188 – FARSI VIVO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giuseppina: Finalmente ti fai vivo, ma che fine avevi fatto?

Questa è una frase che si sente spesso quando non si vede una persona da molto tempo: ci sono due espressioni: “ti fai vivo” e “che fine avevi fatto”. Oggi vediamo la prima espressione: farsi vivo, vivi, oppure viva e vive al femminile.

E’ una espressione informale, vuol dire farsi vedere dopo tanto temo, dare notizia di sè, e si usa “vivo” (che indica la vita) perché sembrava quasi che questa persona fosse scomparsa, ed invece è viva, “viva e vegeta” (questa è un’altra espressione tipica che si usa in questi casi). Quando una persona si fa viva si vuole dare l’immagine che, facendosi vedere, dimostra di essere viva.

Finalmente ti sei fatto vivo!

Giovanni è un po’ che non si fa vivo, ne sai qualcosa?

I miei amici si sono fatti vivi solo una volta in questi ultimi tempi!

Potete usare questa breve espressione ogni volta che qualcuno si fa vedere poco, quindi quando non si fa mai vivo.

Notate che “farsi vedere”, espressione simile,  non si usa quasi mai negli stessi contesti. Qualche esempio:

Fatti vedere domani alla riunione ok?

Poi Giuseppe è venuto? Si è fatto vedere oppure no?

Non vi fate più vedere da queste parti!

In questi tre esempi usiamo “farsi vedere” e non farsi vivi perché il senso è solo quello della presenza fisica in un posto e della vista materiale. Quando invece volete sottolineare il senso del tempo eccessivo che è passato, o il senso di scomparire, allora meglio usare “farsi vivo“.

Fatti vivo domani alla riunione ok? (cioè: non scomparire, cerca di dar notizie di te)

Poi Giuseppe è venuto? Si è fatto vivo oppure no? (un po’ dura e severa come frase)

Credo di essermi spiegato abbastanza bene, ora ascoltiamo un breve dialogo per non dimenticare le espressioni precedenti:

Ulrike (Germania) e Andrè (Brasile):

U: Ciao André, ti gira bene? Senti, non voglio incalzarti, ma è un bel po’ di tempo che non ti vedo nel nostro corso di Yoga. Mi manchi.

A: Hai ragione Ulrike, ma non me la sentivo proprio. Avevo sentore che l’allenatrice mi avesse preso di mira, ragion per cui mi ero messo da parte.

U: Hmm.. può darsi André. Probabilmente non le piaceva il tuo fare da spiritosone, forse nella sua mente paventava la possibilità che lei fosse oggetto di ilarità da parte tua per via della sua zeppola.

A: Pensi…? Beh, del suo modo di parlare non me ne frega proprio, anzi, ti dirò che ha perfino un certo non so che. Ma non vedo come possa calmarla, sembra davvero una persona da prendere con le molle.

U: Comunque sia André, torna alla carica e metti a posto la situazione, altrimenti finirai nel mio di mirino.

– – –

Giovanni: L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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187 – ALL’INSEGNA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Sapete cos’è un’insegna?

Non parliamo del verbo insegnare, anche se l’origine è la stessa, ma del simbolo. Infatti l’insegna, tra i vari significati, è un simbolo, rappresenta qualcosa.

Se dico il termine “insegna” un qualunque italiano pensa subito alle insegne stradali, alle insegne luminose dei negozi. Una insegna indica qualcosa, servono a questo le insegne stradali, cioè i cartelli stradali, e servono a questo anche le insegne dei negozi, dove c’è scritto il nome del negozio o la tipologia:

Farmacia, ferramenta, Alimentari ad esempio.

Anche l’insegna del wc, che può anche essere luminosa.

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Un’insegna – Photo by Tim Mossholder on Pexels.com

Le insegne devono essere viste e spesso sono grandi.

Oggi però vorrei parlarvi dell’espressione “all’insegna di“, che si usa sempre per indicare, ma si parla di una caratteristica, quindi non in senso materiale, come una insegna stradale. Quello che vogliamo indicare è quindi una caratteristica, una peculiarità. Può anche trattarsi di un principio, di un sentimento, di qualcosa che è da rispettare, o qualcosa a cui uniformarsi, posso anche dire che stiamo indicando una categoria in cui vogliamo rientrare o un argomento generico. Come le insegne, deve essere qualcosa di grande, qualcosa in cui si possono far rientrare altre cose. Questo è un legame con le insegne.

Vi faccio alcuni esempi:

Quest’anno si terrà una manifestazione all’insegna di Federico Fellini.

