869 Pararsi il culo/sedere

Pararsi il culo/sedere (scarica audio)

Trascrizione

Pararsi il sedere, o se volete esagerare, pararsi il culo, è un’espressione idiomatica di cui vi avevo accennato nell’episodio numero 698 quando vi ho parlato del termine paravento.

L’episodio di oggi però ha anche a che fare con l’espressione vedere la mala parata, relativa all’episodio 856, dove abbiamo accennato anche a “andare a parare”.

Ebbene, pararsi il sedere è un modo abbastanza creativo per dire “prendere precauzioni per evitare conseguenze spiacevoli a proprio danno“.

Detto molto più semplicemente significa “proteggersi” cioè proteggere sé stessi. Potremmo usare anche il verbo salvaguardare o meglio ancora cautelarsi.

C’è anche un altro verbo che esprime bene il significato di questa espressione: tutelarsi.

In realtà, se però è vero che ci si può parare il culo da soli, cioè ci si può tutelare da soli, si può anche parare il sedere ad altre persone, quindi si possono anche proteggere altre persone. In questo caso il senso è più vicino a proteggere, piuttosto che a cautelarsi.

Nel caso di “pararsi il culo” (riflessivo) quindi, si parla sempre di rischi potenziali, non di fatti già accaduti, ma di possibilità, eventualità.

Se volete, potete dare un’occhiata all’episodio dedicato esplicitamente alle possibilità, all’interno del corso di Italiano Professionale.

Visto che vi sto citando un sacco di episodi passati, ci troviamo spesso nello stesse circostanze di quando abbiamo visto l’espressione per non saper né leggere né scrivere” (episodio 426), nel senso che quando c’è la possibilità che accada qualcosa di rischioso, è opportuno, è appropriato, ragionevole, indicato, fare determinate azioni, prendere determinate precauzioni.

L’immagine a cui si fa riferimento quando si usa l’espressione parare/pararsi il culo è quella ovviamente del sedere, considerata una parte debole del corpo, che quindi occorre proteggere. Non si sa mai arrivi un colpo inaspettato!

Parare il culo significa infatti (in senso letterale) anteporre davanti al sedere qualcosa che ripari dagli urti, dai colpi; colpi che potrebbero arrivare.

Vediamo qualche esempio:

Il mio capo voleva licenziarmi perché non ho partecipato alla riunione stamattina. Fortunatamente un mio collega mi ha parato il sedere dicendo che per errore non ero stato avvertito.

Usato così, non in senso riflessivo, è simile a “il mio amico mi ha salvato”, “mi ha tratto in salvo” o semplicemente “mi ha protetto”.

Oppure:

Giovanni ha mentito alla polizia per pararsi il culo. Se avesse ammesso di essere stato presente durante l’omicidio l’avrebbero potuto accusare.

In questo caso, Giovanni mente (cioè dice una bugia) per prevenire qualcosa di negativo per lui, quindi per tutelarsi, per proteggersi. Per questo ha mentito.

Anche alle bugie abbiamo dedicato almeno un paio di episodi. (primo, secondo).

Si potrebbe dire, che mentendo alla polizia, Giovanni si è comportato da paravento? Perché no!

Si potrebbe dire che Giovanni, vedendo la mala parata, ha preferito mentire? Certo!

In effetti al paravento, come abbiamo visto, non manca la furbizia e all’occasione è capace di pararsi il culo, non appena vede la mala parata.

Vedete come queste espressioni possono utilizzarsi negli stessi contesti.

Abbiamo visto qualche tempo fa anche “non sia mai”, un’altra espressione adatta a descrivere una previsione e un accorgimento che è sempre bene prendere. Anche “non sia mai detto” va nella stessa direzione. Anche qui abbiamo un episodio.

Quando non usare, invece, l’espressione di oggi? Direi che non è il caso di farlo quando le conseguenze di una mancata tutela, accortezza, precauzione o accorgimento, non sono così gravi.

Se ad esempio presumo che pioverà, prendere l’ombrello non rappresenta un modo per pararsi il sedere, perché non è così grave. Non c’è in questo caso una colpa, una conseguenza potenziale così negativa, una eventualità che espone ad un rischio serio. Non c’è neanche il rischio di essere accusati o incriminati o colpevolizzati da altre persone.

Quella di prendere l’ombrello può essere considerata una cautela, una precauzione, una accortezza, ma niente di più.

Un’altra espressione di cui abbiamo parlato già e che ci fa pensare a delle conseguenze poco gravi derivanti da una mancata attenzione o accortezza è “la frittata è fatta“.

L’espressione di oggi, manco a dirlo, è anch’essa naturalmente molto informale (forse non è necessario sottolinearlo).

Vi ho abbastanza appesantito oggi vero?

Allora, se ne sentite il bisogno, facciamo un ulteriore ripasso con l’aiuto di alcuni membri dell’associazione.

Io intanto vi saluto e ci sentiamo al prossimo episodio di italiano semplicemente. Per concludere in bellezza quindi chiedo ai membri dell’associazione se hanno un ripasso già pronto.

Che mi dite, cari membri?

Marcelo: oggi, benedetto Giovanni, in quanto a ripassi non abbiamo proprio di che lamentarci. Non ce l’hai una domanda di riserva?

Edita: in effetti non ci sei andato piano per niente con noi poveri non madrelingua.

Peggy: tra l’altro pretendendo un ripasso così, d’emblée, senza pensarci, rischiamo di dire un sacco di castronerie. La cosa non è molto edificante.

Fatima: vabbè, in linea di massima Giovanni credo si possa accontentare oggi. Tra le altre cose, non ne abbiamo più!

