Il profilo – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 37)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Il profilo (episodio n. 37) – (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

In questa sezione, lo ricordo, l’argomento è “lavorare in Italia”.

Nel passato episodio abbiamo parlato del Curriculum e dei verbi redigere, scrivere e compilare.

Siamo quindi in un momento particolare, quello della nostra presentazione.

Vi ho anche detto che ciò che emerge, una volta redatto il curriculum, è il cosiddetto profilo professionale di una persona.

Conviene aprire una parentesi sul termine profilo.

Nel nostro caso, quindi in ambito professionale, parliamo del profilo professionale, vale a dire dell’insieme delle attività e delle caratteristiche che definiscono, che caratterizzano una persona. In realtà si parla spesso di “figura professionale” della quale un’azienda è alla ricerca.

Una figura professionale non è una persona fisica, ma rappresenta delle caratteristiche, una persona ipotetica che ha certe caratteristiche, quindi rappresenta un certo profilo professionale.

Per questo motivo al posto di “profilo professionale“, possiamo parlare anche di “figura professionale“. Sono due modi per descrivere una professionalità, una persona con specifiche caratteristiche professionali.

Si tratta di una sintetica descrizione delle mansioni e della professionalità necessarie a svolgere determinate funzioni, quindi necessarie a fare un certo lavoro.

Dal punto di vista di un lavoratore, scrivere un curriculum aiuta a comunicare all’esterno (cioè alle aziende che cercano lavoratori) cosa si è in grado di fare. Permette al lavoratore di potersi identificare in una specifica figura professionale; permette di far riconoscere le proprie capacità a chi ne ha bisogno.

Dal punto di vista di un datore di lavoro, (di un’azienda) invece, che sta cercando personale da assumere o ingaggiare (possiamo usare anche questo verbo) è importante sapere se delle persone rispondono a un certo profilo professionale.

Strano questo utilizzo del verbo rispondere vero?

rispondere a Rispondere a un certo profilo professionale significa avere le caratteristiche richieste, le caratteristiche della figura professionale richiesta.

Quindi, se un lavoratore risponde a quella figura professionale, allora l’azienda sa che questo lavoratore è effettivamente capace di portare a termine quel lavoro, e quindi è una garanzia. per l’azienda.

Ma tornando al concetto di “profilo“, questo termine ha più significati. C’è però un senso comune, quello di descrivere qualcosa, di avere indicazioni su qualcosa o qualcuno.

Ciascuno di noi, se si mette di profilo, ad esempio, si gira su un lato, quello sinistro o quello destro. Il termine profilo si usa spesso in questo senso, e si parla della linea che delimita un oggetto alla vista, fornendo i dati essenziali per individuarne o ricostruirne l’aspetto.

Una persona, quando è vista di profilo infatti, si vede meglio se ha il naso pronunciato, cioè più grande del normale, o se ha il mento sporgente. Poi il profilo destro è diverso da quello sinistro.

Alle persone che vengono arrestate, che vengono messe in prigione, vengono scattate tre foto, una di fronte e due si profilo.

di profilo

Quindi mettersi di profilo significa girarsi di fianco.

In questo modo si vede la linea del volto, dalla fronte al mento, perché la testa si presenta di fianco.

Ci sono persone che hanno un bel profilo, altre che hanno un profilo regolare, cioè senza segni particolari che ne evidenziano una caratteristica poco comune.

Dal profilo quindi, anche quello relativo al viso, emergono le caratteristiche di una persona.

Anche un oggetto ha un profilo, quando viene visto lateralmente.

Se parliamo del significato in ambito letterario, possiamo anche scrivere un profilo.
Si tratta in questo caso di un breve e sintetico saggio critico-descrittivo di un autore.

Se volete, ad esempio, conoscere un profilo di Dante Alighieri, non dovete leggere il suo curriculum, ma la descrizione che ne fa un critico letterario.

alto e basso profilo

Si parla spesso, in politica, di personaggi di alto o basso profilo, intendendo in questo caso persone con profili “professionali” importanti (alto profilo) o poco importanti (basso profilo). Una persona di alto profilo è indiscutibile da questo punto di vista, perché è nota a tutti come una persona molto competente.

Esiste anche l’espressione “mantenere un profilo basso“, che significa cercare di non farsi notare troppo. E’ un comportamento di coloro che non vogliono attirare l’attenzione, e quindi parlano con un tono pacato, controllato, senza prendere una posizione forte su un argomento. Queste persone in pratica cercano di “passare inosservate” e quindi di non farsi notare.

Esiste anche il verbo profilare. Si intende il disegnare una figura tracciandone i contorni, quindi come tratteggiare. Ma se la figura è una figura professionale, perché un’azienda ha bisogno di una specifica figura professionale, profilare questa figura professionale significa scrivere le caratteristiche professionali.

Ci sarà una persona, all’interno dell’azienda che dovrà profilare questa figura professionale, dovrà quindi descrivere la persona di cui necessita l’azienda elencando le caratteristiche richieste.

Interessante l’uso riflessivo del verbo profilare.

il verbo profilarsi

Si profila/profilano” è una modalità particolare che non ha niente a che vedere con il profilo di nessun tipo. L’uso è pertanto figurato. Profilarsi significa apparire imminente o probabile, preannunciarsi.

Quando una situazione sembra volgere in un certo modo, quando le cose sembrano andare in un certo modo, quando il futuro sembra abbastanza prevedibile, posso usare il verbo profilarsi.

Es:

Si profila un periodo di recessione per l’Europa

Quindi sembra che nel prossimo futuro ci sarà una recessione.

Dopo le recenti elezioni, si profila un periodo difficile per l’Italia.

Se mio figlio a scuola inizia a prendere brutte votazioni, brutti voti nelle varie materie scolastiche, posso dire:

Sembra profilarsi un anno scolastico difficile.

È un modo abbastanza ricercato per descrivere il probabile futuro.

Normalmente diremmo:

Secondo me le cose andranno così…

Le cose sembrano mettersi bene/male

Il prossimo futuro appare…

A giudicare da quanto sta accadendo, secondo me adesso….

Stando a quanto sta accadendo….

La questione promette/non promette bene

Eccetera.

Per finire vediamo alcuni tra i profili professionali più ricercati in Italia, vale a dire le figure professionali più richieste:

Manager esperto di e-commerce cioè di commercio elettronico

Ne avrei bisogno anch’io…

In Italia però si cercano soprattutto insegnanti, medici e infermieri. Soprattutto dopo la pandemia.

Se il vostro profilo risponde a una di queste figure professionali, sicuramente non avrete problemi a trovare lavoro.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.

