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Correggere il tiro
Correggere il tiro (scarica audio)
Episodio n. 1201
Trascrizione

Cari amici di Italiano Semplicemente, oggi parliamo di un’espressione che nasce dal linguaggio militare, ma che ormai usiamo tutti nella vita quotidiana: correggere il tiro.
Prima di tutto:
Correggere significa “aggiustare”, “rimediare a un errore”, “modificare per rendere giusto qualcosa”.
Il tiro invece è l’azione del tirare: tirare una freccia, tirare con una fionda, con una pistola, con un cannone, o anche tirare un pallone.
D’altronde del tiro abbiamo già parlato nell’episodio dedicato all’espressione alzare il tiro, e anche in capitare a tiro.
Dunque “correggere il tiro”, in senso letterale, significa aggiustare la mira dopo aver sbagliato un colpo.
Immaginate un arciere: lancia la prima freccia e colpisce… un albero accanto al bersaglio! Allora cambia posizione, prende meglio la mira e… corregge il tiro.
Nella lingua di tutti i giorni, però, non parliamo di frecce, palloni o proiettili. Usiamo correggere il tiro quando qualcuno cambia strategia, atteggiamento o comportamento, dopo aver capito che il modo in cui stava agendo non era efficace.
Esempi:
Uno studente che studia poco prende un brutto voto. Alla prova successiva decide di impegnarsi di più: sta correggendo il tiro.
Un politico fa una dichiarazione infelice, la gente si arrabbia, allora il giorno dopo prova a riformulare meglio le sue parole: anche lui sta correggendo il tiro.
Io che sto cercando di dimagrire seguendo la dieta a zona… ma se una sera mangio pizza e gelato, il giorno dopo devo assolutamente correggere il tiro!
Ci sono espressioni che somigliano molto a questa:
Aggiustare il colpo
Raddrizzare il tiro
Cambiare rotta (immagine marinaresca: se la nave va nella direzione sbagliata, cambio rotta)
Fare marcia indietro (se mi accorgo che sto andando proprio male, torno indietro e riparto).
Pensate a una persona che cerca di fare colpo a un appuntamento galante:
“Ciao, sei molto diversa dalla foto del documento d’identità!”
Ops… pessima battuta! Allora subito sorride nervosamente e dice:
“Beh, volevo dire che sei molto più bella dal vivo!”
Ecco, questo è un classico esempio di correggere il tiro in extremis!
Dunque ricordate: correggere il tiro è una di quelle espressioni nate in un contesto tecnico (armi, tiro al bersaglio, guerra) e poi migrate nella lingua comune. Oggi significa semplicemente “aggiustare il comportamento dopo un errore”.
E, alla fin fine, tutti nella vita dobbiamo imparare a correggere il tiro… specialmente quando sbagliamo con la nostra dolce metà: lì, amici miei, se non correggete il tiro subito… siete fritti!
Adesso ripassiamo.
Marcelo: Ieri ho provato a cucinare la carbonara con la panna. Oggi ho corretto il tiro e finalmente era commestibile.
Ieri era veramente un obbrobrio!
Ulrike: Io invece, alla faccia del tetto di spesa fissato per questo mese, ho esagerato con gli acquisti online. Non resta che correggere il tiro con il portafoglio chiuso a doppia mandata.
Anne Marie: A me capita nello sport: tiro dieci volte a canestro, sbaglio nove volte, poi correggo il tiro e finalmente segno.
Carmen: E sulle prime sembra insensato continuare, ma alla fine… funziona!
Christophe: Anche sul lavoro vale: se spieghi un progetto male e nessuno capisce, meglio correggere il tiro subito che aspettare l’errore finale. E lì bisogna anche metterci la faccia, non scaricare la colpa al primo capro espiatorio.
Mariana: Io studio l’italiano, e quando sbaglio i verbi… pazienza, correggo il tiro e li ripeto finché non mi entrano in testa. Certo, smanettare per cercare belle frasi col congiuntivo è un salasso di energie, ma con l’assiduità si migliora.
Julien: In politica poi è fondamentale: se fai una promessa impossibile, devi correggere il tiro o finisci nei guai. Altrimenti ti tocca fare mea culpa, prima che gli altri ti addossino la colpa di tutto.
Hartmut: Alla fin fine, correggere il tiro è l’arte di trasformare un errore in una lezione utile. È palese: sbagliando si impara.
Gli sviluppi
Il numeretto
Il numeretto (scarica audio)
Episodio n. 1199
Trascrizione
Benvenuti amici di Italiano Semplicemente.
