Il congiuntivo in Italiano: omissione della particella “se”

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Il congiuntivo in Italiano: omissione della particella “se” 

L’uso della preposizione “a” seguita da un sostantivo in italiano ha diversi usi a seconda del contesto.  Nei casi di ubbio, incertezza o rammarico e delusione, la particella “se” può essere omessa, soprattutto in frasi esclamative.

Durata: 14 minuti

Essere in forse o essere in dubbio? (ep. 1028)

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Essere in dubbio o essere in forse?

Nell’episodio dedicato ai dubbi che abbiamo realizzato qualche tempo fa non vi ho parlato della locuzione “essere in forse”.
“Essere in forse” è un’espressione comune che indica incertezza o dubbio riguardo a una situazione, una decisione o un evento futuro. Questa locuzione può essere applicata a diversi contesti della vita quotidiana e assume un significato di indecisione o mancanza di certezza riguardo a qualcosa.

La parola “forse” d’altronde fornisce un grosso aiuto per la comprensione di questa locuzione. “Forse” è un avverbio che indica una possibilità, ma non una certezza assoluta. Viene utilizzato per esprimere incertezza riguardo a una situazione o un’azione futura. Ad esempio, “Forse pioverà domani” suggerisce la possibilità di pioggia senza garantirne la certezza.

L’utilizzo del verbo “essere” insieme alla preposizione “in” in questa locuzione è importante perché stabilisce in questo caso lo stato di incertezza di qualcosa o qualcuno.

La combinazione di “essere” e “in” con altri sostantivi o aggettivi può creare espressioni simili. Ad esempio, “Essere in fermento” indica un periodo di agitazione o cambiamento. “Essere in pace” indica uno stato di tranquillità o serenità interiore. Si usa “In allegria” per indicare uno stato mentale simile alla felicità (quest’ultimo è un parolone, mentre l’allegria è più a portata di mano di tutti direi); “in fretta” per indicare un’azione svolta velocemente, “in silenzio” per indicare uno stato di assenza di rumore.

Potrei citare anche “essere in forma” che indica uno stato di buona salute fisica, “essere in ritardo” indica il non essere puntuali o il non rispettare un orario prestabilito, oppure “essere in grado” che indica la capacità di fare qualcosa.

Vediamo alcuni esempio con “essere in forse“:

La data della riunione è ancora in forse.

Ad esempio sono state proposte alcune date per la riunione, ma al momento è ancora in forse poiché stiamo aspettando la conferma della disponibilità di tutti i partecipanti.

Con questo tempaccio, la gita per domani è in forse!

E’ la gita ad essere “in forse”. Questo è importante, perché sostituire “essere in forse” con “essere in dubbio” non sempre è una buona idea. “Essere in forse” riguarda maggiormente la possibilità che avvenga un evento futuro. Questi eventi possono dipendere da una decisione di una persona, che però può dipendere a sua volta da circostanze esterne. Non è detto ci sia una indecisione, un dubbio. Ci si riferisce sempre direttamente all’esito: la festa è in forse (non si sa se si svolgerà). Oppure: “la mia presenza per domani alla festa è in forse. Vediamo se starò meglio“.

“Essere in dubbio” è più specifico per le persone e il loro pensiero, specie se ci sono più alternative: sono in dubbio se venire o meno, l’allenatore è in dubbio se giocare on due o tre attaccanti.

Spesso si usano indifferentemente, ma meno spesso per indicare il dubbio di una persona.

Es:

Il calciatore è in forse/dubbio per domani” significa che non si sa se giocherà, ma in genere non si sta parlando della sua indecisione. Non si sa se giocherà, ma questo dipenderà dal suo staff medico o dalle scelte tattiche dell’allenatore.

Lo stesso se dico “La nostra vacanza è in dubbio/forse”. Qui è più chiaro, perché una vacanza non è una persona, quindi non può avere un dubbio. E’ la vacanza ad essere in forse/dubbio. Posso usare entrambi i termini, anche “dubbio”, sebbene io non stia parlando del dubbio che può venire a una persona.

Ci sono casi in cui si può comunque indicare una indecisione:

Sull’acquisto della casa, siamo ancora in forse/dubbio.

Sto parlando di noi, quindi questo significa che evidentemente dopo aver valutato diverse opzioni, siamo ancora in forse riguardo all’acquisto della casa poiché non siamo sicuri se sia la scelta migliore per la nostra famiglia. Detto in altre parole, non è detto che acquisteremo, in tempi brevi almeno, una casa; la decisione non è stata ancora presa. Possiamo usare sia “in dubbio” che “in forse”. Ma usare “in forse”, come detto, non è molto comune quando parliamo di dubbi personali.