861 Hai detto niente!

Hai detto niente! (scarica audio)

Trascrizione

Oggi ci occupiamo di una esclamazione: Hai detto niente!

Questa è una esclamazione tipica italiana direi intraducibile in altre lingue. Fortunatamente per voi, studenti non madrelingua, abbiamo già trattato due espressioni abbastanza simili recentemente.

Sto parlando di “buttalo via!“, anche questa un’esclamazione, e “chiamalo fesso!“.

Tra le due, l’espressione di oggi è più simile alla prima, cioè a “buttalo via!“.

Vediamo qualche esempio di utilizzo di questa nuova esclamazione:

Due studenti stranieri parlano di Italiano Semplicemente, il primo dice:

Studente 1: Ho iniziato da poco ad ascoltare gli episodi di Italiano Semplicemente”. Per ora ho ascoltato solamente 300 episodi.

Studente 2: hai detto niente!

Con questa risposta il secondo studente esprime uno stupore. E’ stupito del fatto che il primo studente dice di aver ascoltato “solo” 300 episodi. Per il secondo studente 300 episodi non sono affatto pochi, anzi!

“Hai detto niente!” in questo caso significa:

Non sono per niente pochi 300 episodi, perché hai detto solamente 300 episodi? Per me sono tanti!

In genere ci sono due persone che hanno una opinione diversa riguardo all’importanza di qualcosa, oppure semplicemente si vuole evidenziare l’importanza di qualcosa che viene sottovalutato. Possiamo parlare di una quantità, o di un livello. Bisogna poi essere almeno in due per poter usare questa esclamazione.

Vediamo un altro esempio.

Un uomo parla del figlio Giovanni con un amico.

Padre: Sai, Giovanni ha trovato un lavoretto durante il weekend. Lavora in una pizzeria ma lo pagano poco: 100 euro al giorno.

Amico: 100 euro al giorno? E hai detto niente! Credo si possa accontentare!

Anche in questo caso si esprime uno stupore per la frase pronunciata dal padre di Giovanni. L’amico vuole evidenziare che 100 euro al giorno non sono pochi in fondo. 100 euro al giorno “non sono niente“.

Notate come in questo caso l’amico avrebbe anche potuto rispondere

100 euro al giorno? Buttali via!

100 euro al giorno? Mica sono pochi!

100 euro al giorno? Non si deve lamentare, mi sembrano abbastanza.

Anche usare il termine “mica“, come sappiamo, serve a porre l’attenzione su qualcosa e a enfatizzare un aspetto, spesso in risposta ad opinioni o a sensazioni diverse.

Questa esclamazione “hai detto niente!” sarebbe certamente più comprensibile ad un non madrelingua se fosse con una negazione davanti: “non mi hai detto niente!”, che si avvicina di più a “non è poco“, “non mi sembra poco“, “non mi sembra niente“. Le parole pertanto non aiutano molto, dunque l’uso del tono diventa molto importante, proprio come avviene nelle espressioni “buttalo via” e “chiamalo fesso“.

Un altro esempio. Giovanni parla della sua fidanzata.

Non sono sicuro che la mia fidanzata mi ami. Lei comunque dice continuamente che vuole sposarmi e che vuole avere tanti figli con me.

Un amico potrebbe rispondere a Giovanni:

Davvero? M’hai detto niente!

Vi faccio notare prima di tutto che “m’hai detto niente” è esattamente come “hai detto niente“. Non fa alcuna differenza aggiungere “mi” all’inizio, che indica che stai parlando con me. Sono ovviamente espressioni informali e solitamente allo scritto non si usano. Pertanto con difficoltà troverete esempi sul web.

In quest’ultimo esempio, l’esclamazione non si riferisce a una quantità, ma si parla dell’importanza di quanto detto dalla fidanzata che, secondo l’amico, non va sottovalutato. Giovanni invece dice che la fidanzata non lo ama, ma questo non sembra emergere da quanto detto dalla ragazza, che a quanto pare invece vuole sposarlo e vuole avere tanti figli con lui. Insomma sembra avere intenzioni serie.

Hai detto niente! Non mi sembra poco ciò che ti ha detto la tua fidanzata! Perché dici che non ti ama?

Adesso, voglio farvi notare anche che non sempre possiamo sostituire “hai detto niente” con “buttalo via“, perché quest’ultima espressione si riferisce sempre o quasi sempre a qualcosa di materiale, ma soprattutto si parla sempre di qualcosa in termini positivi, come dire “non è male”, “meglio di niente”.

Invece “hai detto niente” si può usare anche nel caso opposto, quando si sottovaluta un problema che invece è più serio di come sembra o di come qualcun altro afferma.

Es:

Questo episodio doveva durare due minuti e invece è durato 6 minuti finora. Vabbè, pazienza!

Possibile riposta:

6 minuti invece che 2? Hai detto niente! Io non ho tutto questo tempo a disposizione!

Come a dire: sei minuti non è come due, non facciamo finta che sia la stessa cosa! Per me sono due cose diverse, c’è differenza.

Infine, l’espressione “hai detto niente” è invariabile, quindi non si può usare ad esempio “ti ho detto niente”, “gli ho detto niente”, e non si può neanche cambiare il tempo del verbo, tipo “avevi detto niente”.

Esistono solamente “hai detto niente” e “m’hai detto niente”.

Un ultimo esempio. Parliamo di elezioni politiche.

Secondo alcuni personaggi politici, non è giusto dire che la destra ha vinto le elezioni in Italia, perché il partito di destra ha preso solo un quarto dei voti degli italiani.

Qualcuno potrebbe dire: E hai detto niente…. Un quarto non è poco!

Adesso ripassiamo, parliamo di scuola:

Marcelo: Sono passati 40 anni o giù di lì, ma la materia che preferivo, a suo tempo, era Matematica. Qualsiasi esercizio per me era fattibile, diciamo niente di trascendentale. Come tutti voi anche, giusto?

Peggy: Beato te! Magari! Quanto a me, in matematica non ho mai brillato! E neanche mi è mai piaciuta. De gustibus!

Rauno: io ero piuttosto bravo in filosofia. Invece sia in matematica che in fisica ero un disastro. Comunque non mi arrabbiavo per questo. L’ho sempre presa con filosofia.

Anne Marie: Ah, la matematica! In tanti anni, avessi preso una sufficienza che è una!

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860 Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta

Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta (scarica audio)

Trascrizione

Siete mai stati nei mercatini dell’usato?

Ebbene, li trovate capi d’abbigliamento di cui le persone si sono liberate. Sono capi di seconda mano che si possono acquistare.