Oggi parliamo di numeri. Per essere più preciso, vi parlo di un numero particolare, il famoso numeretto.
Si tratta del diminutivo di numero? Parliamo di questo?
Letteralmente sì, il numeretto è un numero piccolo, ma nel linguaggio comune, in Italia, quando si parla di numeretto non ci si riferisce quasi mai a un numero matematico, bensì a un piccolo bigliettino, generalmente di carta, su cui è stampato un numero.
Il contesto tipico?
Avete presente quando entrate in un supermercato, nel reparto salumi, formaggi o gastronomia
Davanti al banco c’è una macchinetta. No, neanche questa è una piccola macchina…
Comunque sia, si preme un pulsante su questa macchinetta, e zac!, esce un foglietto con un numero. Ecco: quello è il numeretto. Spesso più che il pulsante si strappa il numeretto.
Il numeretto serve per stabilire un ordine di attesa, per evitare discussioni tra i clienti su chi fosse arrivato prima.
Infatti, grazie al numeretto, si sa subito a chi tocca essere servito: basta guardare il display luminoso (o ascoltare la voce dell’addetto) che annuncia “numero 48!”.
Quindi il numeretto non è importante per il valore numerico in sé, ma perché identifica la nostra posizione nella fila.
È un oggetto piccolo, ma molto utile, e in certi contesti è quasi sinonimo di “diritto di essere serviti” in ordine.
Il termine è usato anche in senso figurato, a volte con un po’ di ironia:
“Qui ormai per qualsiasi cosa bisogna prendere il numeretto!”
per dire che bisogna aspettare a lungo, come se si fosse al banco del supermercato.
Un’immagine che potete associare al numeretto è proprio quella di una fila ordinata di clienti, ognuno con il suo bigliettino in mano, in attesa che arrivi il proprio turno.
Esempio di uso:
Siamo arrivati al banco dei salumi, ma c’è tanta gente.
Hai preso il numeretto cara?
Sì, abbiamo il 72, e stanno servendo il 48…. meglio se ci mettiamo comodi…
Dunque, il numeretto è un piccolo numero che, per magia organizzativa, riesce a trasformare una folla confusa in una fila ordinata, sempre che non arrivi il cliente con un numero passato che dice:
Il 21 è stato già servito?
Siamo al 48 signore!
Scusate mi ero distratto un attimo!
Adesso ripassiamo un po’.
Per farlo, simuliamo un dialogo alla cassa di un supermercato.
Marcelo: Chiedo scusa, non che io abbia fretta, ma potete farmi passare? Ho solo questa bottiglia.
Anna: eh no! Si fa presto a dire “fatemi passare”. Ma la fila è questa e si rispetta.
Christophe: Ah, ben detto! Sono qui da un quarto d’ora, e non mi sconfinfera proprio l’idea che tu mi passi avanti.
Julien: Ma a che pro dovremmo farti passare? Se tutti pensassimo come te, non esisterebbe proprio la fila.
Marcelo: Che esagerazione! Non volevo sollevare un polverone!
Karin: Tu stai solo cercando un espediente per saltare la fila. Questo fa molto italiano.
Sofie: ma no, quale italiano d’Egitto, è una questione di principio, ragazzo, cerca di capire. Ci sono poi tanti furbetti che amano le. scorciatoie. Personalmente, Ne ho già visti troppi, non mi sfiora nemmeno l’idea di cedere.
Anne Marie: ragazzi ragioniamo, a quest’ora avrebbe già pagato il ragazzo. Passa ragazzo, passa pure.
Ulrike: va bene dai. Almeno abbiamo fatto la nostra buona azione della giornata. Anche se, a dirla tutta, avevo una certa fretta anch’io.
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Tira e molla
Tira e molla (scarica audio)
Episodio n. 1198
Trascrizione

Benvenuti amici di Italiano Semplicemente. Oggi parliamo dell’espressione tira e molla.
L’espressione “tira e molla” è molto comune in italiano e si usa per descrivere una situazione piena di continui cambiamenti di direzione, come se si stesse partecipando a una specie di gioco in cui una persona tira da una parte e l’altra oppone resistenza, per poi cedere (cioè mollare) e ricominciare tutto da capo. È un’espressione figurata che può riferirsi a rapporti personali, trattative, decisioni politiche, contrattazioni e simili. L’importante è che ci sia un avanti e indietro di qualche tipo o come quando si va da una parte e poi dall’altra, tipo in una sfida.
