Il malcostume – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 38)

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Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il termine malcostume.

Questo termine deriva chiaramente da male (cattivo, negativo) + costume.

Il termine “costume” non si riferisce in questo caso al costume da bagno.

Sappiamo che il termine costume indica infatti anche un capo d’abbigliamento. Il costume si indossa al mare, al lago o in piscina.

Il termine costume però si usa anche per indicare gli usi, le tradizioni o le prassi di un popolo una comunità oppure all’interno di un sistema politico o di una determinata istituzione.

Il “malcostume” (si scrive tutto attaccato) si riferisce a un comportamento o una pratica (o condotta) socialmente inaccettabile, considerata volgare, indecente o immorale. Non si usa solamente parlando di società e politica.

Può anche indicare un abbigliamento o uno stile inappropriato, che viola i canoni culturali o di buon gusto.

Il malcostume può però variare a seconda del contesto culturale, delle norme sociali e delle convenzioni di una determinata comunità.

Ad esempio, ciò che potrebbe essere considerato un malcostume in un certo paese o in un ambiente lavorativo, potrebbe essere accettabile in un ambiente informale o durante certe occasioni sociali o in altri paesi.

L’uso del termine “malcostume” può variare anche a seconda del contesto specifico. La politca è appunto uno di questi.

In particolare in questo contesto il malcostume viene “denunciato” o “condannato“.

Ad ogni modo può essere utilizzato per riferirsi a comportamenti o abbigliamenti provocatori, volgari o di cattivo gusto.

Può essere impiegato per criticare l’eccessiva esibizione del corpo, l’uso di un linguaggio volgare o osceno, la mancanza di rispetto per le norme sociali o l’abbigliamento inappropriato per un determinato evento.

In generale viene utilizzato per sottolineare la non conformità alle aspettative sociali riguardanti il comportamento e l’abbigliamento.

Spesso viene associato a un giudizio negativo sulla condotta delle persone coinvolte. Per condotta si intende il comportamento abituale di un individuo nei suoi rapporti sociali. Anche a scuola esiste la condotta. In particolare esiste il “voto in condotta” che è un giudizio dato sul comportamento sociale dello studente.

In contesti politici, il malcostume può essere utilizzato per riferirsi a comportamenti o pratiche ritenute moralmente o eticamente inappropriati da parte di politici o figure pubbliche. Si denuncia nel senso che si dichiara pubblicamente che c’è un comportamento negativo che va condannato, che non va bene perché nuoce, va male alla società.

Parliamo del “costume politico“, che in particolare riguarda le norme non scritte o le convenzioni che governano il comportamento dei politici, i processi decisionali e le dinamiche delle istituzioni politiche.

Ad esempio, il “costume politico” può riguardare l’etica nella politica, come il rispetto delle regole di trasparenza e l’onestà.

Quando si parla di “malcostume” in un contesto politico, ci si riferisce pertanto a comportamenti o pratiche che violano (attenzione all’accento) o sono contrari a queste norme non scritte.

Ad esempio la corruzione, l’uso abusivo del potere, la violazione delle regole etiche o la mancanza di rispetto per il processo democratico possono essere considerati forme di “malcostume” politico.

Il nepotismo, la tangente (ne abbiamo già parlato, ricordate?) o l’abuso di potere per ottenere benefici personali o finanziari illeciti.

Ogni comportamento sleale può comunque essere condannato e segnalato come malcostume. Il termine potrebbe essere infatti utilizzato per condannare azioni sleali o scorrette durante le campagne elettorali, come la diffusione di informazioni false o calunniose sugli avversari politici.

Un abuso di autorità ad esempio. Il malcostume potrebbe essere menzionato per indicare l’uso improprio del potere o l’abuso di autorità da parte di politici, ad esempio nel caso di violazioni dei diritti umani o della libertà di stampa.

Il termine potrebbe essere impiegato anche per criticare politici che non rispettano le regole etiche o le norme di comportamento attese, come l’utilizzo di informazioni riservate a proprio vantaggio o la mancanza di trasparenza nelle attività politiche.

L’aggettivo “scostumato” è interessante perché questo aggettivo viene utilizzato per descrivere generalmente una singola persona o un comportamento che è considerato volgare, indecente o moralmente inaccettabile.

Il malcostume indica invece, in genere, un comportamento non di un singolo, ma di un gruppo, di una parte di una comunità: una abitudine diffusa.