Ho appena usato il verbo liberare nella forma riflessiva: liberarsi di qualcosa significa dare via, vendere o gettare qualcosa (o qualcuno) che non vogliamo più.

Es:

Mi devo liberare di tutti questi impegni di lavoro se voglio divertirmi un po’.

Posso usare anche il verbo disfarsi, forma riflessiva di disfare.

Voglio disfarmi di tutte queste cose inutili che ho in casa

L’assassino, dopo aver commesso l’omicidio, di è disfatto del telefono

Ci si può disfare anche di una persona, proprio come liberarsi. Il senso è lo stesso. Significa anche cedere a un’altra persona.

“Disfarsi di” qualcosa o di qualcuno ha questo significato, ma se usiamo il verbo non nella forma riflessiva, il significato cambia. Ma anche disfarsi, se non aggiungiamo “di”, cambia di significato.

Es:

Con l’aumento della temperatura, il pupazzo di neve ha iniziato a disfarsi.

Potremmo dire sciogliersi, distruggersi, squagliarsi. In generale si può disfare qualunque cosa che abbia comportato un sforzo nella costruzione, come il pupazzo di neve, appunto. La neve si scioglie, il pupazzo di neve si disfa.

Avete notate che disfare contiene “fare” con “dis” come prefisso.

Questo prefisso spesso, infatti, rovescia il senso buono o positivo della parola che il prefisso precede. È molto usato in molti termini del linguaggio medico per indicare una alterazione, una malformazione, un’anomalia, un cattivo funzionamento. Pensate alla distrofia ad esempio.

C’è quasi sempre qualcosa che non va quando c’è il prefisso dis.

Allora, davanti a “fare“, che indica una costruzione, questo prefisso indica una distruzione, quindi disfare è il contrario di fare. Lo stesso accade con onore e disonore, simile e dissimile, piacere e dispiacere, la continuità e la discontinuità. Altre volte non è così semplice ma in generale (non sempre) il prefisso dis conferisce un senso negativo.

Esiste l’espressione “fare e disfare” che indica il comportamento di una persona che fa ciò che vuole, costruisce e distrugge, fa e disfa come vuole lei. Es:

Il dittatore è stato abituato a fare e disfare nel suo paese

Un’espressione simile è fare il bello e il cattivo tempo.

Disfare dunque è simile a distruggere, scomporre, sciogliere, liquefare, decadere, disgregarsi.

Non sempre però c’è qualcosa di negativo o qualcosa che non va.

Disfare le valigie è una cosa che si fa alla fine di ogni viaggio.

Significa togliere i vestiti dalle valigie perché siamo tornati a casa o siamo arrivati in albergo. Le valigie si fanno alla partenza e si disfano all’arrivo.

Anche il letto, quando è disfatto, non è una tragedia. Semplicemente bisogna sistemarlo, bisogna rifare il letto, prendere le lenzuola e sistemarle per bene, sistemare i cuscini, rimettere eventualmente la coperta o un copriletto e sistemarlo per bene, proprio come vorremmo trovarlo quando entriamo nella nostra stanza d’albergo.

In genere però, come detto, disfare qualcosa è un’operazione che esprime l’azione contraria del fare, ma in senso negativo.

Parlando di politica, c’è chi vorrebbe disfare l’unione europea.

Il nuovo governo sta disfacendo tutto ciò che ha fatto il governo precedente.

Nello sport si usa spesso:

Non è disfacendo il gioco avversario che si vince.

Parlando di morale e di questioni sociali, si usa spesso il termine disfacimento:

Per disfacimento si intende la rovina di una comunità che non ha più obblighi morali e sociali.

Stiamo assistendo a un lento disfacimento della famiglia nella società contemporanea

Il disfacimento morale della società

In senso materiale possiamo parlare di un corpo, un tempo bellissimo ma in rapido disfacimento con l’età o per colpa di un’alimentazione sbagliata.

Vogliamo parlare adesso della disfatta?

Una disfatta è una sconfitta militare disastrosa o, in senso figurato, un clamoroso fallimento o una sconfitta sportiva schiacciante.

C’è in qualche modo anche una distruzione anche in questi casi, ma è più un grave insuccesso o una pesantissima sconfitta, quindi comunque dopo una disfatta bisogna ricominciare daccapo. Anche disfatta deriva dal verbo disfare.

Si parla spesso anche della disfatta di un partito alle elezioni. Evidentemente i risultati sono stati disastrosi per quel partito.

Sconfitta e disfatta sono dunque molto vicini come significato. È la gravità della sconfitta, la sua pesantezza che fa la differenza.

Va bene, adesso ripassiamo qualche episodio precedente altrimenti tutto il lavoro fatto finora rischia di essere disfatto nel giro di qualche settimana.

Ulrike: Parlando di politici, molti di loro credono che fanno il meglio per il loro paese, ma sembra che non vedano le eccessive corsie preferenziali, né le bustarelle, e fanno pie promesse per arrivare al governo! E tu come la vedi?

Irina: il problema è che quando devi votare e scegliere, questo voto spesso è un voto di scambio! E quand’è così non c’è possibilità di svoltare per il paese.

Peggy: molte volte penso che queste siano soltanto elucubrazioni mentali, ma il mio contributo oggi deve fungere da campanello d’allarme!

Estelle: I tuoi commenti potrebbero sollevare un polverone di critiche, ma è pur vero che la situazione economica mondiale fa acqua da tutte le parti!

Albèric: sono del tuo stesso avviso, ma meglio stare alla larga della politica. È sempre un di più andare a toccare questi temi scottanti in un ripasso!

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859 Passare per

Passare per

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Trascrizione

La locuzione di cui ci occupiamo oggi ci mostra un uso particolare del verbo passare. La locuzione è “passare per”.

Il verbo passare ha in realtà una gamma molto vasta di utilizzi.

Spesso dipende dalla preposizione che segue.

Però se questa preposizione è “per“, il senso può essere ancora più di uno.

Se ad esempio venite a Roma e passate per Firenze, allora equivale a transitare. In questo caso anche “da” si può usare con lo stesso senso e passare per un luogo significa andare da un punto a un altro percorrendo uno spazio, quindi transitare per questo luogo (Firenze nell’esempio).

Oppure:

per entrare in casa bisogna passare per il portone principale.

In questo caso si parla di un luogo da cui entrare, quindi un accesso. Si può passare anche per/da una finestra o per/da un’entrata secondaria.

C’è sempre il senso del movimento quando usiamo questo verbo in generale, ma se restiamo sulla preposizione semplice “per”, “passare per” si usa anche in un secondo modo.

In senso figurato infatti posso dire:

Nella mia vita sono passato per molte difficoltà.