L’espressione quindi indica un susseguirsi di incertezze, di cambi di idea, di contrasti; ma anche una dinamica in cui nessuno vuole cedere, ma alla fine qualcuno cede, poi si ricomincia. Oppure ancora, una situazione che si protrae nel tempo senza una soluzione definitiva.
Vi faccio alcuni esempi in vari contesti.
Relazioni sentimentali:
Marco e Giulia stanno insieme da anni, ma è sempre un tira e molla: si lasciano, poi si rimettono insieme, e poi di nuovo si lasciano…
Politica:
Anche sul nuovo decreto è stato un continuo tira e molla tra i partiti della maggioranza.
Trattative lavorative:
Dopo giorni di tira e molla con il datore di lavoro, alla fine hanno firmato il contratto.
Famiglia:
Non ce la faccio più con mia madre: ogni volta è un tira e molla per farle accettare le cose!
Espressioni simili:
“Prendersi e lasciarsi”
Può essere usata in ambito sentimentale, come sinonimo di “tira e molla”:
Sono due anni che si prendono e si lasciano, ormai non ci capisco più niente!
Oppure “essere in bilico”
– si riferisce a situazioni incerte:
Il loro rapporto è sempre in bilico, mai una certezza.
Anche “Farsi desiderare”, in senso amoroso o strategico può
implicare una certa strategia nel concedersi o meno, simile al “molla e tira” nel corteggiamento.
Le espressioni “Giochi di potere” e “Braccio di ferro” possono invece essere usate in politica o nei negoziati:
Quello tra i sindacati e il governo è diventato un vero braccio di ferro.
Un tira e molla può poi generare un’altalena di emozioni.
Espressione più poetica.
L’espressione si presta bene anche a vignette umoristiche, dove due personaggi si contendono qualcosa (una valigia, una decisione, un bambino) tirando da lati opposti.
Adesso usiamo l’espressione in un ripasso delle espressioni precedenti.
Carmen: Quando Marta ha lasciato Gianni per la quarta volta, lui ha detto: “Basta, è finita, la misura è colma! Getto la spugna! E poi le ha scritto alle tre di notte!
Karin: Un classico! Lui fa la voce grossa, ma alla fine molla sempre per primo! Peccato! Da un pezzo ormai erano in rotta di collisione!
Estelle: Scommetto che lei l’ha tirato per la giacca con due storielle su quanto si sente incompresa, ma sulle vere ragioni, senz’altro, è restata sul vago!
Marcelo: E lui ha ceduto! È proprio un gioco di potere il loro: un colpo lei, un colpo lui. Sfido chicchessia a dire il contrario!
Ulrike: Non mi piace fare da bastian contrario, ma a me sembra più una strategia d’amore mal riuscita… ma funziona, a quanto pare. Dovrebbero farsi guidare dal buon senso.
Julien: Stamattina li ho visti baciarsi davanti al bar, stavano scegliendo insieme il menù del matrimonio! Dopo tutto questo tira e molla, ci ricascano sempre! Evidentemente, come si suol dire, il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende!
Anne Marie: non amo i giochi di parole. Ve lo dico tout court: questi due sono un binomio inscindibile!
Estelle: Chiamasi strategia d’amore arzigogolata.
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Anelare
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Episodio n. 1197
Trascrizione

Benvenuti amici di Italiano Semplicemente. Oggi parliamo di un verbo elegante, poetico, quasi nobile: anelare.
“Anelare” è un verbo che si usa per esprimere un desiderio intenso, profondo, quasi struggente, verso qualcosa che sembra lontano, ma che ci attira con forza. Abbiamo parlato dei desideri in un episodio passato, ma non avevo parlato del verbo anelare.
Non è un semplice “volere”. Non è neppure un “desiderare”. No, anelare è qualcosa di più sottile, più viscerale, più… romantico.
La parola deriva dal latino anhelare, che significava “ansimare, respirare affannosamente”. Da qui, col tempo, ha assunto il significato di “desiderare ardentemente qualcosa, al punto da ansimare, da perdere il fiato”.
Hai presente quando si dice “non vedo l’ora”? Ecco, anelare è un “non vedere l’ora”… ma con l’anima. Tra l’altro, cosa non trascurabile, se si usa anelare non è detto che questa cosa accadrà, come quando si usa non vedere l’ora, che in genere si dice quando si aspetta con ansia un evento positivo già in programma, e che quindi già sappiamo che accadrà. Non è lo stesso con anelare.
Facciamo qualche esempio:
Dopo anni di lavoro in ufficio, Giulia anelava alla libertà di una vita all’aria aperta in un’isola sperduta.