Un altro esempio di questo tipo:

Riguardo al piano delle vacanze estive, siamo ancora in forse/dubbio sulla destinazione da scegliere.

Vale a dire che non abbiamo deciso ancora dove andare in vacanza quest’estate. Siamo in forse tra una località al mare o un viaggio in montagna, entrambe sembrano attraenti e non riusciamo a prendere una decisione definitiva. In questi casi meglio usare “in dubbio” perché, quando parliamo esplicitamente di dubbi tra due o più alternative, non suona molto bene usare “in forse”.

Un altro esempio:

riguardo alla scelta tra andare al mare o in montagna sono molto in forse

In questi casi molto meglio usare “essere in dubbio“, quindi:

Riguardo alla scelta tra andare al mare o in montagna sono molto in dubbio.

In definitiva per gli eventi meglio usare “in forse” mentre per le indecisioni è decisamente preferibile “in dubbio”.

Come ripasso del giorno vi propongo di parlare di certezze e incertezze. Potete parlare di eventi futuri o di vostri pensieri. Se siete in dubbio su qualche espressione , chiedetemi pure un consiglio.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Albéric: Mi viene in mente la frase “ogni dubbio è lecito”. Infatti, parlando di dubbi e certezze, col senno di poi è sempre facile individuare le misure cautelative che sarebbero dovute adottarsi per rimediare a un danno o una situazione pericolosa.

Mariana: Hai ragione. In tempi non sospetti sono in pochi a vederci giusto prima che la frittata sia fatta.

Marcelo: Avevo un biglietto per la lotteria di Spagna e la certezza di ottenere il primo premio, ma nisba! Il vecchietto che me l’ha venduto mi aveva fatto l’occhiolino facendomi cenno di quale biglietto comprare! in compenso posso dire che mi sono fatto un nuovo amico, il vecchietto! Una magra consolazione direi!

817 Che vuoi che…

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Che vuoi che…

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Trascrizione

Giovanni: che volete che vi spieghi oggi?

Forse potrei fare qualche esempio su come una brevissima pausa o il tono sia a volte importante per capire il senso di una frase.

Oppure potrei mettervi alla prova su come distinguere una vera domanda da una domanda retorica.

Potremmo fare entrambe le cose allora.

Ricordate l’episodio sulle domande retoriche, spero.

Una domanda retorica non è una vera domanda, anche se può sembrare una domanda.

Che volete che vi spieghi oggi?

Questa è una vera domanda.

Che vuoi che ne sappia io?

Questa è una domanda retorica.

Come distinguere? Questo è un dubbio che potrebbe nascere sempre quando c’è “che vuoi che” seguito da qualcos’altro.

Vediamo allora cosa può essere questo qualcos’altro:

Che vuoi che sia?

Questa è un’altra domanda retorica.

Questo genere di domanda, col verbo essere al congiuntivo, si usa per sminuire qualcosa, per sdrammatizzare, per dare meno importanza a qualcosa.

Es: un ragazzo è triste e spiega il motivo a un suo amico:

Maria mi ha lasciato. È una tragedia!

Risposta dell’amico:

ma che vuoi che sia? Alla nostra età più esperienze si hanno, meglio è.

È come dire: non è niente di grave, niente di così importante.

Esiste anche la forma al plurale “che vuoi che siano”.

Es:

Dovrò fare cinque esami quest’anno all’università.

Risposta: che vuoi che siano cinque esami in un anno?

Cioè: non sono tanti cinque esami.

Andiamo avanti:

Che vuoi, che non lo sappia?

Questa è un’altra domanda retorica. Significa: certo che lo so, è una cosa ovvia, lo trovi strano che io ne sia a conoscenza?

Avrete notato che in questo caso c’è una piccola pausa dopo “vuoi”.

La frase è equivalente a:

vuoi che non lo sappia?

Abbiamo già visto questo “vuoi che non“, e mettere un secondo “che” all’inizio serve solo a dare maggiore enfasi alla frase. Questo si può fare sempre.

Andiamo avanti:

Che vuoi che ti dica…

Questa può essere una vera domanda ma generalmente non lo è. È un’altra domanda retorica.

Questa frase si utilizza nel linguaggio colloquiale quando non si ha una chiara idea di qualcosa. Solitamente si tratta di cercare una ragione che ci spieghi qualcosa ma non ne abbiamo proprio idea e proviamo spesso a dare comunque una risposta.

Es.

Sai perché Giovanni ha deciso di diventare un prete?