Scostumato si usa per un individuo che si comporta in modo contrario alle norme sociali, anche in maniera provocatoria o offensiva: l’uso di un linguaggio volgare, gesti osceni o abbigliamento provocante, uno stile inappropriato, che viola (notate sempre l’accento. Il verbo è violare) i canoni culturali o di buon gusto. Un aggettivo, questo, che non si usa in genere parlando di politica.

Se una persona va in giro nuda si può dire che è una persona scostumata.

È un sinonimo di “volgare” e sintomo di cattiva educazione. È però un aggettivo abbastanza formale. Gli adolescenti e i giovani non lo usano. In tv si sente a volte ma è pronunciato da persone educate che non vogliono essere volgari.

Vediamo qualche esempio di come usare il termine malcostume:

Bisogna colpire il malcostume diffuso attraverso la vigilanza e il controllo.

È necessario prevenire il malcostume all’interno della magistratura.

Troppe persone non fanno correttamente la raccolta differenziata dei rifiuti. Questo malcostume è irrispettoso nei confronti della legge.

Dilaga (verbo dilagare, che indica una diffusione nella società) il malcostume tra i dipendenti pubblici nel comune, troppo facilmente corrompibili dalla malavita organizzata.

Avrete capito che il malcostume va combattuto, va condannato, va demonizzato, perseguito e prevenuto in ogni ambito perché è un male di una società e potrebbe dilagare. Ho usato anche il verbo perseguire. Meglio se lo spieghiamo nel prossimo episodio dedicato al linguaggio della politica.

Alla prossima.

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Il retaggio (Ep. 915)

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Trascrizione

retaggio

Giovanni: avete mai ascoltato o letto da qualche parte il termine “retaggio“.

Può risultare complicato per un non madrelingua, e allora vediamo come posso spiegarvi questa parolina e a quali termini più familiari potrebbe somigliare.

Il termine “retaggio” si riferisce ad una tradizione, a qualcosa che viene dal passato.

Non posso però sostituire sempre “tradizione” con “retaggio“. Infatti una tradizione è l’insieme delle memorie, delle notizie e delle testimonianze trasmesse da una generazione all’altra. La tradizione è l’insieme degli usi e dei costumi che sono trasmessi da una generazione all’altra e diventano una sorta di regole.

E’ traduzione, in Italia, fare i regali ai bambini la notte di Natale.

E’ tradizione, nel nostro hotel, offrire un cioccolatino ad ogni ospite.

Da oltre 25 anni è tradizione nella nostra famiglia andare al ristorante la sera prima di partire per le vacanze.

Una tradizione è qualcosa che si fa da molto tempo, una specie di abitudine che si tramanda negli anni. “Tramandare” è un verbo interessante perché significa trasmettere nel tempo, attraverso le generazioni. Sono proprio le tradizioni che si tramandano. Si tramanda la memoria di un fatto, le usanze che si tramandano da secoli.

Anche un’opera può essere considerata degna di essere tramandata ai posteri.

Un retaggio però è più un’eredità culturale o storica che viene trasmessa da una generazione all’altra. Attenzione perché non posso usare il termine retaggio parlando del passato in generale, perché (quasi sempre) parliamo di generazioni, di cose che durano nei secoli.

Ecco alcuni esempi di utilizzo del termine “retaggio“:

Il retaggio culturale di una nazione comprende le sue tradizioni, i suoi costumi e le sue credenze religiose.

Il retaggio storico di una città può includere monumenti, edifici antichi e documenti storici.

Il molti paesi è ancora molto forte il retaggio culturale che vede la donna come un individuo sottoposto all’uomo.

Il retaggio, come in quest’ultimo caso, è spesso qualcosa di cui faremmo volentieri a meno, ma l’influenza del passato si fa sempre sentire e non è un’operazione facile e veloce cambiare la cultura e le idee che nel passato erano molto forti.

Si usa infatti di frequente per indicare qualcosa che si fa o si pensa da sempre o da molto tempo ma che non ha più molto senso o addirittura è molto negativo.

Il termine può anche indicare ciò che resta di una cultura, di un’epoca o di un’opera dopo la sua scomparsa o la sua fine.

Simili al “retaggio” sono anche “eredità“, “patrimonio“, e anche “memoria“.

Eredità” si usa però ad esempio prevalentemente parlando di ciò che viene trasmesso agli eredi in caso di morte, quindi si parla di beni che vengono lasciati ai parenti. esistono però anche le eredità culturali.

Il “retaggio” si usa quasi sempre in contesti storici, culturali o artistici, ma può essere utilizzato anche in riferimento a un individuo o un’impresa.