Non era solo un desiderio: era un sogno che la consumava dentro, un’esigenza dell’anima.
Tutti aneliamo alla felicità, ma spesso non sappiamo nemmeno dove cercarla.
L’Italia intera anelava alla pace, dopo anni di guerra.
Nota bene:
Il verbo anelare regge normalmente la preposizione “a”, similmente al verbo ambire.
Anelare a qualcosa
Non si dice: anelare qualcosa – anche se a volte può capitare nella lingua poetica o letteraria, ed anche a noi comuni mortali.
C’è qualcosa che tu aneli nella vita?
O meglio: c’è qualcosa a cui aneli nella vita?
Una meta, una persona, una condizione?
Prova a usare questa parola al posto di “desiderare”, e vedrai che effetto fa.
In definitiva, anelare è un verbo da usare quando vuoi dare forza, intensità e un tocco poetico ai tuoi desideri. È come dire: “Io non mi limito a volere… io anelo!”
Adesso, prima di ripassare, mi rivolgo a tutti i visitatori che anelano a diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. Spedite la vostra richiesta compilando il form sul sito e il vostro desiderio verrà esaudito.
Edita:
Io, sinceramente, anelo a una vita semplice, senza l’andirivieni degli imprevisti e dei teatrini che imperversano quotidianamente in questo ufficio… altro che carriera!
Sofie:
Gira gira, si finisce sempre lì: ci danniamo l’anima per fare il minimo sindacale, mentre dalle alte sfere continuano a inoltrare direttive a dir poco gravose, senza manco badare alla realtà.
Anna:
Con tutto che uno cerca di mostrare gli attributi e tenere botta, ma poi basta un qui pro quo e succede un casino!
Marcelo:
Io anelo a una scuola in cui non si debbano ogni volta appianare le controversie tra genitori a colpi di whatsapp inviati nottetempo…
Karin:
A me invece basterebbe non ricadere nella solita velleità del cambiamento per forza: ogni riforma è un’involuzione, e noi qui a crogiolarci nel nostro orticello, mentre il mondo va allo sbando.
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Il coccolone
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Episodio n. 1196
Trascrizione
Oggi voglio parlarvi di una parola curiosa, familiare e vagamente spiritosa: coccolone.
Il coccolone, nel linguaggio colloquiale italiano, è un modo colorito e informale per indicare un malore improvviso, spesso serio, come un infarto o un ictus. Non è un termine medico, anzi, ha un tono quasi ironico o affettuoso, ed è spesso usato per sdrammatizzare una situazione potenzialmente grave. A volte si usa il termine “colpo” o “sincope“.
Ad esempio, se qualcuno riceve una brutta notizia all’improvviso, si potrebbe dire:
Quando ha visto la bolletta della luce gli è venuto un coccolone!
Quando ho vista la mia ex alla stazione mi è preso un colpo/una sincope!
Ovviamente, se uso la parola coccolone, non è affatto detto che la persona sia davvero finita in ospedale, ma si vuole esprimere lo shock e il disagio provato in quel momento.
Oppure:
Appena ha scoperto che il figlio aveva preso 4 in matematica, ha rischiato il coccolone!
Anche qui si tratta di una reazione esagerata, magari teatrale, ma in senso scherzoso.
In altri casi, però, si può usare anche con un tono più serio, magari accompagnato da un aggettivo:
Mi hanno detto che al nonno è venuto un coccolone stanotte, ma ora sta meglio.
In questo caso, il termine indica un vero e proprio problema di salute, anche se il tono resta meno crudo rispetto a dire direttamente “infarto” o “ictus”.
Insomma, il coccolone è una parola che sta a metà tra la comicità e la preoccupazione, ed è molto usata nel parlato italiano, soprattutto in contesti informali o familiari. Si capisce facilmente dal tono con cui viene detto se si sta scherzando o meno.
Forse è bene chiarire, prima di passare al ripasso del giorno, che il coccolone in questi casi non ha niente a che vedere con le coccole, sia chiaro. In altri casi possiamo dare del coccolone o coccolona a una persona che ama le coccole, ma bisogna stare attenti alla chiarezza! In questo caso è aggettivo.
Marguerite: Ragazzi, stamattina, sul treno, ho avuto un coccolone tremendo: ho letto la notizia del rincaro del carburante e adesso sto elucubrando su come farò ad arrivare a fine mese.
Albéric: Oddio, ti capisco benissimo! Anche a me frullano in testa mille pensieri su come gestire le spese con questi continui aumenti. Il mio conto in banca fa acqua da tutte le parti ultimamente.