Risposta: che vuoi che ti dica, sarà perché ha parlato con Dio, o forse perché ha avuto una crisi mistica.

Che è un po’ come dire: non saprei proprio cosa dirti, non lo so. Non so come rispondere, ma provo a ragionare e provo a dare una risposta.

Non è come dire: che vuoi che ci mangiamo oggi?

Questa è una vera domanda ma può diventare retorica se il frigo è vuoto.

che vuoi che ci mangiamo oggi che il frigo è vuoto?

Come distinguere? L’uso del congiuntivo può spiegare qualcosa? In realtà è vero che la frase “che vuoi che ti dica” è sempre usata in modo retorico e esprime sempre una forma di incertezza, di dubbio e di ricerca di una risposta. Spesso è preceduta da un “mah”:

Mah, che vuoi che ti dica?

A volte denota scoraggiamento, delusione:

Come va tuo figlio all’università?

Mah, che vuoi che ti dica, ha fatto un esame in due anni, speriamo riesca a sbloccarsi.

Dipende spesso anche dal verbo che si usa.

Che vuoi che faccia?

Questa in genere è una vera domanda. Spesso provocatoria, ma pur sempre una domanda.

Es:

Perché nei tuoi episodi fai tanti esempi?

Risposta: che vuoi che faccia, un episodio senza esempi? Non è possibile!

Vediamo adesso:

Che vuoi che ne sappia…

Un’altra domanda retorica.

In questo modo si esprime un convincimento mostrando un po’ di fastidio.

Chiedi a Giovanni come si usa il congiuntivo.

Risposta: ma che vuoi che ne sappia Giovanni di grammatica, che lui non la sopporta?

In queste frasi, col verbo sapere ma anche con altri verbi, c’è sempre una seconda parte della frase che inizia con “che”, come nel caso appena visto.

Altro esempio:

Che vuoi che ti racconti della vacanza, che l’ho passata interamente in quarantena per via del covid?

La seconda parte della frase serve a giustificare la prima, serve a spiegare il motivo.

“Che vuoi che” è equivalente a “cosa vuoi che”, e se sono molto arrabbiato possiamo anche aggiungere una parolina intermedia:

Che cavolo vuoi che abbia scritto sul compito, che non avevo studiato per niente?

Cosa cacchio vuoi che ci siamo detti io e Cathy, che lei non parla una parola di italiano?

Cosa diamine vuoi che ne capisca io di lingua latina, che non me l’ha mai insegnata nessuno?

C’è sempre un tono abbastanza irritato, perentorio, deciso.

Lo stesso concetto può avvenire comunque anche senza necessariamente contenere “che vuoi che”, ma il verbo volere non manca quasi mai.

Solo per farvi un esempio:

Ti aiuto io a recuperare matematica a scuola:

Risposta possibile:

Cosa vuoi aiutarmi tu, che non hai mai preso una sufficienza in matematica?

Abbiamo visto le forme più utilizzate: che vuoi che sia, che vuoi che ne sappia, che vuoi che ti dica, ma “che vuoi che” può essere seguito in realtà da tutti i verbi al congiuntivo, spesso con un tono scocciato, infastidito per qualcosa che si ritiene ovvio.

Es:

Mi dici perché 10 anni fa non mi hai fatto il regalo di compleanno?

Risposta:

ma cosa vuoi che mi ricordi di 10 fa che a malapena ricordo cosa ho mangiato oggi!

Oppure, se mia moglie mi dice: stai male? Sei un po’ troppo silenzioso oggi.

Mia risposta:

ma niente, che vuoi che abbia? Sono solo un po’ stanco.

Tanto per concludere l’episodio, se si parla con più persone si può anche dire “che volete che…“. Questo vale per tutti gli verbi.

Adesso ripassiamo qualche episodio passato dalle voci dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Poi, tutti voi membri potrete verificare quanto avrete appreso di questo episodio rispondendo a 10 domande. Lo scorso episodio almeno un paio di domande hanno creato qualche difficoltà anche ai più bravi.

Chi volesse mettersi alla prova in questo e in altri futuri episodi invii la richiesta alla pagina di iscrizione all’associazione italianosemplicemente.com/chi-siamo

Ulrike: quale regione italiana vorreste visitare? A me piace il vino, ragion per cui vanno bene tutte. Dovendo scegliere però direi Toscana, che è più congeniale ai gusti di mio marito in fatto di cultura.

Marcelo: io meglio che sto alla larga dai vini. Il medico dice che potrebbe pregiudicare la mia salute.

Peggy: io non sono al corrente di quale siano i vini italiani più buoni, ma a detta di molti, si casca sempre bene.

