726 Un colore che sbatte

Un colore che sbatte (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto che il verbo donare si può usare anche quando si parla di abiti e di come valorizzano una persona, oggi vediamo un uso particolare del verbo “sbattere“.

Voi non ci crederete ma questo ha ugualmente a che fare con la valorizzazione.

Parliamo in particolare della valorizzazione del viso di una persona.

La domanda è sempre la stessa: come mi sta?

È la risposta a cambiare…

Se andate in un negozio di abbigliamento in Italia e ascoltate i commenti, soprattutto delle donne, quando provano un nuovo abito, magari insieme a delle loro amiche o parenti, sicuramente potreste ascoltare un commento di questo tipo:

Il vestito non è male, ma questo colore ti sbatte un po’!

Il verde mi sbatte secondo te?

Il rosso le sbatte un po’ troppo signora. Provi questo colore che è un po’ più chiaro.

Eccetera.

Si sta parlando di un colore particolare che non valorizza il viso della persona che sta indossando un abito, o un maglione, una camicia, una giacca eccetera.

Non lo valorizza per un motivo ben preciso:

Quando una colore sbatte sul viso di una persona, o anche semplicemente sbatte su una persona, significa che il viso di quella persona, quando indossa quel vestito, appare pallido, smunto, emaciato, smorto. Aggettivi questi abbastanza simili.

Smorto è un aggettivo che non c’è forse neanche bisogno di spiegare, considerato che somiglia a “morto”. Diciamo che in generale significa indica mancanza di luminosità e di vivezza, pallido, sbiadito. Associato ad un viso indica anche malessere a volte.

Emaciato significa molto magro. Si potrebbe dire anche deperito o scavato. Emaciato è un aggettivo spesso associato al viso o all’aspetto di una persona, come anche smunto.

Smunto dà l’idea della fatica, della sofferenza che hanno reso un viso molto magro e pallido.

È chiaro che questi sono aggettivi che descrivono bene una persona che non è molto in salute, perché se lo fosse il viso apparirebbe invece colorito, fresco, in carne e non magro e pallido.

Allora forse è il caso di spiegare anche la locuzione essere “in carne“, che si utilizza per indicare una persona in ottime condizioni di salute, quindi è il contrario di emaciato, sebbene la locuzione “in carne” si possa usare anche per descrivere una persona, non dico grassa, ma leggermente sovrappeso. Un modo più che altro usato per non offendere, ma quasi sempre in realtà si usa per indicare un ottimo stato di salute.

Comunque, qualora un vestito avesse un colore che sbatte, allora in questi casi meglio cambiare colore perché quello che sbatte non valorizza come si deve la persona.

Ma non è detto si tratti di un vestito.

Vuoi farti i capelli biondo platino? Forse bisognerebbe prima vedere l’effetto che fa con una parrucca, perché quello è un colore che “sbatte” molto e non dona a tutte.

Ci sono ad esempio persone dalla pelle molto chiara e che magari non si truccano molto, dunque in quei casi scegliere un colore che “sbatte” o un altro che invece fa l’effetto contrario può cambiare l’aspetto del viso e valorizzarlo notevolmente.

Il verbo sbattere ha molti utilizzi diversi, ma in senso simile si può usare anche in altre occasioni, anche senza che sia un colore a sbattere.

Ti vedo un po’ sbattuto/a, come mai, non hai dormito o lavori troppo?

Stavolta l’aggettivo sbattuto si riferisce all’aspetto in sé, a prescindere dal vestito. Una persona che ha un aspetto sbattuto o che sembra sbattuto, ha dei segni di stanchezza sul viso, magari mostra delle occhiaie che solitamente non ha, oppure è un po’ più pallido del solito o anche più magro rispetto al solito. Stavolta però non c’è un colore che sbatte.

A proposito di colori, si potrebbe dire che in senso assoluto il marrone è un colore che sbatte, quindi ad esempio una parete della mia stanza meglio farla di un altro colore. Anche in questo caso si intende dire che fa un certo effetto negativo, che ha un impatto fastidioso, troppo forte vedere qualcosa di quel colore in alcune circostanze. Il senso di “sbattere” può conservare dunque un senso legato all’irruenza e al forte impatto, come sbattere una porta, facendo rumore. Ma nel caso del colore si tratta di un impatto alla vista un forte effetto dal punto di vista visivo.