Estelle: Già, e non c’è verso! Il governo non vuole sentire ragioni. Sembra che non si rendano conto della situazione, e ogni tanto mi viene il dubbio che facciano orecchie da mercante.
Hartmut: Eh, a volte sembra di camminare sulle uova per non far saltare tutto. Vorrei solo che qualcuno si prendesse la briga di assumere una posizione chiara e definitiva su queste questioni.
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La circospezione
La circospezione – (scarica audio)
Episodio n. 1195
Trascrizione

La parola di oggi è circospezione.
Di sicuro hai tante occasioni per utilizzarla nella vita di tutti i giorni e chissà quante volte anche tu hai avuto un fare circospetto.
Iniziamo proprio da questo.
Circospetto è un aggettivo che descrive una persona prudente, attenta, misurata nei comportamenti e nelle parole, che agisce con cautela, cercando di non esporsi troppo o di non creare problemi. Solitamente ad essere circospetto, nel linguaggio, è il comportamento, l’atteggiamento, il fare, il modo di fare; ma anche una persona può essere definita circospetta.
In altre parole, una persona circospetta valuta bene ogni cosa prima di agire o parlare, spesso per non offendere, non compromettere sé stessa, o non attirare attenzioni indesiderate.
Se una persona si comporta in modo circospetto, allora è prudente, cauta, riservata, accorta, avvenuta. Si guarda attorno. Non a caso “circo” indica proprio l’intorno, ciò che circonda la persona.
Al contrario sarebbe una persona impulsiva, avventata, spavalda, sconsiderata addirittura.
Si usa spesso quando si nota in una persona qualcosa che insospettisce, che suscita sospetto. Il sospetto ci porta alla seconda parte della parola circospetto.
Es:
Giovanni ha risposto con tono circospetto, evitando di dire troppo.
Era molto circospetto quando gli ho chiesto della sua vita privata.
Il diplomatico si mostrava circospetto durante l’intervista.
È questa la circospezione. Indica il modo di comportarsi proprio di una persona circospetta, cioè la prudenza, la cautela, la delicatezza e l’attenzione nel parlare o nell’agire.
Es:
Ha agito con grande circospezione, sapendo che ogni parola poteva essere fraintesa.
In questi casi ci vuole circospezione, non impulsività.
La sua circospezione era evidente: si guardava continuamente attorno prima di parlare.
Parlando di circospezione possiamo facilmente usare l’espressione “avere un fare“, che, come si è visto in un episodio passato, può indicare un atteggiamento di qualsiasi tipo. Dipende dall’aggettivo che segue.
Avere un fare circospetto, quindi, significa chiaramente comportarsi in modo prudente, cauto, riservato.
“Fare”, come abbiamo visto, in questo caso, indica l’atteggiamento, il modo di porsi, l’impressione che si dà, il modo di fare.
Quindi, un fare circospetto è un atteggiamento visibilmente attento e guardingo (un altro bell’aggettivo): chi si comporta così appare misurato nei gesti e nelle parole, spesso con un tono basso, lo sguardo attento, i movimenti controllati.
Entrò nella stanza con un fare circospetto, come se temesse di disturbare.
Aveva un fare circospetto e parlava sottovoce, guardandosi intorno.
Con quel suo fare circospetto, dava l’idea di sapere qualcosa che non voleva dire.
Tanto per usare qualche altra definizione, possiamo dire che in genere si usa per descrivere una persona che non vuole esporsi, oppure che teme qualcosa, o semplicemente è molto attenta e riservata.
Adesso ripassiamo.
Immaginate di stare in un bar italiano e di fare una domanda al barista. La domanda può riguardare il bar, un ordine particolare oppure una informazione qualunque. Potete immaginare anche la risposta.
Ulrike: Scusi, volevo chiederle una cosa: qui al bar siete avvezzi a servire anche caffè d’orzo freddo, oppure è un’abitudine più rara? E il barista, magari con un sorriso affabile, potrebbe rispondere: “Beh, in realtà siamo avvezzi a preparare un po’ di tutto, ma il caffè d’orzo freddo non è tra le richieste più comuni.
Estelle:
Allora, siete pronti a preparare un caffè su un letto di ghiaccio? Poi si potrebbe mettere il tutto su una torta con un po’ di liquore di mandorle. Con questo caldo della Madonna è lo stretto indispensabile per sopravvivere! Come ciliegina sulla torta ci mancava solo che si rompesse il condizionatore!
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