Quindi nella mia vita ho dovuto fronteggiare eventi negativi, ho dovuto attraversare, superare molte cose negative.

Oppure:

Prima di diventare presidente, Giovanni è passato per diverse cariche istituzionali.

Anche qui c’è il senso di attraversare, transitare, non un luogo però, ma si parla di un percorso di vita.

Un terzo uso di “passare per” invece ha il senso di “essere considerato in un certo modo”. È qui che “passare per” diventa una locuzione.

Es:

Giovanni passa per un intellettuale

Evidentemente Giovanni è considerato un intellettuale. La gente lo vede come un intellettuale.

La cosa interessante è che questa locuzione si usa prevalentemente quando si considera qualcosa in un modo che non rappresenta la realtà. Si tratta di un’impressione sbagliata.

Es:

Mi vuoi far passare per stupido?

Cioè: vuoi che la gente mi consideri uno stupido? Vuoi che io appaia come una persona stupida?

La considerazione delle persone è importante e non è detto che si appaia sempre nello stesso modo a tutti. E non è detto che si appaia come si vorrebbe; può capitare quindi che si passi per qualcosa di diverso.

Per cosa passo io? Mi piacerebbe saperlo.

Oppure:

Giovanni passa spesso per uno poco attento, ma non gli sfugge niente in realtà.

Quindi Giovanni non è vero che è una persona poco attenta. Può passare per una persona disattenta ma non è così. Può sembrare così ma non è vero.

Tutt’altro.

A volte Giovanni può passare per uno distratto, ma è un’impressione sbagliata.

Questa locuzione somiglia al verbo “sembrare” e “apparire“.

Ratzinger è passato per essere un conservatore rigido. In realtà è sempre stato tutt’altro.

Oppure:

Domani al colloquio di lavoro vorrei passare per una persona molto colta ma non so se ci riuscirò.

Giovanni Paolo II passa per essere stato un papa disposto a spostarsi ovunque per ascoltate il prossimo. All’interno della Chiesa però c’è chi dice che non si poteva avere un’idea diversa dalla sua.

Vedete che c’è sempre un’immagine che non risponde alla verità. Qualcosa che sembra ma non è. Si rappresenta una sensazione che però, secondo chi parla, non è la verità.

Mario passa per uno molto studioso ma è tutta apparenza

Facendo quella battuta sono passato per una persona molto spiritosa. Magari però avessi sempre la battuta pronta come quella volta.

A scuola passavo sempre per uno che strillava, ma erano gli altri che non capivano quando parlavo normalmente!

Si usa il verbo essere come ausiliare:

Sono sempre passato per uno molto sbadato.

Ieri Giuseppe è voluto passare per me imitando la mia voce, ma l’hanno riconosciuto.

Ecco, in questo ultimo esempio “passare per” significa spacciarsi per un’altra persona, quindi fare finta di essere un’altra persona. Si vuole sottolineare la volontà di sembrare un’altra persona. Anche in questo caso comunque c’è qualcosa che può sembrare ma non è.

Ci siamo già occupati del verbo spacciare (e anche di spacciarsi) nel corso di Italiano Professionale.

Notate che anche con il verbo spacciare si usa la preposizione per.

In un altro episodio abbiamo visto da vicino questa e anche le altre preposizioni. Se volete date un’occhiata.

Adesso però non voglio passare per noioso e prolisso, pertanto vi faccio ascoltare il ripasso di oggi.

Marcelo: questo episodio mi fa pensare ad alcuni politici del mio paese, che vorrebbero passare per democratici ma non lo sono per niente e tutti se ne accorgono. Manco fossimo tutti stupidi!

Irina: alle volte però più di qualcuno ci crede e si vincono le elezioni.

Mary: ma tu continui imperterrito ad andare a votare? Io con ogni probabilità ho votato quest’anno per l’ultima volta.

Paulo: ci mancherebbe! Votare è anche un dovere. Dispiace sentire che ormai moltissimi pensano non valga più la pena.

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858 Quand’è così

Quand’è così (scarica audio)

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La locuzione di cui ci occupiamo oggi ha un uso particolare che sicuramente non si trova su internet e nei libri di grammatica italiana. Sto parlando di “quand’è così“.

Si usa in particolare nel caso di scelte obbligate. Si può usare tuttavia anche semplicemente per prospettare una possibilità e descrivere le conseguenze. E’ un’espressione prevalentemente colloquiale.

Vi faccio qualche esempio.

Domenica prossima la Roma affronterà Il Paris Saint Germain. Sappiamo che normalmente parliamo di categorie diverse, perché il Paris Saint Germain è molto più forte, ma nella Roma si respira un forte entusiasmo per via del nuovo allenatore e quand’è così può accadere di tutto.

Dunque in questo caso “quand’è così” sta per “in questi casi”, “in queste occasioni”, “quando accadono queste cose”, “quando si verifica questa eventualità” e si usa per descrivere cosa succede in determinate circostanze.

Il termine “così” rappresenta proprio le particolari circostanze in cui ci troviamo. “Quand’è“, invece, sta per “quando ci troviamo” in queste circostanze, o anche “quando accadono” queste cose.

Un altro esempio:

Una volta ho sentito una forte scossa di terremoto ed io mi trovavo in bagno. In dieci secondi mi sono ritrovato nel cortile. Quand’è così non bisogna perdere tempo ma pensare solo a scappare!

Anche qui “quand’è così” sta per “in questi casi”, “quando accadono queste cose”, “in queste circostanze”.

C’era un forte vento durante la partita e quand’è così ogni tanto capita di sbagliare!

Ogni volta che usiamo questa locuzione è come se stessimo facendo un’eccezione, come se ci trovassimo in una circostanza particolare.

Infatti come dicevo “quand’è così” si usa spesso in dialoghi colloquiali, per presentare un caso particolare, una circostanza non comune, spesso inattesa, e la conseguenza, ciò che ne consegue, è spesso una scelta obbligata, senza alternative.

Si può trattare sia di cose negative che positive.

Es: due amiche, Anna e Margherita discutono di problemi di lavoro

Anna: Al lavoro non mi trovo molto bene con i colleghi e vorrei veramente cambiare attività. Credo che domani andrò a licenziarmi.

Margherita: cosa? Ma non puoi rinunciare allo stipendio per cercare un altro lavoro. sai cosa significa? E poi con i colleghi bisogna avere un po’ di pazienza.

Anna: Lo so, ma sai, Un collega mi ha importunata più volte e sono terrorizzata ormai da mesi che lo faccia ancora! Si tratta del direttore dell’azienda, mica di uno qualsiasi.

Margherita: davvero? Quand’è così ti capisco e credo che tu faccia bene a cercare un altro lavoro.