Attenzione perché quando si parla dell’aspetto di una persona, un viso o un aspetto sbattuto o una persona sbattuta è completamente diverso da un viso o un aspetto abbattuto, o una persona abbattuta.

Quando una persona è abbattuta, parliamo del verbo abbattersi, che ha a che fare con l’umore e la forza d’animo, specie la forza di reagire alle avversità, ai problemi.

Abbattersi significa, quando accade un evento negativo, diventare pessimisti, perdere le motivazioni, non reagire ai problemi perché si è troppo scoraggiati: si è abbattuti.

Dai, non ti abbattere. Vedrai che la prossima volta andrà meglio.

In questi casi si usa anche anche “buttarsi giù“, che è più informale.

Non ti buttar giù per un esame, non sono questi i problemi della vita!

Anche abbattersi comunque è un verbo che ha usi molteplici, ma un viso sbattuto è un viso pallido di una persona stanca o malata, mentre un viso abbattuto è un viso triste, rassegnato, amareggiato per qualcosa che è accaduto e che lo ha colpito nell’umore e nella voglia di reagire e continuare a lottare.

Anche in questo caso i colori non c’entrano.
Ad ogni modo un colore può solo sbattere e non abbattere.

Adesso piccolo ripasso delle puntate precedenti.

Irina: gentilmente, qualcuno potrebbe farmi un esempio di capitolazione? Potete prendere spunto da qualsiasi avvenimento passato se volete.

Rafaela: non vorrei essere scortese ma si dà il caso che io non mi intenda di storia. Perciò vedi di cavartela da solo con questo benedetto ripasso.

Sofie: Ciao Irina, se lo chiedi a me caschi male lo stesso. Non mi ritengo all’altezza di questo compito, dunque non me la sento di raccogliere la provocazione. Dovremmo chiedere lumi a Gianni per capire quale sia la differenza tra capitolare, arrendersi e mollare.

Peggy: Secondo una fonte su internet, uno dei significati del termine capitolazione, è un trattato, contratto, accordo, convenzione o che dir si voglia unilaterale con il quale uno Stato sovrano cede competenze, entro i suoi confini, ai cittadini di uno stato straniero.

Ulrike: in quanto tedesco/a mi viene d’emblée il cosiddetto diktat di Versailles. Per giunta ho presente anche la resa della Germania nazista Quest’ultima capitolazione avviene nel maggio dell’anno 1945, e decreta la fine della seconda guerra mondiale. Sembra che le grandi capitolazioni del ventesimo secolo facciano molto tedesco.

Marcelo: Io ricordo il 14 Giugno 1982, guerra delle Malvine e dittatura militare. Diciamo la verità. La vogliamo dire? Come tutte le guerre è stata fatta per il meglio della popolazione argentina, però l’unico sacrificato, come sempre, è stato il popolo. Al netto delle ragioni storiche legate all’appartenenza delle isole all’Argentina, più che altro interessò a Margaret Tacher, perché così ha preso due piccioni con una fava: salire nella popolarità del popolo inglese e vincere una guerra. È stata senza dubbio una lotta impari: la NATO contro un esercito amateur. A che pro i militari argentini hanno fatto questa guerra? Per anni abbiamo pagato lo scotto e di risvolti positivi neanche l’ombra!

725 Come ti dona!

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Trascrizione

Giovanni: oggi vorrei parlare di complimenti.

Si dice che le donne amino i complimenti:

Come sei bella con questo vestito!

Oggi sei più bella del solito!

Che occhi meravigliosi!

Eccetera eccetera

Ho detto le donne, ma in realtà tutti amano i complimenti.

Tra l’altro non si possono fare complimenti solamente per la bellezza, ma anche per la casa:

Che bella casa, complimenti!

Oppure per i figli:

Lei ha dei figli bravissimi e dolcissimi!

O per un risultato ottenuto:

Complimenti per la laurea!

Ho saputo che ha aperto una nuova sede per la sua azienda. I miei complimenti!

Eccetera.

Ma non voglio divagare troppo oggi.

Oggi vorrei parlarvi del verbo donare, molto adatto quando si fanno i complimenti.

Non esistono infatti solamente le donazioni, cioè quando si offre qualcosa di proprio ad altre persone, come la donazione del sangue, degli organi o le donazioni in denaro. Parlo dell’uso intransitivo del verbo.