Quindi la mostra o manifestazione è dedicata a Federico Fellini, il grande regista italiano, la mostra riguarderà Fellini, tutto ciò che ci sarà nella mostra riguarda Fellini. Sto indicando una caratteristica della mostra, che quindi è all’insegna di Federico Fellini.

La mia abitazione è all’insegna di lusso e stile.

Evidentemente io abito in una casa lussuosa e con stile, questa è la caratteristica della mia casa, quindi ogni aspetto di casa mia è caratterizzato da lusso, quindi ricchezza e stile, classe, eleganza: una casa all’insegna di lusso e stile.

Ci vediamo domani tutti insieme? Sarà una serata all’insegna della nostra amicizia!

Una serata dedicata alla nostra amicizia, questa è la caratteristica del nostro incontro di domani.

Speriamo che questo nuovo anno sarà all’insegna della felicità tra i popoli.

Vedete che è una modalità abbastanza generica per indicare una caratteristica che accomuna tutti gli aspetti di qualcosa. Come un contenitore.

Vi auguro una serata all’insegna della passione!

Questo è un augurio che potete fare a due amici che si sono appena fidanzati!

Si sta augurando che la passione domini la serata, che caratterizzi tutti gli aspetti della serata!

Ed allora io vi auguro che le vostre lezioni di italiano non siano all’insegna della noia e della grammatica, ma piuttosto che siano all’insegna del divertimento e della curiosità.

Ora una bella frase all’insegna del ripasso divertente:

Emanuele (Italia)  e Doris (Austria): 

Sapete una cosa? Non voglio avere più niente a che spartire con le persone che non apprezzano le mie qualità. Da ora in poi mi relazionerò solo con coloro i quali non ho mai avuto alcun problema di sorta. Sarà una vera svolta nella mia vita! Punterò solo sui miei amici, quelli che credono in me, quelli che non mi prendono mai di mira, e se mi gira escluderò anche i miei genitori se continuano a criticarmi. Mi sfugge qualcuno forse? Ah, sì, i miei amici dell’associazione! Voi no, ovviamente: siete fatti salvi da questa mia crisi di insofferenza!

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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

186 – NULLA A CHE SPARTIRE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Photo by Pixabay on Pexels.com

Oggi vediamo la frase “niente a che spartire“, che è una espressione informale che si usa in questo modo; vi faccio qualche esempio:

Io non ho niente/nulla a che spartire con te.

La tifoseria calcistica non dovrebbe avere niente a che spartire con la politica

Mio fratello non ha niente a che spartire con le amicizie di Giovanni

La stragrande maggioranza degli italiani non ha niente a che spartire con la mafia.

La mia alimentazione non non ha niente a che spartire con la dieta mediterranea

Usare nulla o niente è ovviamente la stessa cosa.

Da questi esempi si intuisce che “spartire” indichi dei punti in comune, delle affinità, delle somiglianze. Il verbo spartire in realtà, se guardiamo al suo significato, equivale a “dividere“, o anche “condividere“:

Ci dobbiamo spartire la vincita (ad esempio metà ciascuno)

Dobbiamo spartirci il guadagno

Dobbiamo fare la spartizione dell’eredità

Spartire quindi significa dividere in più parti e distribuire a più persone, come anche “ripartire“, quindi condividere qualcosa, fare delle parti, dividere in più parti.

Quindi se dico: “non c’è nulla da spartire“, significa che non c’è niente da dividere. Come se io dicessi:

Dobbiamo spartirci la torta, facciamo metà ciascuno ok?

Se non c’è nessuna torta, tu rispondi:

Non c’è nulla da spartire purtroppo, mi spiace

Il senso è chiaro, ma se dico invece:

Io non ho nulla da spartire con te

Quindi sono io che non ho nulla da spartire con te. In questo caso il senso è diverso: significa che io non voglio avere rapporti con te, rapporti di nessun tipo.

In fondo i due concetti sono abbastanza simili: se noi due abbiamo dei rapporti, allora può darsi che condividiamo degli interessi, può darsi che siamo amici, che ci piacciono le stesse cose, che frequentiamo gli stessi ambienti, che abbiamo le stesse amicizie o che addirittura condividiamo alcune cose, ci spartiamo delle cose, come fanno gli amici.

Capisco che i due significati si possano facilmente confondere, ma è per questo che esiste l’espressione “non avere nulla a che spartire“, quindi “da spartire” diventa “a che spartire”, e questo si usa non per condividere qualcosa, per dividere in parti, ma per indicare l’assenza di rapporti personali. Si parla prevalentemente di relazioni umane.