689 In tempi non sospetti

In tempi non sospetti (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Oggi vediamo l’espressione “in tempi non sospetti“, molto usata.

Iniziamo dai sospetti, plurale di sospetto.

Il sospetto

I sospetti

Il sospetto è una sensazione simile al dubbio.

Avere un sospetto dunque è simile a avere un dubbio.

La differenza è che si tratta di un dubbio pericoloso che non riguarda una propria azione, ma deriva dall’osservazione della realtà.

Qualcosa potrebbe risultare pericoloso per noi. Per questo motivo sospetto è non solo un sostantivo ma anche un aggettivo:

Un tipo sospetto ad esempio è una persona che non conoscete e che non sembra innocuo, anzi, sembra poco rassicurante, incute forse un po’ di paura, oppure abbiamo paura che possa imbrogliarci. Il pericolo potrebbe essere di qualsiasi tipo.

Attenzione a non confondere l’aggettivo sospetto con sospettoso. Sospettosa è la persona che ha il sospetto, è la persona che ha paura che ci possa essere un pericolo.

Sospetto invece è l’aggettivo che diamo alla cosa che crediamo possa portarci questo pericolo.

Anche un rumore può essere sospetto.

Ho sentito un rumore sospetto venire dalla cucina non saranno mica i ladri?

Una cosa sospetta dà adito a dubbi, tanto per usare il termine adito, che abbiamo visto recentemente.

Si tratta di dubbi sulla potenziale pericolosità che potrebbe arrivare da questo sospetto che abbiamo.

Se sento un odore sospetto, magari può essere puzza di bruciato e ho paura che sia un incendio.

Un dolore sospetto invece può farmi sospettare che io abbia qualcosa di grave.

Avrò una malattia grave? Forse sto per morire?

Già, perché esiste anche il verbo sospettare.

Sospettare significa pensare che possa accadere qualcosa di negativo o pericoloso o che sia già accaduto perché ho fatto dei ragionamenti che mi hanno portato a pensare questo.

Non sono sicuro, ma posso avere un forte sospetto, cioè essere quasi sicuro di qualcosa.

Sospetto che sia stato tu a tradirmi!

Non puoi sospettare di me!

Nella frase “in tempi non sospetti” comunque, sospetti è aggettivo. I “tempi” indicano un non specificato momento o periodo nel passato.

Per la precisione, i tempi di cui si parla erano diversi dal momento attuale, perché a quei tempi non c’era qualcosa che adesso invece c’è, o non si sapeva ancora qualcosa che oggi invece si sa, e a quei tempi, visto che erano diversi, era difficile dire o fare alcune cose che invece, se dette o fatte oggi, sarebbe normale.

Vi faccio un esempio:

Oggi sappiamo che mettere la mascherina ci protegge contro il covid. Due anni fa in Italia nessuno portava la mascherina perché il virus non era ancora conosciuto.

Eppure conosco una persona che in tempi non sospetti diceva sempre: bisogna mettere la mascherina per non prendere malattie infettive.

Ecco, questa persona non lo dice solo adesso di indossare la mascherina, ma lo diceva anche in tempi non sospetti, cioè prima, quando non era normale dirlo, quando non sembrava essere pericoloso.

Quindi questa persona era un precursore.

Si chiama così chi dice delle cose che solo nel futuro troveranno una conferma.

Solo chi dice delle cose che si riveleranno vere molto tempo dopo può dire di averle dette in tempi non sospetti.

Ma perché “non sospetti?” Perché nessuno può sospettare che a quei tempi si potesse sapere qualcosa del covid. Tutto qui.

L’espressione si usa solamente con la negazione.

Altri due esempi:

Cinquant’anni fa, in tempi non sospetti, c’era già qualche studioso che parlava di riscaldamento globale.

Anche in questo caso si parla di precursori, che sanno immaginare e sanno prevedere prima degli altri.

Oggi è facile convincersi della validità del metodo usato da Italiano Semplicemente per insegnare la lingua italiana ai non madrelingua. In tempi non sospetti però ricordo come Lya, il primo membro dell’associazione Italiano Semplicemente, si disse entusiasta di questo metodo mentre c’erano molte persone che invece dicevano che insegnare la grammatica fosse la cosa più importante.

Ripassiamo?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Bogusia: Giovanni, ieri ho letto la parola orpelli, non è che la potresti spiegare una volta?

Giovanni: perché no, aggiudicato!

Irina: te la spiego io! Gli orpelli sono tutte le cose inutili che vengono utilizzate per esaltare qualcosa. Benché vogliano dare un’apparenza, questo risulta in contrasto con la verità. In pratica gli orpelli hanno la pretesa di abbellire, rendere migliore qualcosa, ma non ci riescono, cosicché risultano di troppo.

