Descrizione: benvenuti nell’episodio numero 1013 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.
“Che me ne faccio” è un modo informale di esprimere l’idea di inutilità di qualcosa per chi parla..
Proponiamo anche una serie di eserciziper testare il grado di comprensione di questo episodio.
A partire dal numero 1001, gli episodi di questa rubrica sono solamente per i membri dell’associazione.
Alla fine dell’episodio proponiamo le seguenti frasi di ripasso degli episodi precedenti formulate e registrate dai membri dell’associazione, dedicate alle cose inutili:
Estelle: Mi è venuto il magone perché per molte di queste avevo dovuto faticare molto per acquistarle. Dopo aver vagliato per ore alla ricerca di qualcosa da salvare, mi sono resa conto che mi ero impelagata in un vero casino.
Irina: era tutto pieno di materiali antidiluviani. Ho messo tutto in un sacco le cose da gettare via e all’improvviso ho trovato una chiave inglese che all’occorrenza mi avrebbe potuto aiutare a rimediare a qualche guasto alla macchina! Povera me!Non mi metterò più in queste faccende!
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Trascrizione
Ciao a tutti.
Oggi parliamo di utilità. Veramente non è neanche la prima volta, perché che io ricordi, ne abbiamo parlato almeno una volta, nell’episodio dedicato all’espressione “lascia il tempo che trova“.
La locuzione di oggi è abbastanza simile, ma ha una particolarità: parlo di “essere fine a sé stesso”.
Si parla innanzitutto solamente di azioni, quindi si sta valutando l’utilità di una azione o un’attività o anche una qualità, una virtù.
Quando si dice che un’azione è fine a sé stessa, o un’attività è fine a sé stessa, si vuole dire che non c’è una utilità o una motivazione particolare, o uno scopo preciso in questa azione, se non quello che deriva ad esempio dal semplice piacere nel farla.
Non ci sono quindi altri scopi, dunque non si vede una utilità aggiuntiva, una motivazione aggiuntiva, o una vera utilità.
In altre parole, si sta parlando di questa azione la cui utilità (spesso si parla di utilità, ma non sempre) finisce lì, potremmo dire, dunque non è adatta per altri scopi o non è stata fatta per conseguire un fine determinato.
In questa spiegazione sto cercando di usare parole diverse anche al fine di aumentare il vostro vocabolario. Non è dunque qualcosa fine a sé stesso.
È proprio la finalità la cosa sulla quale ci dobbiamo concentrare.
Potremmo anche dire che ciò che facciamo, se è fine a sé stesso, non è un mezzo per ottenere uno scopo aggiuntivo.
Si può comunque usare più in generale per indicare qualcosa che ha una scarsa utilità, non una vera e concreta utilità o motivazione.
Vediamo qualche esempio.
Un professore di italiano trova, uscendo dalla scuola, una ruota della sua auto bucata. Il professore non crede si tratti di un semplice atto vandalico fine a sé stesso, ma crede ci siano dietro altre motivazioni. Forse uno studente arrabbiato, che non aveva digerito una bocciatura…
Un altro esempio:
Ho iniziato a studiare il latino, così, per diletto, e ho scoperto che mi sta aiutando molto anche a capire il tedesco e l’inglese. Credevo fosse un piacere fine a séstesso ma con mia sorpresa si è rivelata tutt’altro che fine a sé stessa.
“Il fine” è la finalità, l’obiettivo. Attenzione perché il fine e la fine hanno due significati diversi.
Un altro esempio in ambito sportivo:
Una squadra vince una partita 10-0, quindi fa una grandissima partita, dominando l’avversario. Quella grande vittoria però risulterà fine a sé stessa perché non porterà a vincere nessuna competizione.
In quest’ultimo caso avrei potuto anche parlare di una vittoria “inutile“, una vittoria che non è servita purtroppo a vincere nulla di importante.
Molto spesso sono anche i piaceri di qualsiasi tipo (vale anche per le virtù e le qualità), ad essere valutati fine a sé stessi se non se ne vede una utilità tangibile.
Anche cose come l’ansia o la sofferenza, si dice che non siano, o almeno che non debbano essere fine a sé stesse.
L’ansia e le preoccupazioni sono strumenti che ci preparano per i pericoli futuri, quindi ci consentono di prevedere eventuali problemi o di reagire con prontezza in caso di necessità.
L’ansia non è affatto fine a sé stessa, anzi!
Lo stesso si può dire della sofferenza, che ci aiuta a conoscerci e a diventare più forti. Quindi entro certi limiti anche la sofferenza non è affatto fine a sé stessa.
Avrete notato che “fine“, come l’ho usato io, non cambia, né cambiando il genere, né al plurale. Ad ogni modo al plurale abbastanza spesso si legge “fini“. Un italiano non ci fa molto caso in realtà, quindi possiamo considerare le due forme entrambe corrette.
Fine a sé stesso
Fine a sé stessi
Fine a sé stessa
Fine a sé stesse.
Dimenticavo quasi di dire che (l’accento su sé in questo caso non sarebbe obbligatorio, ma è preferibile mettercelo.
E adesso vediamo un bel ripasso. Parliamo di viaggi, che proprio come i ripassi, sono ben lontani dall’essere fine a sé stessi:
Irina: ogni volta che vengo in Italia per un paio di giorni, non riesco mai a portarmi solo lo stretto indispensabile.
Marcelo: anche per me è sempre difficile ridurre la valigia ai minimi termini, perché poi non si sa mai!
