose. Questo concetto è centrale in molte tradizioni filosofiche e religiose.

La trascendenza può essere associata a concetti come l’assoluto, l’infinito o l’eterno. In breve, in filosofia, trascendere significa andare oltre (non è nel senso di esagerare però) i confini della realtà empirica per raggiungere una comprensione più profonda della natura dell’esistenza.

Ad esempio potrei dire:

Dio trascende il mondo

In effetti Dio, chiunque esso sia, va oltre i confini materiali. Dio sa tutto e sta ovunque. Decisamente trascendente.

Dio infatti è descritto come onnisciente (sa tutto) e onnipresente (è presente ovunque), caratteristiche che lo rendono trascendente rispetto alla nostra comprensione della realtà empirica, materiale.

Questa trascendenza è un concetto centrale in molte tradizioni religiose e filosofiche che cercano di comprendere la natura dell’esistenza.

Oltre a trascendente esiste anche trascendentale, che ha lo stesso significato ma trascendentale si usa soprattutto per indicare qualcosa che supera un certo grado di normalità, quindi qualcosa che va oltre la normalità.

Ricorderete che abbiamo già incontrato questo termine nell’espressione “niente di trascendentale” che ha un senso simile a “niente di speciale”.

In effetti si usa quasi sempre in questo modo.

Potrei anche dire che, ad esempio:

il compito non presenta difficoltà trascendentali.

Stesso significato.

Domanda: Com’era il compito?

Risposta: “niente di trascendentale“, cioè non era particolarmente difficile, non era un compito che andava oltre rispetto al concetto di normalità, riguardo alla difficoltà.

Adesso ripassiamo parlando di ascensori e per finire la canzone dal titolo “l’ascensore della vita”.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

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Danielle: Proprio di ascensori vuoi parlare? Per me non è il momento propizio per farlo, visto che fino a ieri non abbiamo potuto usare il nostro per quasi 3 settimane… Devi sapere che abitiamo al decimo piano e che soffro ancora dei postumi delle discese e delle salite. Capisco che potreste dirmi: suvvia in fondo c’è un rovescio della medaglia. È stato un bell’allenamento. Ma io ritengo che sia meglio parlarne fra qualche settimana…

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Segue la canzone del giorno dal titolo “l’ascensore della vita”

607 Prenderla con filosofia

Prenderla con filosofia (scarica l’audio)

Trascrizione

Giovanni: quando nella vita accadono cose negative, abbiamo due scelte:

Prenderla bene o prenderla male, vale a dire arrabbiarsi oppure non pensarci più di tanto. Quando la prendiamo bene si può anche dire prenderla con filosofia.

Curiosa espressione questa vero?

Il verbo prendere non deve stupire. Lo abbiamo incontrato molte volte finora.

Prendere qualcosa: se questo qualcosa è un oggetto bisogna usare le mani per prenderlo.

Ma se è un fatto accaduto, decidere come prenderla significa decidere che tipo di impatto questo fatto ha sul tuo morale e quanto riusciamo ad accettare questo fatto e andare avanti. Lo accettiamo con serenità? Oppure no?

Si tratta sempre di cose negative accadute. È facile infatti accettare con serenità le cose positive.

Attenzione a non confondere prenderla con prendersela.

Prenderla si riferisce ad un fatto accaduto o una notizia che si apprende. È questo fatto o questa notizia che si “prende”

Prendersela invece, sempre in senso figurato, significa offendersi oppure accusare qualcuno:

Io me la prendo sempre quando mi prendono in giro (offendersi)

Io me la prendo con te (io accuso te)

Si usa sempre la forma femminile in entrambi i casi: prenderla e Prendersela.

La regina non l’ha presa bene quando Carlo si è sposato con Camilla!

Prenderla bene quindi significa accettare questo fatto senza troppi problemi, e magari scherzarci su.

Se la cosa la si prende male invece ci si concentra troppo su questa cosa, senza riuscire a superarla, ci si rattrista o si resta arrabbiati a lungo.

L’espressione prenderla con filosofia è sostanzialmente come prenderla bene, più o meno come farebbe un filosofo.

Prenderla con filosofia significa mostrare una serena ed equilibrata rassegnazione nelle avversità.

C’è chi dice, ed è qui che l’espressione diventa particolarmente adatta, che la vita stessa debba essere presa con filosofia.

Il che significa che dobbiamo essere sempre pronti ed accettare anche le cose che non ci piacciono. È un stile di pensiero, una filosofia di vita, più che una reazione ad un singolo evento.