Quindi la frase:

Io non voglio avere rapporti con te (relazione umana)

può diventare:

Io non voglio avere nulla da spartire con te

O ancora meglio:

Io non voglio avere nulla a che spartire con te

C’è la volontà di porre delle distanze, di separare: noi non siamo simili, noi non condividiamo nulla, non ho nulla da condividere con te, nulla “a che spartire” con te.

Si usa spesso anche “nulla a che fare“, ma “nulla a che fare” si usa prevalentemente per indicare l’assenza di coinvolgimento, quindi non ci sono questioni legate a rapporti personali. Usare fare o spartire di conseguenza dipende da questo.  “Spartire” però spesso si usa anche al di fuori delle relazioni umane come abbiamo visto all’inizio. Infatti negli esempi iniziali in molte occasioni si può usare anche il verbo fare.

Non ho nulla a che fare con il furto nella tua casa (cioè: io non c’entro nulla, non sono coinvolto). C’è solo una persona: io! Meglio usare “fare”.

Tu non hai nulla a che spartire con Francesco (tu e Francesco avete interessi diversi, vivete in due mondi diversi ecc). Qui ci sono due persone, quindi relazioni umane. Meglio usare “spartire”.

Maria non ha nulla a che fare con il furto della mia automobile (quindi Maria non c’entra, non è coinvolta nel furto). C’è solo Maria. Meglio usare “fare”.

Notate una cosa: la pronuncia di “nulla a che fare” segue la regola del rafforzamento, quindi si pronuncia con due “ci” e due “effe”: “accheffare”. Ora una frase di ripasso:

Lia (Brasle) e Doris (Austria):

Per ascoltare una frase di ripasso non bisogna terminare anzitempo l’ascolto degli episodi di questa rubrica. Coloro che non hanno pazienza non avranno alcun miglioramento di sorta nel loro italiano. Meglio allora arrivare fino alla fine, no?

 

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185 – SORTA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Che sorta di episodio sarà mai questo? Di cosa si parlerà in questo 185-esimo episodio? Se è sorta questa domanda da parte vostra, io sono qui proprio per questo.

Il termine sorta nella lingua italiana si usa in due modi diversi. Il verbo sorgere lo conoscete?

Ci sono pochissime cose che possono sorgere: il sole sorge tutte le mattine  poi la sera tramonta.

Al passato posso dire che il sole è sorto,  al maschile quindi.

Anche i dubbi possono sorgere, perché sorgere è simile a nascere. I dubbi al plurale, il dubbio al singolare. Ancora maschile, come il sole quindi. Ancora una volta al passato dico: il dubbio è sorto.

Al femminile sorta, posso usarlo con le domande o con le questioni. Domanda è femminile. Anche questione (la questione).

Es:

La questione è sorta stamattina.

Nel senso di: la questione è uscita fuori, è emersa, è nata stamattina.

La domanda è sorta da una mia coriosita.

Ma usare “sorta” in questo modo, usando il verbo sorgere, non è la cosa che mi interessa oggi.

È interessante invece notare che “sorta” è come specie, tipo, tipologia, ma si usa in caso di meraviglia, di stupore:

Che sorta di parola è questa?

Che domande fai? Che sorta di domande sono?

È come dire: che domanda è questa? Che parola è questa? Se uso “sorta” nella domanda  aggiungo meraviglia, incredulità, stupore.

Quando non si fa una domanda, ma quando si dà una spiegazione, quando si fa una descrizione o si dà una risposta, posso usare ugualmente “sorta“, ma solo quando voglio essere generico, quando voglio indicare una caratteristica generica, come se non mi venisse in mente una parola migliore, una più adatta diciamo.

Es:

Federico Fellini è una sorta di genio del cinema.

La rubrica due minuti con Italiano Semplicemente è una sorta di “corso di italiano in pillole” per studenti di livello intermedio.

Eccetera.

Insomma Fellini è una specie di genio del cinema, come vogliamo chiamarlo?

E questa rubrica a cosa serve? Serve a migliorare l’italiano, quindi è una specie di corso, una sorta di corso, ma non esattamente, perché non è un corso classico di lingua italiana dove si insegna la grammatica italiana.

E’ interessante poi (e qui termina l’episodio) che il termine “sorta“, se mettiamo “di” davanti, diventa “di sorta“.

Questo “di sorta” si utilizza se vogliamo dire “di nessun tipo“, è solamente un po’ più formale.

Es: tra il mio lavoro e il tuo non ci sono differenze di sorta

Cioè non ci sono differenze di nessun tipo: si tratta dello stesso identico lavoro.