Quindi “quand’è così“, cioè “se le cose stanno così“, non c’è una scelta migliore di quella che hai detto. L’unica possibilità è cambiare lavoro.

C’è una certa flessibilità nell’uso di questa locuzione. Non abbiate paura di usarla soprattutto all’orale. Meglio ancora però se si parla di circostanze particolari. Comunque provate a usarla anche se non siete sicuri. Quand’è così ogni tanto si sbaglia, ma sicuramente più la userete e meglio sarà.

Adesso vediamo un bel ripasso:

Marcelo: oggi mi sono alzato di buona lena e così ho in programma molte cose da fare. Prima di tutto farò una passeggiata insieme al cane di mia figlia….prenderò anche un sacchetto di plastica, e lo utilizzerò all’uopo!

Ulrike: Ciao presidente. Ascolta, veramente sto lì lì per uscire; giusto il tempo di mettermi in ghingheri, ma non sarà sufficiente anche per un ripassino. Prenditi quello di Marcelo.

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857 Chiamalo fesso!

Chiamalo fesso! (scarica audio)

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Vediamo un’espressione colloquiale che si usa per dare un giudizio sull’operato di una persona. L’espressione è “chiamalo fesso!

Questa persona ha fatto qualcosa, o si è comportata in un certo modo, e chi esprime un giudizio non sta parlando con lui o lei, ma con un’altra persona.

Chiamalo fesso” , o “chiamala fessa” , nel caso di giudizio verso una donna, è una esclamazione colloquiale e pertanto è difficile trovare molti esempi scritti. All’orale si usa però molto spesso.

Parliamo essenzialmente di furbizia e di opportunità.

Vediamo un primo esempio:

Io e mio fratello parliamo di un nostro amico di nome Mario.

Io: Hai visto Mario recentemente?

Risposta: No, ma so che non riusciva a trovare lavoro in Italia e allora ha provato ad andare all’estero per vedere se ci riusciva. Voleva lavorare come pizzaiolo in Australia, e quando andava a chiedere di lavorare nelle pizzerie, diceva di chiamarsi Pasquale e di abitate a Napoli. Pasquale è infatti un nome tipicamente napoletano e Napoli come sapete è la patria della pizza. Così lo hanno subito assunto.

Replica: Ah, chiamalo fesso!

Sapete che “fesso” è un aggettivo, molto negativo come senso, perché una persona si dice fessa quando è ingenua, quando tutti riescono a imbrogliarla. Insomma una persona fessa non è per niente furba.

L’astuzia, come si suol dire, non sa neanche dove sia di casa (cioe non sa neanche dove abiti).

Un aggettivo questo che abbiamo già usato all’interno di italiano semplicemente. La prima volta parlando delle bugie, la seconda parlando delle fesserie, la terza volta nell’espressione “a me non la si fa“.

Allora, nell’esempio fatto sopra, Mario si è comportato da furbo, non certo da fesso.

Dicendo di chiamarsi Pasquale e di abitare a Napoli, ha aumentato la probabilità di trovare un lavoro come pizzaiolo in Australia.

Chiamalo fesso ha dunque un senso simile a “non è certo stato fesso”, “non si è certamente comportato da fesso”, oppure “ciò che ha fatto è proprio una cosa da furbo”.

Si dice “chiamalo”, come a dire “non puoi chiamarlo fesso”, “prova a dire che è stato ingenuo”, oppure “non si può dire che si sia comportato da persona poco furba”, “lo vuoi chiamare fesso?” “mica è stato fesso!”.

Queste sono frasi dal senso molto simile a “chiamalo fesso!”.

“Chiamalo fesso” è però un’esclamazione più veloce e arriva subito. Basta prestare attenzione al tono che usiamo quando pronunciamo questa esclamazione .

In luogo di “fesso” potremmo usare altri eggettivi più o meno simili, come stupido, rincoglionito, ingenuo.

Con queste esclamazioni si fa un apprezzamento di questa persona, si esprime un giudizio positivo, si sta infatti dicendo che si è comportata da persona furba, anche se la cosa può riguardare un fatto negativo. Potrei dire ad esempio:

L’assassino, dopo aver ucciso 10 persone, si è vestito da vecchietta, e in questo modo è riuscito a non essere notato dalla polizia. Chiamalo fesso!

Anche se chi parla è una persona onesta e tranquilla, si può ugualmente fare un apprezzamento sulla furbizia di questo assassino, che ha avuto un’idea geniale.

Ricordate l’esclamazione “buttalo/a via“?

Le due esclamazioni sono abbastanza simili anche se si usano in occasioni diverse.

Andate a dare un’occhiata a questo episodio così avrete un’idea ancora più chiara dell’espressione di oggi.

Adesso un ripasso. Parliamo della guerra in Ucraina.

Marcelo: questa guerra ha preso un andazzo che non mi piace!

Irina: anche se vedremo la malaparata non sapremo proprio cosa fare…

Peggy: Qualche campanello d’allarme c’è già stato e col nucleare non si scherza.

M4: non è che queste sono solo elucubrazioni mentali?

M5: vedremo, ma se saremo colti da un freddo intenso, quest’inverno, vai a capire quanto spenderemo!!

M6: “tranquilli, tutto passerà velocemente” dice il mio dirimpettaio. Ma ho paura che questa sia una pia illusione…

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856 Vedere la mala parata

Vedere la mala parata (scarica audio)

Trascrizione

Un’espressione molto curiosa che si usa quando le cose si mettono male è vedere la mala parata.

Adesso vi spiego meglio.

Ricorderete sicuramente la locuzione rendersi conto. Espressione di largo utilizzo, adatta per mille occasioni, che si può usare anche quando ci si accorge che le cose stanno per andare male.

Es:

non ti rendi conto che la temperatura si sta alzando sempre di più?

Abbiamo visto insieme anche prendere atto, un’altra locuzione, abbastanza simile ma spesso usata in contesti più formali e professionali ma che si può usare ugualmente quando ci si accorge che le cose stanno per andare male. Es:

Dobbiamo prendere atto che la situazione climatica mondiale sta peggiorando di anno in anno.

Adesso passiamo all’espressione di oggi.

Vedere la malaparata (o mala parata, con due parole staccate) significa proprio “rendersi conto”, “prendere atto” che la situazione è complicata, sta peggiorando sempre di più.

Non solo. Quando vedo la mala parata significa che prevedo, immagino, che questa situazione possa avere sviluppi, pericolosi, dannosi, tanto da dover prendere provvedimenti subito.

