755 Non fare che…

Non fare che… (scarica audio)

Trascrizione

Una volta una ragazza mi ha detto:

Non fare che anche quest’anno ti dimentichi del mio compleanno, ok?

Questo è stato solo un pretesto per introdurre l’episodio di oggi. Parliamo della locuzione “non fare che”.

Avete ascoltato un primo modo di usare la locuzione “non fare che”, colloquiale e informale, che suona quasi come una minaccia, almeno dal tono.

È in realtà una specie di raccomandazione e allo stesso tempo un rimprovero, direi anche abbastanza affettuoso. Non esattamente una minaccia quindi.

Si usa solo rivolgendosi direttamente ad una o più persone con cui si ha una certa confidenza, quindi dando del tu se la persona è una sola.

Vediamo altri esempi:

Allora ci vediamo a mezzogiorno ok? Non fate che ritardate come al solito!

Mi raccomando, adesso andiamo dai nonni a trovarli. Non fare che non li saluti, mi raccomando.

Potrei usare, in sostituzione, anche “non è che”, una locuzione che abbiamo già spiegato:

Non è che ritardate come al solito?

Non è che poi ti dimentichi?

Ecc.

Ma stavolta non c’è mai una curiosità o una domanda, ma si tratta sempre e solamente di un rimprovero, quindi non parliamo neanche di una raccomandazione o di un consiglio.

Inoltre in genere si tratta sempre di un rimprovero per una cosa che è già accaduta più volte in passato e che non è piaciuta a chi pronuncia la frase.

Adesso però sarete contenti di sapere che quando utilizzo “non fare che”, come negli esempi precedenti, sto facendo un ammonimento, termine che abbiamo spiegato solamente un episodio addietro.

Vediamo adesso il secondo modo di usare “non fare che” . Vediamo qualche esempio:

Da due anni a questa parte non faccio che lavorare.

Il significato è molto semplice: sono due anni che lavoro, senza fare altro.

“Non faccio che lavorare” è in questo caso un modo per esprimere un malcontento, una situazione negativa, un disagio, una lamentela. Insomma c’è qualcosa che non va e che va o andrebbe cambiato. Quasi sempre è così.

Mio figlio ha scelto la facoltà di ingegneria e non fa (altro) che studiare.

Quindi mio figlio tutto il suo tempo lo dedica allo studio. Studia costantemente. Ora, è chiaro che questo povero ragazzo studia molte ore al giorno e ovviamente non è vero che non fa altro.

La frase non è da prendere alla lettera, ma comunque anche in questo caso siamo in una situazione che non si ritiene normale o equilibrata. Magari la mamma però ne è contenta in questo caso.

Basta! Non fai (altro) che criticarmi per qualunque cosa!

Questa invece è una lamentela evidente e in effetti si usa spessissimo questa modalità per esprimere una critica o una lamentela, un disappunto, un reclamo o una recriminazione.

Questi tuoi amici non fanno che pensare al sesso!

Non fare che adesso anche tu inizi a perdere la testa! Pensa a studiare!

Questo è un cazziatone più che altro!

In quest’ultimo esempio ho usato “non fare che” in entrambi i modi che abbiamo visto oggi.

Prima ho accennato alla recriminazione. Allora tra due episodi parleremo proprio di questo.

Non fate che non lo ascoltate però ok?

Adesso un breve ripasso:

Peggy: hei, abbassa il volume! Per poco non cadevo dal letto! Mi hai spaventato! Che diamine!

Danielle: Cosa? Ma sono le dieci di mattina. Con questo sfogo adesso ti senti meglio? Non mi dirai che hai fatto le ore piccole anche ieri sera!

Ulrike: ragazzi, vedo che c’è maretta anche oggi tra voi due, della serie “un altro fine settimana tranquillo”.

Segue una spiegazione del ripasso

710 Benedetto, ben detto e ben fatto

Benedetto, ben detto e ben fatto (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: abbiamo già parlato di ben. Giusto?

In quell’episodio, tra le altre cose, ho utilizzato anche un’esclamazione:

Ben detto!

Che si usa quando si approva una affermazione con entusiasmo e soddisfazione, specie quando ce n’è veramente bisogno. Spesso poi si accompagna questa esclamazione con un’espressione del viso di compiacimento. Vale a dire che si esprime gradimento, si mostra e si sente un’intima soddisfazione.