Giovanni se n’è andato senza dare spiegazioni di sorta.

Quindi non ha dato nessun tipo di spiegazione.

Il software ha funzionato perfettamente, senza problemi di sorta

Quindi senza problemi di nessun tipo.

Si tratta sempre di frasi negative.

Ora ascoltiamo una frase di ripasso:

Queste frasi sono veramente una svolta per non dimenticare vero?

Infatti, si impara velocemente, ma quando potremo dire di essere a cavallo?

Ci siamo già credo, ragion per cui basta continuare così: impariamo velocemente e al contempo ci divertiamo .

Dici che abbiamo svoltato? Dici che non esiste un metodo migliore di questo?

Credo di sì, ma ora come lo vedi un bel caffè?

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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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184 – SVOLTARE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Ieri parlando dell’espressione “essere a cavallo” abbiamo parlato di svoltare, un verbo che si usa in diverse occasioni. Una di queste ha un significato simile a essere a cavallo. Pensate alla strada quando si è in macchina e ad un certo punto bisogna svoltare a destra oppure a sinistra. La nostra strada, quando c’è una svolta da fare a destra o sinistra, cambia direzione.

Svoltare a destra dopo il semaforo 🚦

Adesso bisogna svoltare a sinistra.

Vai avanti e poi svolta l’angolo a destra

Ma una strada e un libro sono simili alla vita. Ed allora in senso figurato, questo cambio di direzione, questa svolta, può indicare un qualsiasi grosso cambiamento in senso positivo.

Ho passato l’esame, ho svoltato!

Abbiamo svoltato! Con questa vittoria abbiamo proprio svoltato!

Davvero sono arrivato primo al concorso? Una vera svolta, che svolta!!

La promozione avuta al lavoro mi ha fatto svoltare la carriera, una svolta decisiva.

Il matrimonio con il principe è stata una una svolta nella vita della ragazza.

Insomma è sempre un cambiamento radicale, un grosso cambiamento, sempre in meglio.

Svoltare” ha un uso informale, mentre il termine “svolta” si può usare in ogni contesto.

Ora una breve frase di ripasso. Queste frasi vi aiuteranno sicuramente a svoltare con l’italiano.

Khaled (Egitto): Stasera andiamo al ristorante, ok? Ho trovato un posto veramente in! Fidatevi di me.
Lejla (Bosnia): Ah, allora siamo a cavallo!
Khaled (Egitto): fai la spiritosa? Ho sempre trovato bei posti, fatto salvo quella volta che ci hanno dato cibo un po’ andato !
Lejla (Bosnia): ti sfugge anche quando ci hai portato in quel locale dove quei ragazzi ci avevano preso di mira e ci hanno dato fastidio!
Doris (Austria): ok non litigate adesso. Nulla quaestio se decido io?

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Camille (Libano 🇱🇧)

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ESSERE A CAVALLO (ep. 183)

Essere a cavallo

Trascrizione

Siete mai stati a cavallo?

Molti di voi probabilmente si, avranno fatto una passeggiata a cavallo almeno una volta nella vita, altri saranno solamente saliti su un cavallo, per provare, ma ad ogni modo oggi vorrei parlarvi dell’espressione idiomatica *essere a cavallo“, che usano tutti gli italiani in contesti informali quando credono di aver trovato la soluzione di un problema.

Per risolvere un problema ci può voler tempo, ma una volta capito come risolverlo i tempi saranno molto veloci. Andare a cavallo non è forse un modo per andare più velocemente? Non è forse un vantaggio essere su un cavallo anziché a piedi?

E allora quando siamo in una situazione di questo tipo, quando crediamo di aver trovato la soluzione ad un problema o anche quando ipotizziamo che questo accada. Attenzione, non abbiamo ancora risolto il problema, ma siamo vicini o almeno lo crediamo.

Usare il verbo essere è fondamentale per dare questa idea, perché andare a cavallo o recarsi a cavallo si usa quando materialmente andiamo da qualche parte in groppa ad un cavallo.

Che bella che è quella ragazza. Se accetta di venire a cena con me sono a cavallo!

Dai, ormai con due gol di vantaggio siamo a cavallo!

Credevo di essere a cavallo ma all’improvviso ho incontrato un ostacolo ancora più grande.

Si usa quasi sempre all’indicativo presente ma può capitare ad esempio:

Peccato, sembrava che ieri fossi a cavallo, invece devo ricominciare daccapo.

Ma come non hai risolto il problema? Avevi detto che eri a cavallo!