Accade anche che il termine si riferisca a qualcosa di prezioso che viene trasmesso da una generazione all’altra e che ha un valore duraturo.

Si parla quindi in generale di influenza del passato sul presente.

Es:

Qual è il retaggio di Dante Alighieri che ha influenzato le opere di Michelangelo e di altri artisti?

Cioè quale influenza ha avuto Dante?

Non sentirete mai un adolescente usare il termine retaggio e molto probabilmente neanche una persona non madrelingua a meno che non sia di livello molto alto.

I giornalisti e in generale le persone più colte lo usano molto spesso, sia in termini positivi che negativi.

Dicevo che generalmente si parla di qualcosa che passa da generazione in generazione.

Non sempre è così. Solo per farvi un esempio, si può dire che la paura del buio non è solo tipica dei bambini. A soffrirne infatti sono spesso anche gli adulti: è un retaggio della loro infanzia.

Come a dire che è una cosa che viene da lontano, dalla loro infanzia e che ancora non sono riusciti a superare.

Adesso ripassiamo un po’ gli episodi passati. Vediamo un dialogo divertente tra i membri dell’associazione Italiano Semplicemente che si sfidano per capire qual è la migliore nazione al mondo.

Ascoltiamo un rappresentante francese, una belga, una taiwanese, una tedesca, una Ceca, un argentino e, dulcis in fundo, un brasiliano.

Sofie (Belgio): hei ragazzi, buongiorno! Come state? Io sono contenta, anzi contentissima di essere qui con voi, ma devo dire che il Belgio è la vera perla dell’Europa, direi un paese sui generis. Noi abbiamo la migliore birra, il miglior cioccolato e le migliori patatine fritte. Che ne dite, siete d’accordo?

Ulrike (Tedesca): (ridacchiando) Oh, davvero? Evidentemente non sei di casa in Germania. Altrimenti sapresti che la nostra birra viene annoverata fra le migliori birre di tutto il mondo. E non solo! Da noi vi è una tecnologia per eccellenza e l’economia più forte dell’Unione Europea.

Estelle (Francese): senza dubbio in Francia c’è il gotha della gastronomia. Checché ne dicano gli altri in merito, le migliori specialità gastronomiche sono appannaggio del nostro paese. Possiamo avvalerci dei migliori chef e per giunta la Francia brilla anche in materia di haute-couture.
Poi è ben risaputo che Parigi sia la città più romantica del mondo. Questo è quanto. Vi basta?

Marcelo (Argentino): Dal canto mio dico che non puoi battere l’Argentina per il calcio (la Francia lo sa bene), ma abbiamo anche il tango e l’asado (la grigliata). Abbiamo anche il paesaggio più spettacolare al mondo con le Ande e le cascate di Iguazù. Siamo noti per gente come Maradona, Messi, Papa Francesco e tanti premi nobel. Difficile che altri paesi possano detenere un simile primato.

Peggy (Taiwanese): Tutti voi siete ancora sotto la preoccupazione di cibo e bevande, il che si, per essere importante è importante, ma siete al corrente della tecnologia di Taiwan? Noi disponiamo del fior fiore della tecnologia e dei computer più veloci, senza contare le nostre biciclette all’avanguardia. Ah! È l’ora di pedalare un po’! Ciao!

Edita (Ceca): Accetto anch’io questa sfida. Sappiate però che le aziende ceche sono i leader mondiali assoluti nella produzione di microscopi, letti medici e macchine per la produzione di nano fibre. Mica pizza e fichi! E per quanto riguarda la birra, la nostra Pilsner Urquel è semplicemente la migliore, ed è per questo che siamo al primo posto nella classifica del consumo di birra. Un ceco beve in media un terzo di più di un tedesco! Per carità, non è che voglio demonizzare gli astemi!

André (Brasiliano): ragazzi, per quanto riguardo tutto quello che avete detto circa i vostri paesi, nulla quaestio, ma penso che la cosa più importante sia la relazione tra le persone, quindi sono costretto a dirvelo: un popolo più accogliente e caloroso di quello brasiliano non esiste! Qui non ci piove! Chiedetelo a qualcuno che è venuto qua, ad esempio il nostro presidente, che non mi smentirà, ne sono sicuro!

Giovanni: beh, pare che ci sia una bella diatriba sulla migliore birra. Allora facciamo una cosa: quest’estate durante la riunione dei membri lo potremo verificare attraverso una votazione ufficiale. Voterò anch’io, anche se personalmente preferisco il vino. Non so perché, sarà forse per via del retaggio gastronomico italiano!

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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