_ _ _ _ _

Gli esercizi per questo episodio sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (LOGIN)

Se non sei membro puoi registrarti qui

richiesta adesione

816 Le terga

Le terga

(scarica audio)

Per i membri (registrati)

Trascrizione

Giovanni:

Episodio 816 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. Da questo episodio ci sarà anche un modo per mettersi alla prova dopo aver letto e ascoltato la spiegazione: un file pdf a disposizione che potrete scaricare e stampare. Ci sono 10 semplici frasi da completare con le parole chiave dell’episodio. Nella seconda pagina troverete anche le soluzioni. Per poter visualizzare e scaricare questo file è necessario iscriversi all’associazione Italiano Semplicemente. 

Ma iniziamo con la spiegazione.

Come si chiama quella cosa che sta davanti e dietro ad ogni automobile, dove ci sono scritti numeri e lettere?

Si chiama targa. La targa è, più in generale, una sottile piastra di metallo che porta incisa una scritta, delle lettere, numeri o indicazioni.

Quella dei veicoli riporta la sua carta d’identità, e sta sempre dietro ogni veicolo.

Ebbene, anche se le targhe si trovano dietro le macchine (oltre che davanti nel caso delle autovetture), la targa non ha niente a che fare con le terga. Anche le terga stanno dietro, ma stanno solamente dietro.

Il termine terga è il femminile di tergo e significa proprio dorso, schiena, dietro.

Vi spiego meglio.

Notate innanzitutto che terga è femminile plurale e il singolare femminile (la terga) non esiste e non esiste neanche il plurale maschile.

Le terga indicano, a seconda delle occasioni, le spalle, la parte posteriore del corpo oppure il sedere, che sempre nella parte posteriore del corpo si trova.

Di uso frequente è l’espressione voltare le terga (o voltare il tergo). Significa volgere le spalle, voltare le spalle, ma con un atteggiamento di sprezzo, con ostilità.

Una persona che volta le terga ad un’altra, praticamente si volta dall’altra parte, si gira, le dà le spalle, e questo indica la mancanza di un aiuto, anzi una indifferenza verso i problemi di questa persona a cui vengono voltate le terga. Le terga in questo caso indicano vagamente anche il sedere oltre alle spalle.

La forma maschile, dicevo, è tergo. La locuzione “a tergo” si usa spesso in contesti tecnici per indicare che una cosa si trova dietro un’altra.

A parte questo uso tecnico, sul quale non mi soffermo, “a tergo” si usa anche nel senso di dopo, successivamente. Molto giornalistico come uso:

A tergo dell’incontro con il presidente, si terrà una conferenza stampa.

Abbiamo deciso, a tergo della conferenza di oggi, di non appoggiare più il Governo.

A tergo” si usa spesso anche per indicare la parte posteriore di un foglio di carta. È una alternativa a “retro“, però retro si usa in senso materiale, tipo fare una stampa fronte-retro, cioè stampare su entrambi i lati del foglio.

Tergo, oltre ad essere più formale, si usa in particolare per rinviare a quanto è scritto nel retro di un foglio, cioè per indicare che bisogna leggere dietro, che bisogna leggere o scrivere o porre attenzione al retro di un foglio.

Es:

A tergo del presente documento potete trovare le indicazioni per raggiungere l’hotel in cui si terrà l’incontro.

Si prega di firmare a tergo dell’assegno

Si deve apporre la firma a tergo della scheda elettorale

Nello sport si usa spesso invece “da tergo”.

Un calciatore ad esempio, interviene da tergo quando commette un fallo su un altro giocatore, cioè quando fa un intervento irregolare intervenendo da tergo, cioè da dietro. Il giocatore che riceve il fallo quindi non vede nulla. Per questo gli interventi da tergo sono molto pericolosi. Si usa spesso nelle radiocronache delle partite di calcio.

Al di là del calcio, posso anche dire che non ho partecipato alla riunione ma l’ho seguita da tergo. Cioè ho assistito senza partecipare, da dietro. Mi trovavo fisicamente dietro rispetto alle persone che partecipavano.

Torniamo alle terga, al plurale.

Abbiamo già parlato di voltare le terga e abbiamo detto che le terga indicano, a seconda delle occasioni, le spalle, la schiena, il dorso, cioè la parte posteriore del corpo, oppure il sedere.

Infatti se vedo una persona seduta sulla mia automobile, io, che ne sono molto geloso, potrei dire:

Potresti togliere le terga dalla mia auto?

Si tratta di un invito ad alzarsi o a “alzare le chiappe” se volessi essere più esplicito e volgare.

Oppure posso dire:

Chiunque abbia mai messo le terga su una bicicletta sa bene che è uno sport molto faticoso.

Dopo due ore passate in bicicletta poi è facile esclamare: ah, le mie povere terga!

A volte è un modo per evitare di dire chiappe o sedere o culo.

Un altro esempio:

I politici italiani tolgono difficilmente le proprie terga dalle poltrone del governo.

È l’ora del ripasso che come sempre avviene a tergo dell’episodio, e dopo potrete mettervi alla prova rispondendo alle 10 domande sul presente episodio per capire quanto avete appreso da 1 a 10.

Rauno: Ah Gianni, ci risiamo! Si fa presto a dire facciamo un ripasso. Ed io, valutando l’utilità per il mio apprendimento, generalmente mi sento seduta stante disposta a mettermi all’opera, ma quanto devo scervellarmi prima che si apra una breccia creativa che mi ispiri un tema degno di nota!

Marcelo: per essere un di cui dell’ episodio, niente male come ripasso!

Peggy: io invece, ho appena letto l’episodio che verte su Viterbo. Desidero assai visitarla in men che non si dica. Ora che faccio, mi incammino verso questa città dei papi come una vera pellegrina? Vabbè, forse è solo un pio desidero visto che sta facendo questo caldo, senza contare che sono decisamente a corto di tempo.