A volte si dice anche: “abbiamo svoltato“, frase che può essere usata al posto di “siamo a cavallo”. Ma il verbo svoltare lo vediamo domani.

Ora una frase di ripasso:

Elettra: Mio fratello ha la zeppola. Ve ne accorgete non appena pronuncia la lettera esse.

Doris: mai ho notato che Emanuele ha la zeppola Elettra, anzi ha la voce molto chiara.

Ulrike: Emanuele ha la zeppola? Non mi torna… Elettra, mi pare che gli stia tirando un tiro mancino!

Giovanni: Come la vedete se lo Mettiamo alla prova con una frase?

Emanuele: due minuti con italiano semplicemente!

Giovanni: appunto. Niente zeppola.

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Rauno (Finlandia 🇫🇮):

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182 – UN POSTO “IN”- 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: Siete mai stati in un posto in? O in un locale in?
No? Io credo di sì, ma forse non sapete cosa sia un locale “in”.
E’ sicuramente uno strano modo di indicare un locale, uno strano modo di descrivere le sue caratteristiche.
Un locale “in“, che si scrive semplicemente con le due lettere i ed n, è un locale particolare, con delle caratteristiche particolari.
Quali sono queste caratteristiche?
Si tratta di un locale che alcuni chiamerebbero chic (qualcuno preferisce usare questo termine francese), altri direbbero “un locale cool“, o “trendy” preferendo l’inglese, altri ancora definirebbero questi locali “esclusivi“, o “alla moda“, oppure “di tendenza“, o “che vanno per la maggiore“, o anche “i più frequentati“.
Ci sono differenze però tra queste modalità.
Chic indica un locale “di un’eleganza raffinata“, come può essere un vestito chic, una donna molto chic; quindi in generale indica eleganza, finezza, distinzione.
Questo locale si distingue dagli altri perché è più fine, più elegante, e probabilmente più costoso degli altri.
Esclusivo è un po’ diverso. Significa riservato a un numero ristretto e qualificato di persone. Queste persone devono avere una certa caratteristica: più ricche delle altre? Spesso è così. Ad ogni modo esclusivo significa che in questo locale non possono entrare tutti, ma si trovano persone che appartengono ad una cerchia ristretta selezionata da qualche criterio. Criterio che spesso è economico.
Cool indica invece un ambiente giovanile sicuramente, dove la moda ed il divertimento hanno il loro spazio. Si potrebbe dire anche un locale “trendy“. Italianizzando si direbbe “un locale alla moda“, ma in questo caso ci si riferisce alla popolarità del locale, a quante persone lo frequentano, a quanto se ne parla, alla popolarità insomma.
Un locale “in”, un posto o un luogo “in” è di solito una discoteca, o un club privato, anche un club sportivo. Non si parla quindi generalmente di un ristorante, dove in genere la popolarità dipende dalla qualità del cibo. Al limite può essere una enoteca o una sala da tè. Se si mangia all’interno probabilmente il locale “in” viene descritto usando termini francesi: un “salon de gastronomie“, dove troverete un bistrot, una patisserie, una boulangerie eccetera.
Ma perché “in”? Probabilmente sta per “in voga” cioè che “va di moda” che è “in crescita di popolarità“, quindi si indica il successo, una popolarità crescente. Si tratta quindi sicuramente di un locale che è molto conosciuto, con un certo successo, ma io direi che c’è anche una componente diciamo “selettiva”, un qualcosa che fa pensare anche ad un locale solo per certe persone, quindi selezionate secondo certi criteri.
Diciamo quindi che un locale “in” è un modo spesso usato per indicare sia il successo e la popolarità, sia anche che non è un posto per tutti. Attenti quindi perché se un locale è in, allora dovete stare attenti a come vestirvi.
Adesso una frase di ripasso:

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Andrè: Buongiorno a tutti! Una notizia a coloro a cui piace il calcio! Una bellissima partita è stata disputata la settimana scorsa all’Olimpico nella quale la squadra Roma è stata battuta dalla Juventus. Come di consueto Cristiano Ronaldo è stato preso di mira dai tifosi romanisti. A prescindere dal fatto che l’attaccante della squadra bianconera sia uno dei più grandi di tutti i tempi tantissimi tifosi sono insofferenti a lui. Ovviamente però CR7 se ne frega!