Albéric: ad esempio Giovanni nei suoi episodi cerca di evitare inutili orpelli che non servono a niente, magari dei paroloni che non aiutano a fornire una spiegazione utile.

Marcelo: molto simile alla parola fronzoli. Vero?

Giovanni: ragazzi, per la cronaca sarei io la persona deputata a dare spiegazioni qui. Mi volete rubare il mestiere? Ma io non lo so!

Ulrike: non ci si può cimentare in una spiegazione?

Harjit: lascialo stare Ulrike, oggi non è cosa! Vorrà dire che ci penserà lui in uno dei prossimi episodi.

Hartmut: certo, la spiegazione dacché mondo è mondo è appannaggio di Giovanni.

Peggy: comunque vorrei sgombrare il campo da sospetti. Capisco che la spiegazione di Irina possa dar luogo a polemiche, ma conoscendo Irina, è chiaramente un’accusa indebita, lei a suo modo voleva semplicemente partecipare a un ripasso.

Giovanni: allora Irina considerati perdonata!

356 Il condizionale per dubitare

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente  Italiano (ENTRA)

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Episodio collegato: Come esprimere i dubbi

Trascrizione
Giovanni: sapete usare il condizionale per dubitare?

Cosa? Cosa sarebbe questa cosa?

Questa potrebbe essere una possibile risposta alla mia domanda.

In un episodio passato abbiamo visto che il condizionale di un verbo si può usare non solo nel modo classico, ma anche per parlare del futuro nel passato. Ricordate l’episodio n. 210? Date un’occhiata se volete.

Ebbene, potete usare la forma del condizionale, ma soprattutto di alcuni verbi come essere e avere, quando volete esprimere un dubbio su qualcosa che avete appena ascoltato.

Si tratta di un modo che si usa prevalentemente  nella forma orale, perché a dire la verità è un po’ fastidioso ascoltare una persona che utilizza il condizionale in questo modo, non perché sta usando il condizionale, ma perché solitamente si tratta di un modo un po’ irrispettoso di dubitare.

La frase in genere è sotto forma di domanda, come avete visto:

Cosa sarebbe? Cosa avresti? Che avrebbe detto? Che avresti fatto tu?

Vediamo qualche esempio.

Figlio: Mamma, oggi viene a pranzo una mia amica.

Mamma: e chi sarebbe?

Come vedete, si tratta di una domanda.

Normalmente si dovrebbe chiedere:

Chi è?

Chi è questa tua amica?

La conosco?

Se invece dico: “e chi sarebbe?” Sto chiedendo, come prima, informazioni sulla ragazza, ma lo sto facendo in modo dubbioso, come ad esprimere una specie di fastidio, una sorpresa sgradita, qualcosa che la mamma non si aspettava, e per questo motivo la domanda vuole essere fastidiosa, dubitativa, preoccupata quasi.

“Chi sarebbe questa ragazza?”

L’espressione del viso che accompagna questa domanda deve essere idonea a esprimere queste emozioni.

Non si tratta, ripeto, di usare il condizionale nel modo classico, tipo:

Cosa faresti se fossi a casa?

Che diresti in quella occasione?

Tu che faresti?

Lei sarebbe felice se la baciassi

Eccetera. Si parla invece di esprimere dubbio, fastidio, preoccupazione, sfiducia, disaccordo. Dipende dalle occasioni

Altri esempi:

Stamattina ho costruito questo strumento utilissimo!

E a cosa servirebbe? Che sarebbe sto strumento?

Potrei usare l’indicativo: a cosa serve? Cosa fa questo strumento?

Ma questa sarebbe una reazione neutra, ed io invece viglio esprimere un dubbio. Non è molto educato però usare questa modalità se non conoscete la persona con la quale state parlando. State attenti al condizionale. Usatelo a condizione che lo sappiate fare 🙂

Irina: Facciamo un ripasso sulla falsariga dei ripassi precedenti? Ve la sentite?

Carmen: Certo, siamo membri dell’associazione italiano semplicemente e in quanto tali ogni tanto tocca a noi metterci un po’ del nostro agli episodi della famosa rubrica dei due minuti.

Olga: Altro che storie! Così diamo manforte a Gianni e al contempo ci esercitiamo nell’uso dell’espressioni già trattate.

Iberè: Allora mandiamo questo ripasso a Gianni. Speriamo sia benaccetto da lui e ci faccia sentire il suo gentile aggiudicato!.

Giovanni: altroché se è benaccetto! Aggiudicato!