Oggi parliamo del verbo destare. È un verbo che, se fosse una persona, sarebbe di sicuro un tipo sveglio, uno di quelli che alle 6 di mattina ha già fatto jogging, preparato il caffè, letto il giornale e sistemato la spesa.
Ma cosa significa destare? Beh, se ricordate l’episodio sull’espressione “non raccontarla giusta”, lì avevamo parlato di persone che, per qualche motivo, ci sembrano un po’… sospette! E infatti, vi avevo accennato all’espressione “destare sospetti”.
Ebbene, destare significa far sorgere, far nascere, provocare qualcosa che prima non c’era. Se una persona “non ce la racconta giusta”, è molto probabile che desti in noi qualche sospetto. Il dubbio era lì, tranquillo, addormentato, e poi arriva qualcuno a svegliarlo bruscamente!
Immaginiamo una situazione:
Torno a casa e trovo mio figlio seduto a tavola con un sorriso smagliante. Mi guarda e dice:
“Papà, oggi ho preso 10 in matematica!”
Io, che fino a ieri lo vedevo disperarsi davanti alle equazioni, lo fisso con un sopracciglio alzato.
Ma “destare” non si usa solo coi sospetti! Possiamo destare interesse, destare emozioni, destare scalpore… Insomma, ogni volta che qualcosa ci sveglia da uno stato di calma e tranquillità, c’è di mezzo destare.
Volete conoscere una cosa che desta scalpore?
Parliamo di qualcosa di scandaloso, curioso o sorprendente,
Ad esempio questo inverno freddino che stiamo vivendo in Italia desta scalpore, perché ci si aspettava temperature più alte per via del riscaldamento globale.
E voi, avete mai destato sospetti? Oppure avete mai destato l’attenzione di qualcuno con un comportamento insolito? Scrivetelo nei commenti se volete… ma attenzione a raccontarla giusta!
Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.
Marcelo: Ogni volta che passeggio ascoltando gli episodi di Italiano Semplicemente, c’è sempre qualcosa che desta la mia curiosità, per esempio oggi mi sono imbattuto in una volpe che sembrava affamata.
Christophe: per me destano più interesse gli episodi di italiano professionale. Le nostre preferenze non combaciano perfettamente.
Julien: strano. Sembravate pappa e ciccia! Questa cosa desta sospetti! Indagherò!
Donazione personale per italiano semplicemente
Se vuoi e se puoi, aiuta Italiano Semplicemente con una donazione personale.
Per il sito significa vita, per te significa istruzione.
Oggi parliamo del connubio, parola molto elegante direi!
Nel mondo delle relazioni, del gusto e dello stile, questa parola eleva ogni accostamento a un livello superiore: connubio.
Elegante e raffinata, descrive un’unione così ben riuscita da sembrare quasi inevitabile. In un episodio abbiamo parlato, proprio adesso mi viene in mente, dell’espressione “la morte sua“. Questa è un’espressione molto informale, ma rappresenta un connubio perfetto, circoscritta prevalentemente al mondo dei sapori però. Se usiamo il termine connubio possiamo allargare il campo.
Pensiamo a una coppia iconica: Sinner e il tennis, un connubio di classe ed eleganza in movimento. Non pensavo solo al “campo” da tennis però.
Pensiamo alla moda, dove il connubio tra il nero e il bianco è da sempre simbolo di stile senza tempo.
E che dire del connubio perfetto tra caffè e cornetto, il rituale irrinunciabile delle mattine italiane?
Gli stranieri generalmente spesso usano parole più semplici per esprimere un concetto simile: unione o combinazione o anche fusione.
Ma nessuna di queste parole ha il fascino e la musicalità del nostro “connubio“.
D’altronde, l’Italia è la patria dell’armonia, e quando due elementi si incontrano alla perfezione, non è mai un semplice accostamento… è un vero e proprio connubio da sogno!
Proviamo allora ad articolare dei ragionamenti usando parole simili. Magari così facendo vi resta più in mente questa bella parola che non vorrei dimenticaste.
Ad esempio, il connubio tra tradizione e innovazione è spesso alla base dei grandi cambiamenti nella storia dell’umanità.
Pensiamo, ad esempio, a come l’unione tra arte e tecnologia abbia dato vita a capolavori senza tempo, o a come la fusione di culture diverse abbia arricchito intere civiltà.
Questo legame tra elementi apparentemente distanti, come passato e futuro, può creare un’alleanza potente, capace di superare ogni barriera.