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181 – PUNTARE SU QUALCUNO- 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Anne France (Francia): ecco una bella parentesi di due minuti!Giovanni: Nell’episodio di ieri vi avevo accennato al verbo “puntare” ed all’espressione “puntare su qualcuno” . E’ importante capire quando usare la preposizione “su” perché “puntare” ha molti significati.
Ho detto “su qualcuno” ma avrei potuto dire “su qualcosa“, anche se il significato è un po’ diverso.
Dunque, vediamo: in generale vuol dire che facciamo affidamento su qualcosa o qualcuno per un fine, al fine di ottenere un risultato. Se usiamo il verbo contare il senso non cambia.
Io conto su di te, io punto su di te, io faccio affidamento su di te. Stesso significato. Vuol dire che tu sei importante, che senza di te il risultato non sarà raggiunto, che io mi fido di te, e quindi faccio affidamento su di te.
C’è la fiducia in gioco, come se stessi facendo una commessa, scommessa che, come si sa, dipende dalle aspettative di ognuno. Quanto credo io in te? Quanto sono disposto a puntare? Attenzione perché “puntare” è lo stesso verbo che si usa quando si gioca alle scommesse con i soldi.
I soldi si “puntano“, cioè si scommettono, vale a dire che se io punto 10 euro sulla tua vittoria vuol dire che sono disposto a perderli, ma vuol dire che io credo che non li perderò. altrimenti non punterei su di te, non punterei sulla tua vittoria.
Ecco allora che “punto su di te” in senso figurato esprime una fiducia nelle tue capacità Non ci sono scommesse da fare, in ballo c’è solo la fiducia personale.
Se parlo di cose diverse dalle persone, su cosa si può puntare? Quando si fanno le scommesse si può puntare su qualunque cosa, la cosa importante è che ci siano delle scommesse.
Ma se usciamo dal gioco, spesso puntare si usa quando si parla di avvenimenti. In questo caso la frase si costruisce in modo diverso. Vediamo qualche esempio

Oggi mi vesto leggero. Così facendo punto sul fatto che non farà freddo.

La frase si costruisce così.

Se un ladro viene a rubare di notte a casa mia sicuramente punto sul fatto che tutti stiano dormendo.

Un altro esempio:

I biglietti per andare allo stadio non sono economici, ma si punta sul fatto che ci siano sempre abbastanza persone disposte ad acquistarli.

Quindi anche in questo caso c’è un convincimento in qualcosa, c’è fiducia che qualcosa accada e per questo motivo si fa una scelta. La scelta che si fa è la conseguenza di questa fiducia:
Quindi se oggi decido di vestirmi leggero, perché lo faccio? Perché scommetto (si fa per dire: non ci son soldi) sul fatto che non farà freddo.
Perché il ladro viene proprio di notte a rubare a casa mia? Perché crede, o spera che tutti dormano. Fa affidamento su questo. Conta su questo. Punta su questo.
Perché i biglietti per andare allo stadio non sono economici? Evidentemente chi decide i prezzi dei biglietti punta sul fatto che ci siano sempre abbastanza persone disposte ad acquistarli. Anche qua: conta su questo, punta su questo. Fa affidamento su questo.
Adesso conto che qualche membro faccia una frase di ripasso:
Natalia (Colombia):
L’inizio di un nuovo anno è sempre un’occasione per riprendere delle cose che magari hai lasciato da parte e che però continuano a girarti per la testa, ragion per cui colgo l’occasione qua davanti a tutti voi, per non lasciare nulla di intentato, per esprimere un mio proposito: quest’anno vorrei allargare lo studio delle lingue e credo che riuscirò a destreggiarmi meglio anche con inglese, lingua messa nel dimenticatoio per anni. Il fatto è che l’esperienza vissuta nell’ultimo viaggio mi dimostra di non aver scelta: o così o pomi. Devo assolutamente arrivare ad un ottimo livello entro quest’anno.

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Camille (Libano 🇱🇧)

L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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180 – NEL MIRINO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Gianni:

Ci sono due obiettivi nel mirino di Italiano Semplicemente: convincere gli stranieri a usare meno la grammatica e più l’ascolto e poi riuscire a ottenere dei risultati tangibili.

Gli evasori delle tasse sono finiti nel mirino dello Stato italiano

Suleimani era nel mirino degli Stati uniti da molti mesi prima di essere ucciso

Ci sono 10 persone nel mirino della polizia dopo l’attentato.

La Juventus punta a rafforzare l’attacco. Due attaccanti sono già finiti nel mirino

Mio figlio è ormai finito nel mirino di alcuni professori

Le frasi che avete ascoltato contengono la parola MIRINO e a questo termine è dedicato questo episodio, il n. 180 della rubrica “2 minuti con Italiano Semplicemente“.