Questo vestito ti dona molto.

Oddio come ti dona questo rossetto!

In questo caso donare vuol dire aggiungere grazia all’aspetto di una persona.

Questo vestito ti sta molto bene

Questa è una frase più o meno equivalente.

In pratica il vestito che indossi ti fa bella, ti giova esteticamente, ti rende più bella o magari più giovane, ti fa apparire in modo migliore, fa risaltare i tuoi pregi, esalta le tue caratteristiche più belle del viso, ti valorizza.

Quanti verbi diversi possiamo usare!

Perché allora usare il verbo donare?

È una delle possibilità, però direi che per fare un complimento è molto apprezzato da chi lo riceve. Posso usarlo però anche al contrario.

Quest’abito è bello, ma non ti dona.

Quindi quest’abito non ti sta bene, pur essendo un bell’abito, magari anche di qualità. Però non valorizza il tuo corpo perché risalta i tuoi difetti e non i tuoi pregi.

Un vestito può donare a una persona e allo stesso tempo non donare affatto a un’altra persona.

Un vestito può star bene a una persona e allo stesso tempo non star bene affatto a un’altra.

Donare però è meglio che “star bene”, perché quando un vestito mi sta bene potrebbe anche significare che non ha niente che non va, o che è della giusta taglia o che, al limite, ci sto comodo.

Se invece mi dona allora non c’è dubbio che quel vestito mi fa apparire di aspetto migliore, perché, per via del colore o per altro motivo, mette maggiormente in evidenza i miei pregi, mette in risalto i miei tratti, oppure mi fa sembrare una persona più alta, più magra, esalta il colore dei miei occhi, non mi fa vedere troppo la pancia, eccetera eccetera.

Se invece un abito non mi dona, come anche un trucco particolare o un taglio di capelli – tante cose possono donare o non donare – evidentemente l’effetto è il contrario: un pantalone che mi fa apparire i fianchi troppo larghi, un maglione che mi fa sembrare tropo grasso, una cravatta con un colore che non si abbina con quello dei miei capelli, eccetera; in tutti questi casi questo capo di abbigliamento (ad esempio) si dice che non mi dona, che non mi sta bene addosso.

Notate che il verbo donare si può anche usare in modo transitivo nelle stesse circostanze, però devo specificare. Vediamo alcuni esempi usati sia in un modo che nell’altro:

Questo pantalone ti dona un aspetto più giovanile (transitivo)

Una gonna che dona alle ragazze con i fianchi larghi (intransitivo)

Questo colore le dona tantissimo (intransitivo)

Questa signora ha uno smalto che le dona molta eleganza (transitivo)

Infine una osservazione.

Il verbo donare si può usare in modo transitivo anche al di fuori dei capi d’abbigliamento e della bellezza delle persone.

Questa crema al pistacchio dona qualcosa di molto speciale ai nostri dolci.

Questa cornice dona al quadro un aspetto troppo antico

Perché non appendi un bel quadro? Un quadro può donare ad un appartamento un aspetto più elegante e raffinato.

Vedete che donare allora, nel caso transitivo, è molto simile a dare, fare, far sembrare, oltre che a rendere. Anche conferire si avvicina molto. È più raffinato persino.

Questo taglio di capelli ti conferisce un aspetto molto raffinato.

Questo vestito ti un aspetto più aristocratico

No, questa gonna non va bene. Ti rende/fa troppo magra

Questo è un pantalone che ti fa (sembrare) più grassa di quello che sei.

Nel verbo donare, come anche in conferire, che è il più simile, c’è anche il senso di aggiungere una qualità nuova e pregevole.

Si ottiene un qualcosa in più, come se fosse un dono, un regalo.

Adesso ripassiamo qualche episodio precedente.

Ripassiamo adesso?
Irina: una domanda di riserva?

Marcelo: Irina, ti sei smarcata subito dalla domanda, neanche ti avesse fatto una domanda personale!

Peggy: a proposito di complimenti, io li adoro, ma a volte è solo tutta fuffa mio malgrado.
Poi il mio ragazzo è molto taciturno in merito. La mia pazienza però è agli sgoccioli. Sono pronta a piantar baracca e burattini e lasciarlo per sempre.