Tutto questo però non l’avevo detto!

Meglio tardi che mai allora!

Se ad esempio sono stato licenziato, se cioè ho perso il lavoro, posso dire:

Non mi devo abbattere, devo mettermi subito a cercare un altro lavoro!

Qualcuno, che mi vuole bene ed apprezza le mie parole può dire:

Ben detto! Bravo, così mi piaci!

Che è un po’ come dire: è lo spirito giusto da avere in questi casi! Approvo pienamente ciò che hai detto.

Similmente si utilizza anche “ben fatto“:

Mio marito mi ha tradito e io sai cos’ho fatto? L’ho cacciato di casa!

Io, che sono tuo amico rispondo:

Ben fatto! Così impara ‘sto stronzo!

Oh, scusate, mi sono lasciato andare!

Notate che non c’è alcun verbo davanti. Se ci fosse, sarebbe il verbo avere:

Hai ben fatto!

Ma, generalmente, quando si mette il verbo avere, si inverte:

Hai fatto bene!

Hai fatto bene a lasciarlo!

Avete fatto bene a fare questo

Secondo te ho fatto bene a farlo?

Ma un conto è comunicare un concetto, un altro conto è comunicare un’emozione:

Ben fatto!

C’è approvazione, ma anche sostegno, entusiasmo. C’è emozione.

Che ne dite se adesso cambiamo il verbo ausiliare?

Questo lavoro è veramente ben fatto!

Adesso essere è il verbo usato.

Beh, questa frase è da leggere un po’ diversamente, cioè:

Questo lavoro è fatto veramente bene, è ben fatto. Anche qui se usiamo prima ben e poi fatto, c’è più emozione e coinvolgimento rispetto a “fatto bene”.

Torniamo a:

Ben detto!

Cioè: hai detto proprio bene, approvo pienamente ciò che hai detto. C’è entusiasmo e soddisfazione anche in questo caso.

Invece “hai detto bene” può indicare ugualmente una approvazione (con poco entusiasmo in genere) ma più spesso si usa quando qualcosa è corretto, è giusto, quando non ci sono errori:

Dico bene?

Sto dicendo bene?

Hai detto bene, nessun errore!

Per “hai fatto bene” vale lo stesso discorso.

Bene.

Adesso, dopo “ben detto” , passiamo a benedetto.

Notate per prima cosa che la prima “e” è chiusa e non più aperta. Sono tutte chiuse in realtà, anche se nel nord Italia spesso si sentono e aperte, specie la seconda e.

Ciao, mi chiamo Benedètta!

Benedetto comunque non c’entra proprio nulla con “ben detto“, questo lo avete capito già.

Tra l’altro è un’unica parola.

Infatti Benedetto, oltre ad essere un nome maschile (come anche Benedetta, che è un nome femminile) – e si scrive con l’iniziale maiuscola in questo caso – è anche un aggettivo.

Ha a che fare con le benedizioni, certamente. Anche questo lo sapete già.

In chiesa c’è l’acqua benedetta, ad esempio (o almeno prima del COVID c’era). Anche l’ostia è benedetta, perché rappresenta il corpo di Cristo.

Tutte cose che già sapete naturalmente.

Ma in senso figurato, l’aggettivo benedetto e benedetta si usano tantissimo nel linguaggio comune.

Infatti si utilizza generalmente per esprimere un affettuoso rimprovero, oppure quando si vuole evitare di dire parolacce, ma facendo capire chiaramente che c’eravamo quasi…

In questo caso l’affetto non c’entra granché!

Vediamo se sapete distinguere.

Vi faccio qualche esempio.

Un professore chiede a uno studente:

Oggi sei preparato? Vorrei interrogarti.

Lo studente dice che non ha potuto studiare e chiede di spostare ad un’altra occasione.

Il professore:

Ma, benedetto ragazzo, sono già tre volte che rimandiamo. Quando deciderai di metterti a studiare?

Allora? Rimprovero affettuoso o incazzatura mitigata?

Si tratta di un rimprovero affettuoso. Il professore rimprovera, sgrida il ragazzo ma lo fa con affetto, senza essere duro, senza punirlo o maltrattarlo. Se ci fosse solo affetto direi “caro ragazzo“.