In natura, la simbiosi tra specie diverse ci insegna che la collaborazione è spesso la chiave per la sopravvivenza.
Allo stesso modo, nella vita di ogni giorno, la congiunzione di idee e punti di vista diversi può portare a soluzioni inaspettate e rivoluzionarie.
Anche il matrimonio tra opposti, quando ben equilibrato, è sempre una fonte di crescita e progresso.
E così, sottolineo ancora una volta come il connubio sia molto più di una semplice combinazione, miscela, unione, matrimonio, legame, congiunzione, simbiosi, fusione: è un’armonia perfetta, un legame così naturale da sembrare scritto nel destino.
E se venite in Italia, approfittatene per usare questa parola nei contesti giusti!
Ad esempio, quando assaporate una pizza con mozzarella di bufala e pomodoro San Marzano, potreste dire: “Che connubio perfetto di sapori!”.
Il cameriere rimarrà senza fiato!
Oppure, davanti a un tramonto su Ponte Vecchio a Firenze, potreste esclamare: “Il connubio tra arte e paesaggio qui è qualcosa di unico!”.
E non dimenticate di osservare il connubio tra storia e modernità nelle nostre città: il connubio tra bellezza, cultura e gusto è qualcosa che si respira ovunque: passeggiare tra i vicoli di Roma, Milano o Napoli significa vedere il passato e il presente intrecciarsi in un equilibrio affascinante.
Notate che si preferisce usare la preposizione “tra” o “fra” quando si parla di connubio. Si preferisce rispetto alla preposizione “di” come si fa più facilmente invece usando le parole “unione” o “fusione“. Perché?
“Connubio” deriva dal latino connubium, che deriva dal matrimonio, un’unione legittima. Si riferisce quindi a un legame tra due elementi distinti che si combinano in modo armonioso. L’armonia è la parola chiave.
Per questo motivo, quando si usa connubio, si deve evidenziare il rapporto tra due entità diverse, di diversa natura, e la preposizione tra/fra è quella che meglio esprime questa relazione. Vale lo stesso per il matrimonio.
Quindi, parliamo ad esempio di unione di acqua e farina per fare la pizza, e acqua e farina sono mescolate per creare un impasto. Oppure parliamo di fusione di due comuni italiani o della fusione di due unità immobiliari, dove le entità originarie si fondono in una sola. ma, nel caso del connubio, ad esempio l tra tradizione e modernità, questo è un mix armonioso tra due elementi distinti. Si mantiene l’identità di entrambe, creando però un’armonia tra loro.
In definitiva, possiamo dire che connubio si usa quando i due elementi restano distinti ma si esaltano a vicenda, mentre unione e fusione indicano più un’aggregazione o una trasformazione in qualcosa di nuovo.
Adesso parlatemi di un connubio particolare che caratterizza il vostro paese.
Marcelo: La mia Argentina è nata da un connubio tra le culture europee e quelle sudamericane, e questo si manifesta nell’arte, nella musica, nella danza, negli sport e nella lingua, così come si riflette nel Lunfardo (per la cronaca, il Lunfardo è un gergo originario di Buenos Aires) e nel particolare modo di parlare lo spagnolo, diverso da quello che si parla nel resto dell’America! Sfidochicchessiaa mettere in dubbio che questo connubio abbia arricchito la nostra società e dato origine a un’identità nuova e accattivante!
Marcelo: Yo me encargo! Podría chamuyar un cacho en lunfa, pero capaz que no entienden un joraca. (traduzione: ci penso io! Potrei certamente parlare un po’ il lunfardo, ma voi capace che non capireste niente)
Donazione personale per italiano semplicemente
Se vuoi e se puoi, aiuta Italiano Semplicemente con una donazione personale.
Per il sito significa vita, per te significa istruzione.
🔵 “Motivo del contendere” vs. “Pomo della discordia” – Qual è la differenza?
In questo episodio di Italiano Semplicemente, scopriamo due espressioni spesso usate nei dibattiti e nelle discussioni, ma con sfumature diverse! Con esempi pratici e un tocco di leggerezza, capirai quando è meglio dire “il motivo del contendere” e quando invece usare “pomo della discordia” per indicare una questione che si trascina nel tempo.