Il mirino, tecnicamente, è uno strumento, è un dispositivo ottico (cioè che si utilizza con gli occhi) per la determinazione della linea di mira. Quindi il mirino serve a prendere la mira, che è stata oggetto dell’episodio precedente. Ricordate?

Ebbene, “essere nel mirino” è un’espressione che si utilizza quando non solo si prende la mira per colpire un bersaglio fisico, materiale, ma anche quando si hanno degli obiettivi, o quantomeno degli interessi.

Se dico che due attaccanti sono nel mirino della Juventus significa che la Juventus sta probabilmente cercando di acquistare questi due calciatori. Cosa vuole fare la squadra della Juventus? Vuole acquistare degli attaccanti, quindi per il momento questi due calciatori sono osservati dalla Juventus, che non ha ancora deciso di acquistarli: sta valutando, sta decidendo, ma certamente è interessata a loro. Loro sono oggetto di massimo interesse da parte della Juventus.

Se sto cercando un appartamento da comprare, ci saranno sicuramente alcuni appartamenti più interessanti di altri. Questi appartamenti sono quelli che finiscono nel mio mirino quindi, sono quelli ai quali sono maggiormente interessato, definiscono un mio obiettivo .

Ma “finire nel mirino” spesso è diverso da essere nel mirino. Nell’esempio precedente posso anche dire che due appartamenti sono finiti nel mio mirino, quindi parlando sempre di obiettivi e interessi posso usare “finire” e non “essere”, ma generalmente “finire nel mirino” si utilizza quando c’è una forma particolare di interesse, quando questo interesse diventa un controllo, una sorveglianza, per poter penalizzare, con l’obiettivo di punire o almeno di controllare che tutto vada bene.

Si dice anche “tenere d’occhio” in questi casi.

Gli evasori delle tasse (come ho detto prima) sono finiti nel mirino dello Stato italiano. Lo Stato quindi li tiene d’occhio (è più informale)

Il senso è chiaro: gli evasori saranno controllati, perché non evadano le tasse, perché paghino le tasse che devono pagare. Per questo li tiene d’occhio, li controlla.

I ragazzi sono finiti nel mirino del preside della scuola. Il preside ha detto: Bisogna tenerli d’occhio quei ragazzacci!

Questi ragazzi saranno controllati maggiormente, perché probabilmente il preside crede che siano colpevoli di qualcosa.

Quindi usare il verbo finire spesso indica un controllo particolare. Il mirino viene indicato con un cerchio con una croce al centro, dove al centro ci finisce il bersaglio da colpire. Diciamo che comunque i riferimenti alle armi e al mirino come strumento, come dispositivo, sono molteplici, sia per gli obiettivi sia per il controllo.

Anche “finire nel bersaglio” si può usare al posto di “finire nel mirino” se vogliamo essere sicuri del senso (quello del controllo) da dare alla frase:

L’utilizzo del verbo “puntare” ne è un altro esempio:

Puntare il bersaglio e poi sparare (senso materiale). Si punta il bersaglio e poi si spara.

Puntare a raggiungere un obiettivo (senso figurato)

La professoressa mi ha puntato! (cioè ce l’ha con me, mi ha preso di mira, oppure mi controlla).

Attenzione però a usare “puntare” perché “puntare qualcuno” è totalmente diverso rispetto a “puntare su qualcuno“. Ma questo lo vediamo domani. Ora un breve ripasso con Sofie dal Belgio e Ulrike dalla Germania (due membri dell’associazione) che hanno preparato un bel dialogo.

U: Devo parlarti Sofie. C’è qualcosa che non mi torna.
S: Aspetta Ulrike, in questo momento caschi proprio male, perché sto scrivendo qualche frase di ripasso per i due minuti con italiano semplicemente. Puoi aspettare un po’?
U: Ascolta solo una cosa Sofie, ho sentore che Giovanni e il suo amico Emanuele si trovino nei guai, quindi per ora non riesco proprio ad aspettare, non è una questione di armarsi di pazienza.
S: Accidenti! Stai tranquilla, allora fammi sapere.
U: si, anche subito, però acqua in bocca Sofie.
S: Certo Ulrike, ma adesso non tenermi sulle spine, dai…
U: Allora, la cosa ha a che fare con questo Alfredo…
S: Alfredo? Ma… chi è? Ti prego, non restare sul vago .
U: Ma Sofie, non hai ascoltato la puntata 175 della rubrica, quella sulle paroline ci, ce e c’è?
S: No, questa deve essermi sfuggita; strano però, pensavo proprio di conoscerle tutte. Devo assolutamente ritagliarmi del tempo per recuperarla.
U: Allora vai ad ascoltarla e poi darò seguito alla storiella. Non appena l’avrai fatto ti sarai capacitata della mia preoccupazione.
S: Sì, va bene, mi do all’ascolto e dopo ne parliamo. A fra poco allora!