Albèric: Io però sonoincline a consigliare di portare il minimo indispensabile! Assumounaposizione chiara riguardo a questo, e dico se ti manca qualcosa, la compri!
Esercizi
Risposte disponibili ai soli membri dell’associazione Italiano Semplicemente.
Avete presente quando avete la sensazione che nonostante vi sforziate nel fare qualcosa, vi accorgete che è completamente inutile?
Ecco, quella sensazione che provate è la frustrazione.
È simile alla depressione, infatti è anche un termine che appartiene al mondo della psicologia.
Quando ci sono difficoltà che sentite come insormontabili, provate frustrazione, simile alla delusione anche.
Insormontabile è un aggettivo che è sempre associato agli ostacoli e ai problemi. Un problema insormontabile non è sormontabile, cioè non si può superare, sormontare.
Ogni tentativo sarà vano (cioè inutile) con un ostacolo insormontabile, e quando ce ne rendiamo conto proviamo frustrazione, proviamo un senso di sconforto, ci demotiviamo, ci potremmo anche deprimere.
A volte cadono/cascano anche le braccia quando proviamo frustrazione.
Questa è un’espressione che si usa spesso quando ci si sente frustrati, quando abbiamo la sensazione che sia inutile che continuiamo a sforzarci.
Adesso ripassiamo qualche episodio passato, sperando che non avvertiate frustrazione perché non ne ricordate il significato. Altrimenti, se proprio volete sentirvi frustrati, che ne dite di parlare del congiuntivo?
Leonardo: da quanto ne so io, anche a detta degli italiani, il congiuntivo non è sempre semplice da usare. Scusate, so che si tratta di una questione squisitamente grammaticale, ma dopo aver detto “si può dire che” si usa l’indicativo o il congiuntivo? A me capita spesso di fare queste domande.
Ulrike: tranquillo non ti farò nessuna filippica per così poco. Averne di domande così intelligenti. Io comunque, per non saper né leggere né scrivere userei il congiuntivo.
Marcelo: il congiuntivo dici? Sarà… Speriamo almeno si possa dire che ci sono due possibilità.
Giovanni: ne parliamo nel gruppo whatsapp dell’associazione.
Giovanni: cosa possiamo farne del tempo una volta che l’abbiamo trovato? Vi lascio alle parole di Flora.
Flora: I due minuti odierni sono dedicati all’espressione lasciare il tempo che trova.
Ragioniamo sul significato dell’espressione: Cosa trova tempo?
Diciamolo meglio: Per che cosa una persona, la società, spende del tempo?
Per qualcuno, qualcosa di interessante, di importante, che, ovviamente, non può essere conosciuta, giudicata, svolta, effettuata, in un attimo.
Il verbo “trovare” in questa frase non deve risultarci strano, perché in italiano “trovare del tempo” significa ritagliarsi nel corso della giornata, settimana, mese, anno, etc dei momenti per fare una determinata cosa:
Quest’autunno devo assolutamente trovare del tempo per andare in palestra
Quindi, alla luce delle nostre riflessioni, deduciamo che “lasciare il tempo che trova” indica che qualcuno, qualcosa, è di scarsissima importanza per noi, per la comunità.
Di cui non ci curiamo oppure che non ha benefici reali che arrecano miglioramenti.
L’omeopatia è una cura che lascia il tempo che trova per le malattie serie. L’otite, ad esempio, si sconfigge con gli antibiotici, altro che erbe ed unguenti.
Questa sfumatura ce la dà il verbo “lasciare”. Il senso dell’espressione è:
Qualcuno, qualcosa, non occupa tempo nella mia vita, nella storia, perché essendo di scarso valore, lascia subito il tempo che gli si dovrebbe dedicare.
Meglio:
Non mi curo di qualcosa che dovrebbe avere il suo giusto tempo di esecuzione, perché la ritengo inutile, dannosa, offensiva, etc. oppure la cui azione o intervento non produce alcun effetto nella società, per me, etc.
Lasciare il tempo che trova sottolinea, anche, l’inutilità di impiegare del tempo a discutere su qualcosa o a cercare una risposta definitiva e precisa. In altre parole potremmo dire “è quasi impossibile arrivare a una conclusione certa, quindi non vale la pensa indagare oltre”.
Questo tuo piccolo slogan lascia il tempo che trova. La verità, per me, è che non hai voluto affrontare con criterio la situazione, ed ora, pensi che basti gridare allo scandalo. Tutti sapevamo che Tizio giocava d’azzardo.
La pubblicità cruenta sui cambiamenti climatici lascia il tempo che trova se tutti gli Stati non mettono in atto serie politiche per modificare questa situazione che, oggi, appare irreversibile.
Le infatuazioni degli adolescenti lasciano il tempo che trovano. Non mi preoccuperei della cotta di Giorgia per Gerardo. D’estate ci si innamora spesso. A dicembre, per Giorgia sarà solo un dolce ricordo.
Giovanni: grazie Flora, allora adesso ripassiamo qualche espressione precedente, certo del fatto che questo non lascia il tempo che trova, considerando che è proprio questo il senso della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.
Adriana (Bulgaria) e Martine (Francia):
Come fare per fare in modo che 2 minuti siano utili? Potrei starmene sul divano a cincischiare, mangiando qualcosa ogni due per tre davanti alla TV, oppure tener fede ai miei propositi, ed ascoltare i due minuti con Italiano Semplicemente, conformementealle mie abitudini quotidiane. Vi dirò che mi piace avere una routine quotidiana di questo tipo. Vuoi che prima o poi non mi entrino in testa questi episodi?
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L’Inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!
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