🎙️ Un modo divertente e utile per migliorare il tuo italiano, con la qualità e la chiarezza che contraddistinguonol’Associazione Italiano Semplicemente. Se ti piace il nostro lavoro, sostienici! Entra nella nostra comunità e migliora il tuo italiano con noi! 💙🇮🇹
🎧 Metti che il verbo “mettere” sia più sorprendente di quanto pensi…
“Metti che” non è solo un’espressione, è un invito a immaginare. “Metti una sera a cena” non è solo il titolo di un film, è una porta su infinite ipotesi, storie e possibilità. In questo episodio del nostro podcast, esploriamo come un verbo semplice come “mettere” possa trasformarsi in uno strumento per costruire scenari, lanciare sfide e accendere la fantasia.
Ammettiamolo: non è solo grammatica, è il piacere di giocare con la lingua!
🎧 Ascolta l’episodio e scopri come “mettere” può aprire mondi, tra cinema, espressioni idiomatiche e piccoli segreti dell’italiano.
👉 Non perdere questa puntata: metti che sia proprio quella che stavi aspettando! 😉
Oggi vediamo l’espressione “per il rotto della cuffia”, un modo di dire molto usato per indicare una situazione in cui si riesce a fare qualcosa o a evitare un problema per un soffio, cioè all’ultimo momento o con pochissima differenza rispetto a un fallimento.
Abbiamo già citato l’espressione in altri episodi, e questo vi aiuterà a capire meglio quando possiamo usarla. Uno degli episodi è “salvarsi in angolo“, un altro è quello dedicato ai verbi vedersela e cavarsela. Ne abbiamo parlato anche a proposito delle preposizioni semplici.
Molto spesso si dice anche “farcela per un pelo“. Il senso è il medesimo.
Ma da dove arriva questa espressione? La “cuffia” di cui si parla non è quella che usiamo per ascoltare la musica, e neanche quella cosa che si mette in testa quando si entra in una piscina pubblica.
Parliamo invece della cuffia che indossavano i fantini, cioè i cavalieri che partecipano alle corse di cavalli.
Anche questa cuffia copriva la testa, come quella per la piscina, ma la cuffia dei fantini serviva a proteggere la testa durante la gara. Pare si trattasse di una sfida in cui il fantino doveva evitare di essere colpito e allo stesso tempo doveva colpire un bersaglio.
A volte veniva colpito, ma riusciva ugualmente a colpire il bersaglio, e il colpo ricevuto aveva appena rotto la cuffia che aveva in testa. Insomma, un successo ottenuto per il rotto della cuffia!
È pian piano diventato naturale associare l’espressione ad ogni vittoria ottenuta per pochissimo, magari fortunosa o spesso all’ultimo secondo, all’ultimo istante.
Vediamo alcuni esempi pratici:
Sono arrivato in aeroporto per il rotto della cuffia.
Qui significa che la persona è arrivata quasi in ritardo, giusto in tempo per non perdere il volo. Comunque ce l’ha fatta. C’è bisogno di un successo di qualche tipo per usare questa espressione.
Abbiamo vinto la partita per il rotto della cuffia!
In questo caso, la squadra ha vinto, ma di misura, magari segnando il gol decisivo all’ultimo minuto.
È riuscito a evitare l’incidente per il rotto della cuffia.
Questo esempio mostra una situazione pericolosa, dove si è evitato un danno appena in tempo.
Questa espressione si usa spesso anche in contesti informali per enfatizzare quanto sia stato difficile o rischioso raggiungere un risultato.
Es:
Ho passato l’esame per il rotto della cuffia! (L’esame è andato bene, ma solo per poco.)
Sono riuscito a evitare la multa per il rotto della cuffia. (Si è evitato qualcosa di spiacevole, ma di pochissimo.)
Adesso vediamo una conversazione che include questa espressione, ma che include anche altre espressioni già incontrate in episodi passati:
—
Marcelo: stento a crederci! Siamo riusciti a prendere il treno per il rotto della cuffia!
Christophe: Eh già! Se il semaforo fosse stato rosso un secondo in più, l’avremmo perso. Ci è andata di lusso!
Edita: E meno male che non abbiamo dovuto aspettare il prossimo. Vuoi o non vuoi, se facevamo tardi al colloquio forse l’avrebbero presa male … Sai com’è, certe aziende non tollerano i ritardi.
Karin: Sì, ma se qualcosa fosse andato storto per un ritardo, ne avrei parlato con chi di dovere!
Benvenuti a tutti nella rubrica “accadde il“, iniziata 31 giorni fa.