Qusto professore probabilmente avrebbe potuto usare parole diverse, ben più pesanti e per niente affettuose:

Ma porca miseria! È già la terza volta!

È solo un esempio.

Secondo esempio:

Esco di casa con la solita fretta e come sempre c’è traffico.

All’ennesimo semaforo rosso che mi scatta sotto gli occhi dico:

Uff… Questi benedetti semafori! Sempre rossi mi capitano!

Lo so, vorremmo dire di peggio, ma stavolta ci tratteniamo.

Questo non è ovviamente un rimprovero affettuoso ma una leggera irritazione. Magari c’è qualcuno vicino a noi e non vogliamo mostrarci isterici di prima mattina!

In quest’ultimo caso al posto di benedetto potrei sbizzarrirmi con altri termini:

Ma guarda tu! Tutti rossi mi capitano!

Questo caspita di semaforo rosso!

E che cacchio!

Che diamine! Proprio adesso che ho fretta!

Questo cavolo di semaforo!

Avtrete notato che ho evitato termini ben peggiori!

Allora, ho fatto bene a fare un episodio di questo tipo?

Karin: veramente ben fatto direi, ma, benedetto presidente, so che sacrifichi il tuo tempo per il meglio di tutti noi, ma i due minuti sono passati da un bel pezzo.

Peggy: ma io mi domando e dico: a che pro criticare? Me lo vuoi fare un favore? Anziché dire castronerie, abbi la bontà di tacere. Per quello non c’è bisogno di imparare una lingua!

Sofie: ben detto Peggy! Gli hai dato un benservito bell’e buono! D’altronde ti ha fornito un assist perfetto criticando Giovanni. Tra l’altro lui non ha raccolto la provocazione. Un vero signore, no?

Ulrike: a me la vostra sembra una reazione un po’ sopra le righe. Cosa avrà detto mai Karin di così offensivo? A cosa si deve tanta acredine?

Irina: Acredine? Proprio a ridosso della fine dell’episodio te ne esci con le parole nuove? Sei proprio senz’appello! E dire che avevo quasi capito tutto…

224 – CAZZIARE

Audio

Spiegazione per madrelingua spagnola (Italiano per ispanofoni)

Para ver el episodio completo, hazte socio de Italiano Semplicemente o escribe al autor

andrea leone.

 

Trascrizione

Oggi vediamo un verbo che inizialmente apparteneva al linguaggio del dialetto del sud ma che oggi comprendono e usano in tutta Italia. Parlo del verbo CAZZIARE.

Ho fatto un errore imperdonabile e il mio capo mi ha cazziato.

Sono stato cazziato da mia moglie per non aver lavato le mani

Cosa? Tua sorella si è dimenticata di invitarti al suo compleanno? L’hai cazziata?

Avete capito che cazziare fa parte del linguaggio informale. Significa rimproverare, sgridare, redarguire. Ma è meglio se aggiungiamo qualcosa:

Rimproverare duramente

Sgridare aspramente

Redarguire fortemente

Richiamare rigorosamente

Ammonire severamente (più formale)

Insomma si tratta di far notare a una persona che ha sbagliato, alzando la voce, con tono duro, arrabbiato, affinché capisca l’importanza del suo errore e che non si deve ripetere più.

Quindi così come esiste esiste il rimprovero e la sgridata, l’ammonimento e il richiamo, esiste anche la cazziata o il cazziatone.

Mia moglie mi ha fatto un cazziatone perché non mi sono pulito le scarpe

Se non vuoi una cazziata dal tuo capo ti conviene stare più attento.

Naturalmente fa parte del linguaggio parlato oltre che informale. Non abusate di questo verbo.

Potete anche usare in fondo anche il termine rimbrotto, che ha lo stesso significato di cazziatone, ma non è volgare (invece cazziare viene da cazzo, come incazzarsi).

Il verbo rimbrottare non è volgare quindi ed ha lo stesso senso di duro rimprovero.

Ora ripassiamo (parliamo dell’emergenza coronavirus).

Camille (Libano): ho sentore che ce ne staremo chiusi in casa anche noi per un po’.

Rauno (Finlandia): me lo sentivo anch’io.

Camille: io me la sento di fare qualche sacrificio per la salute di tutti.

Rauno: non è un pro forma, è fondamentale invece.

Camille: se non rispettiamo le regole, stavoltanon passerà in cavalleria.

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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!