Quando vediamo la mala parata lo facciamo sempre prima che accada qualcosa di negativo. Riusciamo in qualche modo a capire che è meglio scappare, o prendere provvedimenti simili, per evitare il peggio.

L’espressione è molto colloquiale ma in effetti non è facile capire per un non madrelingua quando usarla e anche perché si utilizzi la “mala parata”. Se non vogliamo essere informali possiamo però usare il verbo degenerare:

la situazione sta degenerando.

Altri modi colloquiali sono frasi tipo: le cose si mettono male, vedere le brutte.

Mala” indica la negatività della situazione. Pensate al termine malavita.

La mala parata sta per “cattiva evoluzione”, cioè il peggioramento di una situazione.

Per comprendere il termine “parata” può aiutare il fatto che esiste il verbo “parare”, simile a “riparare”, cioè rimediare a qualcosa si negativo, riuscire a fronteggiare, a contrastare qualcosa di negativo.

Può aiutare anche la locuzione “andare a parare”, che ugualmente indica una negativa evoluzione. Es:

Dove vuoi andare a parare con questi discorsi?

Quest’ultimo locuzione si usa soprattutto parlando di discorsi dei quali non si capisce bene l’obiettivo, ma che in qualche modo ci preoccupano e non sembra vadano verso qualcosa di positivo.

Allora la “malaparata” è una cattiva conclusione, quindi si sta parlando di una situazione in rapido peggioramento e del fatto che questo si riesce ad intuire prima, perché ci sono dei chiari segnali. Ecco perché si usa il verbo “vedere” la mala parata.

Come ho detto è una espressione colloquiale, adatta soprattutto per descrivere i comportanenti delle persone che, vedendo la mala parata, cercano di evitare che accada il peggio.

Particolarmente adatta, come espressione, per descrivere atteggiamenti egoistici.

Es.

Francesco, dopo che moglie e figli hanno iniziato a tossire e starnutire, ha visto la mapaparata e si è trasferito da sua madre per paura del covid.

Quindi Francesco ha intuito che anche lui avrebbe potuto ammalarsi, proprio come la moglie e i figli, che, iniziando a starnutire e tossire hanno mostrato dei probabili sintomi del Covid.

Allora, per sicurezza, Francesco ha preferito trasferirsi per qualche giorno da sua madre.

Adesso, nell’esercizio di ripasso che state per ascoltare, ascolterete un altro utilizzo di questa espressione “vedere la mala parata”:

Anthony: ragazzi, mi dispiace darvi la notizia che il nostro presidente è rimasto gravemente ferito per via di una rissa a Parigi in cui è stato coinvolto. A suo dire stava lì per una conferenza.

Hartmut: in che senso scusa? Com’è possibile che il nostro capo indefesso, che si contraddistingue per il suo costante lavoro, sfoderando episodi appaganti al nostro desiderio di imparare per bene l’italiano, si sia lasciato coinvolgere in una rissa? Qualcosa non quadra.

Ulrike: a me infatti non risultava alcuna conferenza. Madonna che brutta piega che ha preso!

Estelle: scusate ma credo sia un po’ ingeneroso saltare subito a questa conclusione. Magari si è solo trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. È cascato malee basta.E fu così che ci siamo giocati il presidente!

Peggy: Scusate l’eufemismo ma non è che sia già partito e buonanotte ai suonatori?

Edita: per carità! Ragazzi non scherziamo! Adesso c’è solamente da sperare che i medici francesi con una mandrakata lo rimettano in sesto.

Giovanni: scusate se vi interrompo, ma Anthony, essendo un tipo altamente sui generis, si è fatto venire strane idee, come al solito. Basta con le elucubrazioni mentali. La conferenza c’era, eccome! È vero che c’è stata una manifestazione e anche una rissa in città, ma non appena ho visto la mala parata me la sono data e sono riuscito a scappare perfettamente intonso.

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855 Mettersi in ghingheri e agghindarsi

Mettersi in ghingheri e agghindarsi

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Come ci si veste nelle occasioni speciali? Ve lo dico io: ci si veste in modo elegante.

Se voglio esprimere lo stesso concetto in modo scherzoso invece possiamo dire che ci mettiamo in ghingheri. Quindi in queste occasioni importanti ci si deve mettere in ghingheri.

Il verbo mettere è quello normalmente usato per vestirsi:

Mettersi i jeans

Mettersi un bel vestito

Mettersi giacca e cravatta

Mettersi le scarpe.

Ecc.

Riguardo all’uso della preposizione in, posso anche dire:

Mettersi in jeans

Mettersi in giacca e cravatta

Mettersi in divisa

Mettersi in abito sportivo

Si usa “in” come ad indicare un tipo di vestito, una modalità precisa.

“Mettersi in” si usa anche, fate attenzione, al di fuori dell’ambito degli indumenti, ad esempio nelle locuzioni:

Mettersi in proprio, mettersi in gioco, mettersi in discussione, mettersi in pari.

Comunque, anche mettersi in ghingheri, come detto prima, riguarda un modo di vestirsi.

È un modo informale per dire vestirsi bene, vestire elegante, mettere i vestiti migliori, e, perché no, gioielli, abito lungo e scarpe col tacco nel caso di donne.

In realtà non c’è neanche bisogno di usare il verbo mettere.

Vediamo qualche esempio:

Stasera mettiti in ghingheri che ti porto a cena fuori in un ristorante chic.

Ho visto tua figlia tutta in ghingheri che andava al teatro.

Si può anche dire che questa è una maniera ricercata di vestirsi.

Oppure, se vogliamo restare sullo scherzo e sul linguaggio colloquiale, possiamo usare il verbo agghindare. Non troppo lontana, se notate, alla parola ghingheri.

Quindi mettersi in ghingheri equivale ad agghindarsi.

Bisogna agghindarsi per bene quando si va a una cena di lavoro.

Ehi, ma dove vai così agghindata stasera? Primo appuntamento?

Sia mettersi in ghingheri che il verbo agghindarsi si adattano bene nel caso di abbigliamento molto evidente, quindi parliamo di un abbigliamento “vistoso“.

Un abbigliamento vistoso si nota molto facilmente, attira lo sguardo, sia per i colori accesi, sia per l’eleganza.

Il verbo agghindare si può usare anche parlando di una stanza, una sala da ricevimento, nel caso di un evento particolarmente importante:

Devo ancora agghindare la sala per ricevere gli ospiti, poi tutto sarà pronto per il matrimonio

Normalmente però si usa sempre con le persone usando la forma riflessiva:

Potevi agghindarti un po’ per il mio compleanno, no?

Dove sta Maria?

Ha detto che scende tra poco, si sta ancora agghindando per bene.