È la rubrica che collega l’Italia del passato alla lingua del presente, unendo storia, cultura e lingua in un viaggio quotidiano attraverso le parole!
Ogni giorno, nel gruppo WhatsApp dell’associazione Italiano Semplicemente, partiamo da un evento storico accaduto in un giorno preciso per rivelare curiosità nascoste e scoprire come il linguaggio si intreccia con la cultura.
Trasformiamo la storia in un’opportunità per capire e usare meglio la nostra lingua.
Oggi parliamo del 31 gennaio e l’episodio è a disposizione di tutti i visiitori di Italiano Semplicemente. Per ascoltare e leggere anche gli altri episodi basta diventare membri della nostra bella famiglia.
Correva l’anno 1951 quando il 31 gennaio, a San Remo, in Liguria, Nilla Pizzi vince la prima edizione del Festival di Sanremo, cantando “Grazie dei fiori”.
Furono in gara 20 canzoni, mentre a concorrere furono solamente tre interpreti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano.
La canzone vincitrice fu composta dal maestro Saverio Seracini poco tempo dopo essere divenuto improvvisamente cieco. Pensate un po’.
Comunque sia, dopo l’episodio vi faccio ascoltare la canzone vincitrice, ma prima voglio parlarvi degli interpreti. Ho detto che ci furono solo tre interpreti in quel festival. Che significa?
Significa che, a differenza delle edizioni successive, nel primo Festival di Sanremo del 1951 le 20 canzoni in gara furono interpretate solo da tre artisti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Non c’erano più cantanti a eseguire la stessa canzone, come avviene oggi.
In pratica, la competizione si concentrava più sulle canzoni che sugli interpreti, e questi tre artisti si alternavano nell’esecuzione dei vari brani in gara. Alla fine, Nilla Pizzi trionfò con Grazie dei fiori, dando inizio alla storia del Festival della Canzone Italiana.
Il termine interpreti in questo caso indica i cantanti.
In generale però interprete è chi interpreta, cioè chi dà espressione e significato a un’opera, trasmettendola al pubblico. Può riferirsi a un cantante o un musicista che esegue un brano, cioè lo interpreta.
Un attore ugualmente può interpretare un ruolo.
Oppure parliamo di un traduttore simultaneo (è un interprete linguistico).
Nella danza l’interprete può essere un ballerino che esegue una coreografia con espressività.
Sapete che Il verbo “interpretare” può anche significare capire in un certo modo, a volte in modo errato o distorto, volontariamente o meno.
Per esempio:
Hai interpretato male le mie parole, non volevo offenderti! (cioè hai capito in modo sbagliato)
I giornalisti hanno interpretato a loro modo le dichiarazioni del politico. (cioè hanno dato un significato diverso, forse volutamente)
Quindi, oltre a significare dare un’interpretazione artistica (come un attore o un musicista), può anche indicare comprendere soggettivamente, con il rischio di fraintendere o manipolare il significato originale.
Esiste anche la locuzione “farsi interprete” di qualcosa. Molto interessante.
La locuzione “farsi interprete” significa assumersi il compito di rappresentare, esprimere o trasmettere un’idea, un sentimento, un’esigenza o la volontà di qualcun altro.
Per esempio:
Il sindaco si è fatto interprete delle richieste dei cittadini presso il governo.
L’artista si è fatto interprete del dolore della sua epoca attraverso le sue opere.
In questo senso, interprete non indica solo chi recita o canta, ma chi dà voce a un pensiero o a una causa, rendendola comprensibile e comunicandola agli altri.
Mai sentito un non madrelingua usare questa locuzione, lo sapete?
Generalmente si usa quando si rappresentano gli interessi di un certo gruppo di persone, anche se queste persone non ti hanno chiesto nulla.
Quando qualcuno si fa portavoce degli interessi di un gruppo di persone, dei loro sentimenti o delle loro esigenze, allora questa persona si fa interprete dei loro interessi.
Per esempio:
Il sindacalista si è fatto interprete delle richieste dei lavoratori.
Lo scrittore si è fatto interprete delle inquietudini della sua generazione.
L’idea è quella di mediare e trasmettere un messaggio o un’esigenza, proprio come un interprete fa con una lingua straniera.
L’imperativo categorico, viene dal filosofo Kant, ed è un principio morale universale senza eccezioni, enfatizzando obblighi categorici nella vita quotidiana. L’imperativo categorico è entrato anche nel linguaggio quotidiano.