L’espressione è particolarmente adatta quando questa reazione serena è stupefacente, quando i guai che accadono sono molto seri e chiunque sarebbe moralmente distrutto.

In effetti a cosa serve la filosofia se non a restare sereni di fronte alle avversità?

La stessa espressione “filosofia di vita” rappresenta un modo di intendere la vita in generale e non solo un modo di reagire agli eventi. È una specie di software che esegue il programma della vita.

La mia personale filosofia di vita ad esempio consiste essenzialmente nel cercare di essere una persona piacevole, cercando sempre di avere un obiettivo ambizioso che tenga viva la mia curiosità e interesse nel mondo.

Ognuno ha una sua personale filosofia di vita e molti la devono ancora scoprire.

Comunque tornando all’espressione di oggi vediamo qualche esempio:

Giovanni: Sofie, hai visto che Marco è stato lasciato sia dalla moglie che dalla sua amante?

Sofie: Ah, e come l’ha presa?

Giovanni: L’ha presa male, infatti è una settimana che non esce di casa.

Sofie: Strano, non è da lui. Di solito Marco prende tutto con filosofia.

Secondo esempio:

Oggi ho visto Mario dopo tanto tempo. Sai che non l’avevo più visto dopo che era stato licenziato e aveva perso sua moglie. Comunque sembra averla presa con filosofia perché era molto allegro.

Terzo esempio:

Giovanni: Non ti dico quante me ne sono successe ultimamente: mi sono rotto una gamba, ho preso il covid, e poi mi è crollata la casa mentre facevo la quarantena. Una tragedia dietro l’altra!

Anthony: Che sarà mai. Dai, prendila con filosofia, in fondo sei ancora vivo.

Giovanni: vorrei vedere te al mio posto!

Adesso mettiamo da parte la filosofia e ripassiamo:

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Bogusia: Buongiorno, mi faccio viva di nuovo . Può darsi che da illo tempore non facciate una capatina a Roma. Sbaglio?
Vorrei farvi qualche domanda.
In primo luogo vi piacerebbe visitare piazza San Pietro piena zeppa di capolavori di artisti annoverati tra i più grandi del mondo? Magari avete in vista un viaggio alla volta di Roma. Io vorrei allora farvi notare qualcosa, come faccio a modo mio di volta in volta.
La pavimentazione di Piazza San Pietro è composta da circa 2 milioni di “sanpietrini” . Ce li avete presenti? Quei pezzi di pavimentazione quadrata si chiamano così, ma uno di loro è estremamente particolare ed il suo nome “il cuore di Nerone” si deve ai bambini che capitavano a giocarci con una palla fatta di stracci. Parlo di parecchio tempo fa, quando videogiochi e cellulari non esistevano ancora.

Marcelo: del nome “sanpietrini” ne ho sentito parlare. e quando sono stato/a in Piazza San Pietro, bisognava correre per vedere quella caterva di capolavori presenti!
Vai a immaginare che potevo imbattermi in uno chiamato il cuore di Nerone!

Ulrike: anch’io a mia volta, ne ho sentito parlare, e ho sentito anche delle leggende, o storielle che dir si voglia, su questo sanpietrino particolare. Ne ho sentita una che però parlava di questa pietra chiamandola “il cuore di Bernini”, che non riuscendo a trovare mai l’amore, avrebbe scolpito il cuore di pietra come simbolo della sua vita priva d’amore. Senz’altro mi è piaciuta questa spiegazione, visto tutto il colonnato che vi ha costruito (parlo di Bernini) e altri capolavori, aveva sicuramente il tempo risicato per cazzeggiare coll’amore.

Albéric: Questa tua storiella ha una certa attinenza con una che conosco io. In effetti anch’io ne ho sentito parlare ma nel mio caso lo hanno chiamato “il cuore di Michelangelo”, il quale essendo votato a fare anche piccoli scherzi, l’avrebbe scolpito lui questo cuore, simbolo del suo cuore spezzato da uno sfortunato amore.

Hartmut: Immagino che con questo numero di sanpietrini sulla Piazza, bisogni davvero armarsi di pazienza per poterlo trovare. Sono restio a farlo da solo però.

Irina: Non la faccio lunga io, e vi dico brevemente come fare a trovare questo sanpietrino. Di primo acchitto sembrerebbe difficile, ma spiegato per bene, dovrebbe risultarvi facile. Sempre che interessi a qualcuno.
Allora è situato nel riquadro “sud-ovest” della Rosa dei Venti, nella fascia che corre tutt’intorno all’obelisco centrale, sul lato sinistro del “libeccio”. Sempre che guardiate la facciata della Basilica.