Meglio chiarire ancora una volta che mettersi in ghingheri e agghindarsi sono forme colloquiali e meglio non usarle con persone che non si conoscono perché non c’è la confidenza necessaria.

Adesso un bel ripasso degli episodi precedenti da parte dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Marcelo: Ciao amici, Gianni ci ha chiamato in causa per fare un ripasso. Mi dispiace però perché oggi non posso aiutarlo. Se ce lo avesse detto prima, avrei potuto dare il mio contributo. Normalmente sono propenso a partecipare, però sono sicuro che voi farete un ripasso con i fiocchi anche senza di me

Irina: Quanto a me, di buon grado ti darei manforte con qualche frase di ripasso, se non fosse che sono ancora occupata per via di un impegno ugualmente importante. Sto preparando gli esercizi per un remoto episodio della rubrica due minuti con italiano semplicemente

Estelle: ragazzi, a costo di fare figuracce, voglio partecipare anch’io al ripasso di oggi.

Peggy: devo dirvi che a leggere le vostre frasi mi sono venute le madonne! Va a capire come mai tanti termini che avete detto, mi risultano poco familiari. Ora mi rimbocco le maniche e vado a rispolverare gli episodi che sono finiti nel dimenticatoio.

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854 Il polverone

Il polverone

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Agli amanti della pulizia e ai maniaci dell’ordine non piacerà l’episodio di oggi perché è dedicato alla polvere, anzi al polverone!!

Tutti voi sapete cos’è la polvere, ma se non lo sapete, sappiate che si tratta di minutissime particelle che sono sollevate e trasportate dal vento, e che si posano sugli oggetti.

C’è da dire però che la polvere è anche usata come simbolo di una sconfitta subita.

Non è un caso che se in una corsa automobilistica, ad esempio, se un pilota fa mangiare la polvere agli avversari, questo vuol dire che li ha battuti tutti, e questa frase è anche umiliante per gli sconfitti.

La polvere viene alzata dalla macchina che sta davanti a tutte (la prima) e dunque gli altri, stando dietro, sono costretti a “mangiare la polvere“.

Questo è il senso, figurato fino ad un certo punto!

Due volte nella polvere, Due volte sull’altar” diceva il poeta Manzoni nella poesia (il 5 maggio) dedicata a Napoleone, alludendo alle due grandi sconfitte subite, quella di Lipsia del 1813 e quella definitiva di Waterloo del 1815.

Se invece usiamo l’espressione “alzare un polverone” o “fare un polverone” ci riferiamo a situazioni diverse. Non parliamo di sconfitte e umiliazioni.

Parliamo invece di confusione. Torniamo in qualche modo al concetto di ordine e pulizia, ma non dal punto di vista materiale. O meglio, non sempre.

Infatti queste sono espressioni che si usano quando una persona crea molta confusione e disorientamento.

Fare, alzare e sollevare un polverone significa pertanto creare confusione e disorientamento, suscitare una gran quantità di polemiche, spesso allo scopo di allontanare la verità.

Ovviamente posso alzare, sollevare un polverone anche materialmente, sollevando una gran quantità di polvere.

Spesso, nel senso figurato, alzare un polverone è un atto volontario, proprio fatto con l’obiettivo di diminuire la “visibilità“, quindi vedete l’immagine della visibilità che rappresenta la verità che si vuole nascondere cercando di sollevare un polverone.

In realtà però si può alzare un polverone anche nel senso di generare proteste, sollevare polemiche, o animare una discussione introducendo un argomento scottante.

Vi dirò che questo modo di usare il polverone è anche più diffuso.

Qualcuno potrebbe stupirsi dell’uso dei verbi alzare e sollevare. In realtà si usano normalmente anche con la polvere vera e propria:

Cerca di non sollevare la polvere con le scarpe.

Con quel ventilatore stai facendo alzare un sacco di polvere!

Infatti la polvere si trova a terra e da lì può sollevarsi, può essere alzata.

Vediamo qualche frase in cui usiamo il polverone in senso figurato:

Le dichiarazioni del ministro sollevano un polverone nello schieramento di sinistra (polemiche, discussioni)

Stai alzando un polverone su questa storia che in realtà a me risulta molto chiara. Come mai? (volontà di nascondere la verità)

Sul nuovo stadio in costruzione qualcuno prova a sollevare un polverone e polemiche per impedire l’inizio dei lavori (qualcuno prova a creare molta confusione con l’obiettivo di creare ostacoli e problemi)

Alla riunione, la protesta di Giovanni ha sollevato un polverone (ha generato accuse, repliche e polemiche)

L’espressione, quando si descrive la volontà di nascondere la verità, è abbastanza simile all’espressione “buttarla in caciara“, più informale e colloquiale, di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa. Date un’occhiata all’episodio che non fa male.

Adesso ripassiamo:

Estelle: non riesco a capacitarmi della vittoria d’Annie Ernaux per il Premo Nobel della letteratura! Avrei preferito Houellebecq, nonostante non ho letto nemmeno una solo riga scritta da quella donna.

Khaled: Madonna! Ma perché giudicare un autore senza conoscerlo! Per prendere una posizione è necessario avere argomenti oggettivi.
Devo ammettere che non sono dello stesso avviso di Albéric. Non mi piace Houellebecq. Non trovo chiaramente un filo conduttore nel suoi romanzi, i discorsi sembrano troppo slegati l’uno dall’altro e spesso usa anche volgarità.

Ulrike: Ciao Khaled. Neanche per sogno giudicherei un autore o un’autrice o le loro opere senza conoscerle, fermo restando però, che un giudizio per un’autrice che dà voce alle donne, mi sconfinfera già di per sé. Ma questo è un ingenuo sentimento di solidarietà femminile e non ha niente a che spartire con una valutazione del suo valore letterario. Questo è quanto per conto mio.

Marcelo: Ho chiesto su questa autricce al mio collega e per tutta risposta mi ha detto che a lui non piace, ma de gustibus... vedi tu!

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853 La Madonna

La Madonna (scarica audio)

Trascrizione

L’episodio di oggi riguarda la Madonna. Non sarà però un episodio della madonna, ma solamente sulla Madonna!

Adesso vi spiego meglio!

Sapete tutti, credo, che sto parlando di Maria, la mamma di Gesù. Il termine “Madonna” è un cosiddetto epiteto (un termine nuovo per voi?) di Maria di Nazareth, madre di Gesù Cristo. Un epiteto cos’è?

Un epiteto serve a identificare, a volte a chiamare una persona, altre a apostrofarlo, anche! E’ simile cl concetto di “soprannome” o “nomignolo”.