– – –

Camille (Libano 🇱🇧) 

L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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179 – PRENDERE DI MIRA – 2 minuti con Italiano semplicemente

Audio

Gianni: ciao Ele, come stai?

Elettra: Papà, credo che il professore mi abbia preso di mira.

Giovanni: davvero? E perché?

Elettra: forse perché in classe una volta l’ho colpito con una penna

Giovanni: e ti mette brutti voti? una penna? E come mai?

Elettra: ma non l’ho fatto apposta. Mica ho preso la mira!

Giovanni: avrete probabilmente capito che in questo episodio di due minuti con Italiano Semplicemente (il n. 179) ci occupiamo della “mira” ed in particolare della differenza tra prendere la mira e prendere di mira.

Elettra (l’avete ascoltata) è stata preso di mira dal suo professore. Questo vuol dire che il professore non si è comportato bene con lei, e in particolare che non la giudica con giustizia. Prendere di mira è un’espressione idiomatica.

In generale prendere di mira significa criticare continuamente, fare oggetto di continue critiche, di maltrattamenti. E’ simile a “tormentare“. Se qualcuno ti prende di mira non è mai una buona cosa: chi ti prende di mira ce l’ha con te, ti maltratta, forse ti insulta, forse ti picchia persino. Sicuramente non gli stai simpatico!

Prendere di mira quindi equivale a “avercela con qualcuno” e cercare continuamente di colpirlo, per fargli del male, nel senso più ampio del termine, non solo fisicamente.

Ma la mira cos’è? La mira rappresenta la precisione. E quando si fissa un bersaglio per poi colpirlo si dice “prendere la mira” . Prima si guarda il bersaglio attentamente e poi si prova a colpirlo. Il verbo prendere può portare fuori strada, può far sbagliare l’interpretazione da parte di uno straniero, ma in parole povere la mira si prende quando si vuole colpire un bersaglio, con un’arma reale, o con un oggetto qualsiasi oppure in modo figurato. Prendere la mira quindi è quella operazione che si fa quando si vuole colpire qualcosa o qualcuno con un oggetto. In senso materiale, fisico.

Anche i giocatori di pallacanestro prendono la mira prima di lanciare la palla nel canestro. Emanuele invece non ha preso la mira quando ha colpito il professore con la penna (così dice!) e probabilmente questo è il motivo per cui il professore l’ha preso di mira. Anche il professore vuole colpire Emanuele, ma non con un oggetto.

Capite che il senso è figurato. Prendere di mira si usa quando si fanno una serie di azioni ripetute che hanno un bersaglio preciso, ben identificato.

Sofie (Belgio): Un professore può prendere di mira un studente

Natalia (Colombia): Un ladro può prendere di mira delle abitazioni o dei negozi e quindi ogni tanto va a farci una visitina.

Cristine (Brasile): Nelle scuole alcuni studenti più deboli spesso vengono presi di mira da altri studenti. Si chiama “bullismo”

Rauno (Finlandia): La tifoseria può prendere di mira un calciatore

Prendere di mira è simile ad “adocchiare“, (episodio n. 126 della rubrica) ed a volte possono usarsi in modo alternativo.

La differenza è che le intenzioni sono quasi sempre cattive in questo caso.

Allora ripassiamo alcune espressioni passate iniziando proprio da adocchiare:

Bogusia (Polonia): Oggi ho adocchiato un articolo divertente. Per questo vorrei parlarne adesso come forma di ripasso. Non so se sia tutta verità. Forse è da prendere con le molle perché potrebbe essere una bufala. Ficarra e Picone, il duo comico, un binomio inscindibile della commedia italiana. Pare che i due abbiano criticato Sergio Mattarella per il discorso di fine anno, quando non ha parlato della Squadra del Palermo calcio, la squadra che sta nel cuore dei due comici e anche del presidente.
Il presidente come ha reagito? Avrà tollerato questo tipo di satira? Che ne so io. Può darsi. Però pare che il presidente abbia chiamato di persona il duo comico, ma non per avere spiegazioni, quanto per parlare proprio di calcio. Riuscite a capacitarvene?
Pare abbia paventato (così ha scherzato Ficarra) un decreto presidenziale per portare il Palermo direttamente in Champions League.

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Camille (Libano 🇱🇧)

L’inizio e/o la fine di ogni episodio deidue minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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