Ebbene, questo epiteto (madonna, con la iniziale generalmente minuscola) è entrato nel linguaggio comune e si usa in tante occasioni diverse che non hanno più a che fare con la madre di Gesù Cristo.

Esiste ad esempio l’espressione “tirare le madonne“, o anche “smadonnare“, ancora più informale, che ha un senso simile a bestemmiare, imprecare, non direttamente contro la Madonna (con la M maiuscola) ma è sufficiente riferirsi a divinità e santi.

Si sta nominando impropriamente il nome di qualche santo per sfogare la propria rabbia.

Questo è il concetto di smadonnare e tirare le madonne..l

Se vogliamo, quando si smadonna possiamo dire che si stanno chiamando impropriamente in causa alcuni santi, che, poverini, non c’entrano nulla con le nostre disgrazie o disavventure.

E’ nelle cose che ogni tanto quel che ci accade non sia sempre di nostro gradimento o non vada a nostro favore.

Si usa generalmente il verbo “imprecare“, e in questo caso non ci rivolgiamo necessariamente contro un santo,. Imprecare è più diffuso e sta per “pronunciare parole con rabbia contro qualcuno o qualcosa”, parole offensive o blasfeme.

Spesso si impreca contro le persone. Non è necessario prendersela con la Madonna o con i santi.

Per imprecare si può anche semplicemente urlare contro la sfortuna o contro sé stessi o contro dei “mali” riconosciuti da tutti come la miseria o la morte.

“Porca miseria” o “mannaggia alla miseria” o “mannaggia alla morte” sono tra le imprecazioni più pacate che esistono.

Queste però forse è meglio chiamarle esclamazioni di disappunto. Ce ne siamo già occupati in un episodio passato.

Se invochiamo la Madonna, con una frase analoga, entriamo però nel campo delle imprecazioni e delle bestemmie. Meglio evitare…
Smadonnare e “tirare le madonne” sono comunque due modalità del linguaggio popolare per riferirsi al fatto che una persona inizia a imprecare per la rabbia e se la prende con qualcuno che non può neanche rispondere. Non è carino.
Ma dobbiamo per forza parlare o strillare?
Avere un pessimo umore, seppure restando in silenzio, è indicato con l’espressione “avere le madonne“.
Ovviamente per tirare le madonne, bisogna innanzitutto averle…
Si tratta sempre di un’espressione popolare. Non potrebbe essere altrimenti.
Oggi mi sono alzato col piede sbagliato“. Questa frase, probabilmente più nota a tutti, è del tutto simile a “oggi ho le madonne“. Hanno un significato simile, ma generalmente se si chiamano in causa “le madonne” c’è un motivo particolare, legato a qualcosa di accaduto che ha provocato questo pessimo umore.
Es:
Lascialo perdere, oggi ha le madonne per colpa di una multa che gli hanno fatto!
I miei figli mi hanno fatto venire certe madonne che non ti dico.
Anche l’espressione “avere un diavolo per capello” ha lo stesso significato di “avere le madonne“.

Ovviamente quando mi arrabbio, cioè quando mi accorgo di avere le madonne, potrei anche dire che “mi sono venute le madonne” oppure che “mi sono prese le madonne“.

In pratica le madonne (solo al plurale mi raccomando) possono venire, si possono prendere, avere e tirare.

Es:
Quando ho visto la mia auto distrutta dopo l’incidente mi sono venute certe madonne!

Se non volete nominare impropriamente e direi anche indebitamente la Madonna, potete comunque dire che vi sono venuti i nervi, che siete diventati molto nervosi, o che vi siete arrabbiati.

Ci sono mille modi per arrabbiarsi e come ricorderete li abbiamo visti in un episodio passato.

La modalità di oggi meritava un trattamento a parte 🙂

Un altro modo di usare il termine madonna è nell’espressione “della madonna“. Qui la rabbia non c’entra.
Non stiamo parlando però di qualcosa che a appartiene alla Madonna (e quindi che è “della Madonna”). Stiamo invece parlando di qualcosa di molto grande o intenso.
Es:
Fa un freddo della madonna.
Oggi fa un caldo della madonna
Mi è arrivata una multa della madonna
Ho una fretta della madonna

Si parla di qualcosa di particolarmente grande o intenso. Il freddo è molto intenso, oppure fa molto caldo, caldissimo, un caldo bestiale, e una multa della madonna è una multa molto elevata.

Analogamente una fretta della madonna è molta fretta, una fretta esagerata.

Anche qui abbiamo un’alternativa meno blasfema:
Un freddo della miseria
Un caldo della miseria
Una fretta della miseria
Una multa della miseria
Ecc..
Se poi dico solamente “madonna!!!”, questa è una esclamazione di stupore o di dispiacere o anche di preoccupazione. Il tono è molto importante in questo caso.
Hai pagato un caffè 7 euro? Madonna!! Come è possibile?

Mio figlio non è ancora rientrato e sono le due di notte. Madonna, gli sarà successo qualcosa?

O Madonna, ma perché ti preoccupi sempre così tanto?

La Madonna, con la M maiuscola, si può fortunatamente anche invocare.

Invocare significa rivolgersi a qualcuno con un tono di preghiera, con affetto, con fede, soprattutto per ottenere aiuto o conforto. Si può invocare la Madonna, Dio e i Santi.

Nel vocabolario esistono poi termini particolari come “il madonnaro”. Si tratta di una persona che produce o vende immagini della Vergine. In particolare chi si dedica alla raffigurazione di soggetti sacri (soprattutto Madonne, appunto), facendo disegni con dei gessetti colorati, sul pavimento di piazze o strade. I madonnari dunque sono artisti che solitamente disegnano a terra nelle strade.

Spiegazione terminata.

Adesso voglio un ripasso con i fiocchi, quindi mi rivolgo ai membri dell’associazione che stanno cercando di fare passi in avanti con la lingua italiana. Sicuramente non faranno grossi errori e quindi non mi faranno venire le madonne. 🙂

Mary: Serve un ripasso? Dopo una notte in bianco, piena delle solite pippe mentali notturne, per tutta rispostapassami il termine – ti volto le terga.

Harjit: quali preoccupazioni ti hanno fatto passare la notte insonne? Ti ronzavano tante cose per la testa? Scommetto che è per colpa di quella pratica burocratica arzigogolata che devi ancora sbrigare. Ricordi che pappardella della madonna che che mi hai fatto l’altro ieri?

Rafaela: caro Gianni, il tuo appello ha avuto una risposta in men che non si dica, ma con un non so che di sfrontato! Cara Mary, dopo aver sostenuto in modo indefesso l’associazione per tanto tempo devi essere esausta! Stai attenta alle querele!

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